Anche la fronda ribelle leghista (ormai confluita all’interno del gruppo misto) si unisce al coro di richieste dell’opposizione per far ripartire il Consiglio comunale, le Commissioni e le Conferenze di capigruppo. A tutt’oggi, inoltre, il Consiglio comunale d’Ivrea è senza un consigliere
”La misura è colma! Sindaco, bisogna far ripartire il Consiglio comunale”. Potrebbe riassumersi così il senso della lettera che il 10 maggio diversi consiglieri eporediesi hanno inviato al Sindaco Sertoli e al Consiglio comunale d’Ivrea sollecitando la ripresa delle normali attività istituzionali. L’insofferenza verso questa amministrazione e il suo modus (non) operandi ha esasperato non solo le opposizioni, ma anche quella fronda “ribelle” leghista che prima che l’emergenza covid scoppiasse aveva non solo inaugurato la nascita di un gruppo misto, ma era altresì riuscita a conquistarsi il seggio vacante di assessorato che il licenziamento di Elisabetta Ballurio aveva lasciato. Tra i firmatari della lettera, infatti, compaiono i nomi di Marco Neri (ormai ex capogruppo Lega confluito recentemente in Fratelli d’Italia) e Maria Piras (ex leghista, ex sertoliana), oltre a quelli dei consiglieri di minoranza: Massimo Fresc (M5S), Francesco Comotto (ViviamoIvrea), Maurizio Perinetti, Andrea Benedino, Gabriella Colosso e Fabrizio Dulla (Partito Democratico).
Otto consiglieri su sedici (se escludiamo il sindaco) rappresentano metà dei componenti del Consiglio Comunale a riprova, se ancora ce ne fosse bisogno, di quanto profonda stia diventando l’incapacità di coinvolgimento sulle idee e sulle scelte che l’amministrazione intende portare avanti. Su questo punto, infatti, la lettera parla chiaro: «[…] evidenziamo il differente ruolo del Consiglio comunale e della Giunta facendo notare come la Conferenza dei Capigruppo si sia indebitamente trasformata in un mero organo di ascolto, a cose fatte, dell’operato dell’esecutivo che in questi ultimi mesi ha agito senza un minimo quanto opportuno confronto con il Consiglio e le Commissioni consiliari».
I consiglieri comunali, soprattutto quelli di minoranza, da mesi corrono dietro agli assessori e al sindaco nella speranza di poter essere se non proprio coinvolti direttamente, quanto meno informati su quanto l’amministrazione intende portare avanti e ripetutamente i medesimi consiglieri sono potuti rimanere aggiornati sulla situazione solo attraverso gli organi di stampa. Se a questo atteggiamento poco rispettoso della controparte democratica aggiungiamo il fatto che al 22 maggio saranno intercorsi quattro mesi senza la convocazione di alcun Consiglio comunale risulta evidente e chiara la ragione di questa lettera.
All’interno del documento, inoltre, si legge: «[…] in data 30 marzo 2020 i tre gruppi consiliari di minoranza hanno richiesto l’urgente convocazione della Conferenza affinché la stessa potesse pianificare la ripresa delle attività del Consiglio per affrontare le problematiche relative alla situazione di emergenza socio sanitaria, ma ciò non è accaduto».
All’incapacità di organizzare un Consiglio Comunale (laddove il Comune di Torino ha regolarmente svolto le sedute tramite video-conferenze) si aggiungono le Commissioni ferme e il rinvio delle Conferenze di capigruppo, peraltro in piena contraddizione con quanto disciplinato dal regolamento del Consiglio comunale: «ricordiamo che l’articolo 11/2 del regolamento del Consiglio comunale recita:“Il Presidente è tenuto a convocare la Conferenza dei Capigruppo su un determinato argomento quando ciò sia deciso dalla Conferenza stessa in una precedente riunione e entro 5 giorni dalla richiesta scritta e motivata del Sindaco o di almeno due Capigruppo”». I cinque giorni sono ampiamente intercorsi, ma la Conferenza si terrà, probabilmente, solo domani, martedì 12 maggio.
E dire che ci sarebbe sufficiente materiale da smaltire per organizzare un Consiglio comunale, a cominciare dalla surroga della consigliera Casali. Ad oggi, infatti, il Consiglio comunale non ha ancora provveduto a formalizzare l’ingresso del successore dell’assessora Casali, entrata all’interno della squadra di giunta il 6 marzo (si sarebbe dovuto procedere alla surroga entro e non oltre i dieci giorni).
Con ogni probabilità il prossimo Consiglio comunale (che si presume, a questo punto, possa essere indetto per la prossima settimana) tratterà le questioni che più hanno interessato le pagine dei giornali in questi mesi: il piano del commercio e il progetto “Dai e riavrai” dell’assessora Casali, il bilancio consuntivo e l’avanzo di bilancio da destinare rapidamente a quei settori più martoriati dalla quarantena forzata, idee e iniziative per sostenere il settore culturale eporediese (particolarmente in sofferenza) e il progetto di rifinanziamento dei buoni spesa avanzati proposto dell’assessora Povolo.
Nel merito di quest’ultimo argomento ci permettiamo di rivolgere all’assessora una domanda: visto e considerato che i 124 mila euro stanziati dal Governo per i buoni spesa erano considerati una “misura d’emergenza” e, come tali, da erogare nel più breve tempo possibile, quale senso può avere tenere da parte 30 mila euro avanzati e far intercorrere settimane prima di redistribuire questi soldi? Non sarebbe stato meglio esaurire il fondo e pensare, eventualmente dopo, di mettere a bilancio risorse comunali per riproporre la misura?
Andrea Bertolino