La Regione criminalizza le donne, ma il movimento non si ferma: dopo l’occupazione del Sant’Anna e il blocco di Federvita, la protesta transfemminista conquista l’esterno di palazzo Lascaris nonostante il blocco poliziesco e lancia una raccolta firme.
«Siamo state dentro e fuori dalla cosiddetta Stanza dell’ascolto all’ospedale Sant’Anna per chiederne la chiusura – a parlare è una delle attiviste torinesi del movimento transfemminista Non una di meno –. Abbiamo incontrato i direttori sanitari Giovanni La Valle e Umberto Fiandra, che hanno di fatto delegato la responsabilità alla Regione. Ecco perché oggi siamo qui. Abbiamo anche lanciato una raccolta firme, disponibile online, per chiedere la chiusura immediata di questa stanzetta, affidata a un’associazione antiabortista privata che opererà all’interno di un presidio sanitario pubblico».
È il pomeriggio di martedì 15 ottobre quando una cinquantina di persone si ritrova sotto palazzo Lascaris a Torino, dove la giunta regionale è riunita per discutere nuovamente di aborto. Sono in maggioranza donne, diverse per età e retroterra, ma gli uomini non sono assenti. Si tratta dei movimenti transfemministi, Non una di meno in testa, che da due anni a questa parte si mobilitano per difendere la libertà di scelta e l’autonomia riproduttiva di donne e persone potenzialmente gestanti dalla crociata antiabortista portata avanti in Regione dal rampollo sabaudo di Fratelli d’Italia Maurizio Marrone, oggi assessore alle politiche sociali della giunta Cirio bis.
Portano la firma di quest’ultimo i più feroci attacchi alla libertà riproduttiva che il Piemonte abbia visto negli ultimi 50 anni, come la Stanza d’ascolto all’ospedale Sant’Anna, uno sportello per le donne che vogliono interrompere una gravidanza gestito dall’associazione antiabortista di ispirazione cattolica vicina alla destra, la federazione regionale del Movimento per la Vita, o il Fondo vita nascente, circa un milione di euro tolti al welfare statale e donati alle associazioni antiabortiste di stampo cattolico.
Scelte che hanno portato prevedibilmente a una forte e diffusa mobilitazione contraria dei movimenti transfemministi, tra le cui azioni più recenti possiamo ricordare l’occupazione del Sant’Anna a fine settembre, a riprendere simbolicamente la stessa azione compiuta dalle mobilitazioni degli anni ‘70 in favore della legge 194, o il blocco al convegno di Federvita di circa una settimana fa.
Movimenti con i quali la Regione ha scelto ovviamente la strada dello scontro: mentre martedì 15 il presidente dell’aula entra alla chetichella, un ampio dispiegamento di forze di polizia impedisce inizialmente alle manifestanti di raggiungere l’esterno di palazzo Lascaris, salvo poi cedere davanti alla risolutezza del movimento e grazie all’intervento di alcune consigliere comunali di minoranza.
«Ci ritroviamo di nuovo qui sotto il consiglio regionale per chiedere conto di un’iniziativa che va contro le donne, le stesse che stanno oggi protestando a gran voce – spiega Alice Ravinale, consigliere regionale di minoranza per Avs –. Peccato che la giunta Cirio decida di non ascoltarle, scegliendo anzi di dipingerle come nemiche: inizialmente oggi era stato disposto un blocco totale della via, per impedire alle donne di fare ciò che si è sempre fatto, ovvero venire sotto palazzo Lascaris a manifestare la propria posizione. Fortunatamente questa scelta improvvida è stata modificata e il presidio si è potuto svolgere, ma resta il fatto che servirebbe dare ascolto alle donne e non trattarle come nemiche, in merito a una vicenda che riguarda per altro soltanto loro».
Nonostante il veloce processo di criminalizzazione in atto su vari livelli, i movimenti non sembrano intenzionati a fermarsi: la sezione torinese di Nudm annuncia infatti il lancio di una raccolta firme per chiedere la chiusura della Stanza dell’ascolto.
«Continueremo a mobilitarci e a chiedere la chiusura immediata di questa stanza a tutti i livelli perché crediamo che questa concessione sia pericolosa e leda la dignità e la sicurezza delle donne e persone gestanti che desiderano interrompere una gravidanza pazienti del Sant’Anna, la dignità e la professionalità di lavoratrici e lavoratori dell’ospedale Sant’Anna, la serietà dei servizi sanitari, socio-assistenziali e di accompagnamento all’IVG laici e specializzati che dovrebbero essere offerti».
È possibile partecipare alla raccolta firme tramite questo link.
Lorenzo Zaccagnini