Roma 16 ottobre: una bella piazza, tanta gente, molti giovani, una piazza sindacale ma dalla forte carica politica, che ha raggiunto l’apice dell’emozione collettiva con la liberatoria Bella ciao finale, dopo l’intervento conclusivo di Landini.
Un punto fermo: no ai fascismi, vecchi e nuovi, e riaffermarlo in uno scenario come piazza San Giovanni piena e determinata non è stato un fatto formale né scontato. E la Cgil torna ad essere punto di riferimento per un fronte più ampio, in un’Italia divisa dalla pandemia, dai suoi effetti sociali, e anche dal green pass.
Le vicende di questi giorni propongono sollecitazioni diverse, dalle manifestazioni no vax e no pass al centrosinistra che vince ovunque, salvo – sarà un caso? – a Trieste, con una partecipazione al voto mai così bassa, che pone domande di fondo sullo stato di salute della nostra democrazia.
E la riaffermazione del ruolo anche politico del sindacato non deve trarre in inganno: i diritti sociali sono sotto attacco, il lavoro ha continuato ad indebolirsi per effetto della polverizzazione del mercato e la precarizzazione dei rapporti di lavoro: la pandemia ha solo accelerato processi in corso da tempo. La rappresentanza sociale – oltre a quella politica – è in crisi, e quindi anche il sindacato, e i poteri “forti” fanno il bello e il cattivo tempo, in Italia come a livello globale.
Servirebbe una sinistra che non c’è.
La pandemia non verrà archiviata così in fretta, e il vaccino è un tema delicato, divisivo, con una minoranza contraria molto rumorosa, anche tra i lavoratori, che incanala un malessere più ampio, in apparenza trasversale ma, secondo me, fondamentalmente reazionario, egoista e non solidale, dove una presunta libertà individuale viene contrapposta alla salute pubblica, quindi all’interesse generale, con un condimento di complottismo dal sapore trumpiano e culturalmente regressivo.
D’altronde il sindacato aveva caldeggiato l’obbligo vaccinale rispetto all’obbligatorietà del green pass: ma anche quella prospettiva non avrebbe evitato le contrapposizioni di queste settimane.
Non c’è che dire, tanti temi che andrebbero approfonditi, ma soprattutto tante contraddizioni che richiedono qui ed ora di mettersi in gioco, com’è successo il 16 a Roma, ma anche un anno e mezzo fa, quando il covid da un giorno all’altro ha cambiato le nostre vite, e nelle aziende – in attesa del vaccino – siamo riusciti a fermare le fabbriche, spesso con lo sciopero, e poi a ottenere il blocco dei licenziamenti e i protocolli per il contrasto alla diffusione dei contagi, con un ruolo attivo dei responsabili dei lavoratori per la sicurezza nei luoghi di lavoro. La parola d’ordine era “prima la salute”, e quella parola d’ordine vale anche oggi.
Federico Bellono