Riceviamo e pubblichiamo l’articolo del consigliere di minoranza dell’I5S Pierre Blasotta
Con l’avvento del nuovo assessore alla cultura d’Ivrea Andrea Benedino e con le elezioni alle porte il PD nostrano ha deciso di giocarsi il tutto per tutto. Consci del fatto che la biblioteca civica è da sempre un riferimento per la cittadinanza, l’idea di farne una nuova in stile londinese porterebbe sicuramente consenso al partito del “fare”. Ovviamente nessuno ammetterà mai che il motivo è questo, ma è anche vero che non siamo tutti stupidi.
In ogni caso, escludendo il doveroso preambolo, il progetto ha sicuramente dei lati positivi, ma anche delle difficoltà oggettive: vediamo quali.
La biblioteca d’Ivrea è indubbiamente un riferimento per quanto concerne la cultura, dotata di migliaia di libri e documenti; serve un bacino di utenze che supera i confini comunali, divenendo di fatto l’unica biblioteca con la B maiuscola per i comuni limitrofi. Guardando al resto del mondo ci si accorge però che la biblioteca di Ivrea è più simile ad un “magazzino di stoccaggio” in cui archiviare i libri piuttosto che uno spazio culturale a 360° gradi. Da qui la necessità legittima di pensare ad una nuova biblioteca, orientata non solo al prestito dei libri, ma anche alla vivibilità interna, con ampi spazi di condivisione, lettura, ricerca e confronto. È evidente che la location attuale non consente di realizzare tale progetto, e allora da qualche anno si è iniziato a pensare a nuovi edifici in cui ospitare la biblioteca. L’attenzione delle amministrazioni precedenti, nonché di quella attuale, si è focalizzata sull’edificio dell’ex Istituito Cena ovvero lo stabile che si affaccia su piazza Fillak compreso tra via Macchieraldo e via S.Martino. Lo stabile plurisecolare ha subito negli anni diversi interventi di messa in sicurezza per evitare crolli e per poter ospitare la nuova biblioteca andrebbe completamente ristrutturato. Tutto bene quindi, si riqualifica un edificio antico e non si consuma suolo nuovo, ma i problemi sono molteplici. Il terreno su cui poggia lo stabile contiene resti di epoca romana, i quali una volta venuti alla luce vengono tutelati dalla legge, imponendo tutta una serie di vincoli. Non è quindi possibile semplicemente effettuare i lavori come per un qualsiasi stabile ma ad ogni ritrovamento bisogna dedicare una certa procedura e uno spazio dedicato. Ad aumentare la difficoltà c’è il fatto che l’edificio non ha fondamenta e dovendo farle verrebbero sicuramente scoperti nuovi reperti, i quali a loro volta andrebbero classificati, tutelati ecc ecc. Insomma per risolvere per bene il problema bisognerebbe creare al piano terra un museo con i resti romani rivenuti, e ai piani superiori realizzare la biblioteca vera e propria.
Al giorno d’oggi la tecnica permette di fare miracoli, ma il prezzo da pagare può salire vertiginosamente. Il pericolo è proprio qui, temiamo che l’amministrazione attuale deroghi i dettami del “buon lavoro” al mero tornaconto elettorale, portando avanti un progetto azzardato pur di contenere tempi e costi. Per evitare di “rinvenire” nuovi reperti infatti si potrebbe pensare di ristrutturare lo stabile mantenendolo privo di fondamenta, rinforzandolo come meglio si riesce senza variarne la sagoma per bypassare le normative e contenendo i costi.
Capite anche voi che la seconda ipotesi è sicuramente azzardata, se pensiamo all’età dello stabile e alla sua stabilità sismica; pochi genitori si sentirebbero al sicuro nel mandare i propri figli a studiare li. Ad aggiungere ulteriori dubbi sulla questione sono le “sparate” sui giornali che vedrebbero la prima pietra entro l’anno e la totale deroga da parte del Sindaco sulla vicenda. Non è un segreto infatti che sia il presidente della fondazione Jalla a tirare le fila del progetto e forse non solo quello. Per ultimo ma non per questo meno importante, non esistono ancora progetti definitivi dell’edificio e anche i costi stimati si susseguono in valzer di milioni di euro, dai 5 ai 6, dai 7 ai 9, insomma per il momento il progetto è solo un utile strumento di propaganda elettorale da dare in pasto ai giornali, i quali purtroppo al posto di sollevare dubbi e fare domande, si limitano a riportare pedestremente la versione ufficiale per raggirare i cittadini. Concludo sottolineando che con molta probabilità a sostenere la spesa non sarà la fondazione Guelpa, come il testamento suggerisce, ma saranno impiegati soldi pubblici. Lascio a voi le ulteriori deduzioni sulla questione…
Pierre Blasotta