Non è un caso che lo Statuto dei Lavoratori contenga alcuni articoli fondamentali rispetto ai temi della salute e sicurezza sul lavoro
Nella storia dei diritti dei lavoratori, tutti gli avanzamenti legislativi e contrattuali non sono mai avvenuti a freddo, ma sono stati l’esito di vicende concrete, di lotte e mobilitazioni.
E così è stato anche per lo Statuto, conquistato con la Legge 300 del 20 maggio 1970, grazie alle lotte operaie degli anni ’60. Una conquista importante, dal forte valore simbolico, da difendere negli anni successivi, che ha inaugurato un decennio molto complesso, conclusosi poi con un altro evento altamente significativo: la marcia dei “colletti bianchi” Fiat del 14 ottobre 1980, che segnò la fine di una fase di grandi avanzamenti lavorativi e rivendicazioni sindacali.
Negli anni ’60 e ’70 si lottava per la salute, considerata un diritto, non un oggetto di scambio. C’era il boom economico, l’industria era in piena crescita, con Torino e la Fiat al centro dell’Italia, e il lavoro incideva profondamente sulla vita e sulla salute dei lavoratori. Tanto che si arrivò anche alla riforma del Sistema Sanitario Nazionale (Ssn), con la legge 833 del 23 dicembre 1978, che riconobbe la salute come un diritto fondamentale, garantendo l’accesso universale all’erogazione delle prestazioni sanitarie.
Oggi, la pandemia di coronavirus è un’assoluta novità per il mondo del lavoro, anche se nel 1973 ci fu un’epidemia di colera a Napoli, ma le questioni sulla salute poste dal Protocollo del 24 aprile 2020 (e dal precedente del 14 marzo 2020) sul contrasto al Covid-19 negli ambienti di lavoro sono le stesse di allora. A dimostrazione che lo Statuto dei Lavoratori – atto semplice e sintetico, profondamente diverso dai complessi decreti attuali – ha saputo dare una prospettiva che ancora oggi, a 50 anni di distanza, risulta attuale e rimane un imprescindibile punto di riferimento.
L’articolo 4 dello Statuto sui controlli tramite impianti audiovisivi sancisce principi che tornano, attualizzati, nella tematica del diritto alla privacy, come anche ora nelle misure per contenere il contagio da Covid: pensiamo ai dati su temperatura e spostamenti e all’app per il tracciamento dei contagiati. L’idea è sempre quella di mettere un freno all’invasione della sfera personale dell’individuo e dei suoi diritti come persona, ancor prima che come lavoratore. E le aziende, allora come oggi, devono accordarsi con le rappresentanze sindacali per l’attuazione di misure di controllo dei lavoratori.
Anche l’articolo 5 sugli accertamenti sanitari è di grande attualità nell’emergenza coronavirus: il lavoratore non può esser sottoposto ad accertamenti da parte del datore di lavoro sull’idoneità e sull’infermità per malattia o infortunio. Si tratta di principi sintetici e generali – ma non generici – che ci orientano ancora oggi e si ritrovano anche nel sopracitato Protocollo del 24 aprile 2020, che sancisce per i lavoratori fragili il diritto a essere presi in carico dal medico competente, evitando discriminazioni e licenziamenti.
Come quelli contenuti anche nell’articolo 9 “Tutela della salute e dell’integrità fisica”. È un capolavoro nella sua brevità: “I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”. In quattro righe e mezza si regola tutto ciò che può servire anche in questo periodo emergenziale. Si ribadisce la centralità del tema della salute e il ruolo attivo nel tutelarla dei lavoratori, che hanno il diritto di organizzarsi per garantire il proprio benessere. Così come oggi lavoratori e datori di lavoro devono condividere l’adozione dei protocolli anti-contagio: il lavoratore, attraverso i propri rappresentanti per la sicurezza (rls e rls-t), non solo controlla, ma ha una parte attiva nelle misure di sicurezza.
Lo Statuto dei Lavoratori è straordinariamente moderno e lucido nell’indicare la direzione da seguire nell’affrontare problematiche anche inedite, come il Covid.
Le conquiste come la Legge 300/1970 devono però essere praticate, fatte vivere. La storia ci insegna che una conquista non dura per sempre: dobbiamo mantenere fermi certi punti di riferimento, come i principi affermati nello Statuto, anche nelle questioni più banali.
Il mondo del lavoro è profondamente cambiato rispetto al passato, anche per l’allungamento dell’età pensionabile, e il lavoro e i luoghi di lavoro sono sempre più spezzettati, con il dilagare della somministrazione e delle piattaforme digitali, con il lavoro nero e irregolare. Le responsabilità dei datori si confondono e l’azione sindacale oggi è molto più complicata.
In una fase così difficile, anche in un contesto di pandemia, con un nemico subdolo e inaspettato come il coronavirus, si è comunque riusciti a ottenere strumenti importanti, come il Protocollo del 24 aprile 2020. Perché abbiamo alle spalle una storia e una pratica nell’affermazione dei diritti, che vedono nello Statuto dei Lavoratori un punto di arrivo, ma anche un punto di partenza fondamentale.
Federico Bellono
(Resp. Dipartimento Salute e Sicurezza Cgil Torino)
*Articolo pubblicato sulla rivista “Sicurezza e Lavoro”