Il seducente grande partito degli astenuti ha vinto ancora, anche sul territorio. Usciremo mai da questo “patto” che condanna tutti i referendum ad un nulla di fatto?
Nessun “Batti-quorum” per il referendum del 17 aprile. Comunque la si voglia interpretare, questa chiamata popolare al voto non è riuscita a far breccia negli interessi collettivi e la maggior parte degli italiani hanno deciso di non presentarsi alle urne e di non esprimere alcun parere sul quesito posto. Ciò ha dato vita alle più disparate letture, ma una in particolare sembra essere quella che più si avvicina alla realtà delle cose: molti che avrebbero voluto votare NO sono rimasti a casa, facendo fallire il raggiungimento del quorum necessario.
Ma se a livello nazionale il dato si è arrestato al 32,15%, come si è mosso il territorio canavesano a riguardo? Risposta: nella media, con qualche dovuta eccezione.
Il comune di Pecco è riuscito a raggiungere un lodevole 49,72%, Meugliano, Nomaglio e Colleretto Giacosa rispettivamente il 46,37%, 40,87% e 40,74%. Per quanto riguarda Ivrea il dato si è assestato di poco al di sopra della media nazionale, con un 34,64% di affluenza, mentre per i comuni gravitanti attorno al capoluogo canavesano troviamo Banchette con il 34,31%, Montalto Dora con il 36,20%, Borgofranco con il 34,29% e Lessolo con il 33,08%.
Fatte le dovute eccezioni, come, ad esempio, il comune d’Albiano (29,53%) o Traversella (20,00%) e Trausella (30,00%), il territorio ha di poco superato il dato nazionale.
Nonostante lo sforzo continuo di informazione da parte del Comitato referendario per il SI, nato sul territorio meno di un mese prima del voto, il quorum, a livello locale, non è stato raggiunto.
Due considerazioni, che valgono sia per la partecipazione nazionale al voto che a quella locale, sono doverose.
In primo luogo c’è da sottolineare come da almeno una ventina d’anni a questa parte, fatta eccezione per lo stra-ordinario caso del 2011, i referendum hanno subito tutti la stessa impostazione: una parte dei votanti, ovvero il fronte dei NO, quelli contrari al referendum proposto di volta in volta, hanno tutti disertato le urne suggellando, de facto, un’alleanza con il grande partito dell’astensionismo, l’unica certezza sulla quale poter contare di volta in volta, l’alleato fedele che non delude mai. Ciò, se da un lato è servito per sbaragliare i promotori dei referendum, dall’altro lato ha ottenuto l’involontario risultato di riuscire a mascherare una più generale debolezza del fronte dei NO. Se i NO avessero votato, in questo referendum, si sarebbe raggiunto il quorum? E chi l’avrebbe spuntata? Forse esprimersi attraverso il voto, pur con il rischio di vedere il proprio fronte sconfitto avrebbe, per lo meno, permesso a tutti, classe dirigente compresa, di capire in che modo la pensano i cittadini italiani che ancora si informano e si interessano di questi argomenti.
In secondo luogo non si può non evidenziare come sia totalmente mancato un dibattito aperto e pubblico sul territorio, in particolar modo nell’eporediese. I promotori del SI ce l’hanno messa tutta per dimostrare come le loro ragioni fossero valide e per nulla superficiali, ma al di là del loro impegno non si è assistito ad alcun evento, dibattito o conferenza in grado di sollevare i dubbi e alimentare la discussione intorno alle tematiche delle energie fossili e rinnovabili, alle concessioni petrolifere o ai benefici della conversione ecologica.
Anzi, almeno un dibattito si è avuto. Ciò di cui si sta parlando è stato l’incontro, organizzato dal segretario del PD d’Ivrea Matteo Fanciulli il 15 aprile alle stramaledette ore 21 di sera. Non che l’orario fosse inopportuno, ma organizzare un evento di questo genere, per altro estremamente interessante, pacato e alimentato da un confronto basato sul rispetto reciproco, poche ore prima del silenzio elettorale, a giochi fatti, ha lasciato l’amaro in bocca.
Ci si domanderà: “ma organizzarlo prima avrebbe veramente cambiato qualcosa?”. Con ogni probabilità il referendum sarebbe comunque fallito a causa di quell’ormai consolidata strategia del fallimento del voto basato sull’alleanza tra i NO e gli astenuti, ma i referendum dovrebbero andare oltre la semplice conta dei votanti; dovrebbero essere un momento di dibattito collettivo, pubblico, di informazione a tu per tu e dovrebbero essere l’occasione per riportare alla partecipazione i rassegnati e i delusi.
Che sia forse questo il vero quorum della democrazia?
Andrea Bertolino | 27/04/2016