La candidatura di Landini a nuovo segretario della più grande organizzazione sindacale apre prospettive alla costruzione di una grande opposizione sociale nel nostro paese? Ne parliamo con Federico Bellono
Avviato nella primavera scorsa, il 18° congresso della CGIL, il più grande sindacato dei lavoratori (e, con i suoi oltre cinque milioni di iscritti, probabilmente la più grande organizzazione italiana in assoluto) si terrà a Bari dal 22 al 25 gennaio prossimo. Nonostante queste dimensioni e nonostante le migliaia di assemblee (iniziate nell’aprile scorso sui luoghi di lavoro e proseguite poi nei mesi successivi con quelle territoriali e delle diverse categorie), l’attenzione mediatica è stata finora molto modesta, si può dire vicina allo zero.
E’ vero che la perdita di centralità e la “svalorizzazione” del lavoro è andata avanti molto in questi decenni, ma come si spiega tanta disattenzione? Lo chiediamo a Federico Bellono, segretario della FIOM-CGIL di Torino dal marzo 2010 fino all’ottobre scorso, e oggi in attesa di incarico alla Camera del lavoro di Torino.
Bellono: Si sa che i lavoratori, le loro condizioni e i loro problemi non fanno “audience” da tempo, tanto che, in diverse occasioni, hanno dovuto inventarsi modalità di protesta sempre più fantasiose per cercare di avere un po’ di visibilità.
Non è poi solo il governo attuale a ritenere “superati” gli organismi di rappresentanza e di intermediazione sociale, in questo M5S e Lega sono in continuità con i governi della passata legislatura, a cominciare da quello di Renzi. Per paradosso in questa fase politica il lavoro è tornato centrale, avendo caratterizzato la Lega il suo programma sul tema delle pensioni, e il Movimento 5 Stelle sul reddito di cittadinanza (e in parte anche sul contrasto alla precarietà). In un rapporto però diretto con il “popolo”, senza coinvolgere il sindacato.
Non si può infine negare che responsabilità ne abbiamo anche noi delle organizzazioni sindacali, quanto meno nel non essere stati sempre capaci di difendere le condizioni e le conquiste dei lavoratori o di essere rimasti talvolta ingabbiati nella trappola delle “compatibilità”, stabilite come di consueto dai soliti noti (Confindustria con annessi e connessi nelle istituzioni e nei media).
Un qualche interesse ha suscitato, anche sui media, la candidatura di Maurizio Landini, avanzata da Susanna Camusso, per la successione alla guida della CGIL. Landini potrebbe dare impulso alla ripresa di un ruolo sociale e politico (nel senso autentico, non elettorale) del sindacato, che altrimenti sembra condannato all’irrilevanza o al ruolo di mero erogatore di servizi di assistenza?
Bellono: Sì, per quanto muove sia fuori che dentro il sindacato, Landini segretario generale nazionale della CGIL potrebbe essere determinante perché il sindacato riprenda a “navigare in mare aperto”, torni ad avere un ruolo non marginale nel rafforzare le mobilitazioni e costruire quell’opposizione sociale che oggi è troppo debole e frammentata. Landini è empatico, conosciuto e riconosciuto come uno che dice chiaramente come stanno le cose, uno di cui ci si può fidare.
Sento dire che, in diversi nella CGIL, c’è quasi un’aspettativa “salvifica” in Landini. Non è pericolosa? Non si corre il rischio che provochi nuove delusioni?
Bellono: E’ una preoccupazione che condivido, ma è una chance (secondo alcuni l’ultima) per ricostruire un sindacato di lotta. E chi meglio di Landini può provare ad attivare tutte le energie necessarie, dentro e fuori la CGIL? Si tratta di fare qualcosa che non è straordinario: organizzare la resistenza sociale, come peraltro ha fatto la FIOM in questi anni, e non a caso Landini viene riconosciuto come il più indicato per fare questo.
Nonostante il documento congressuale «Il Lavoro E’» presentato da Susanna Camusso (con altri 154 componenti del comitato direttivo nazionale della CGIL) abbia raccolto il 95% dei consensi degli iscritti che hanno partecipato alle diverse fasi congressuali, Vincenzo Colla, che ha sottoscritto quel documento come Landini, ha annunciato qualche giorno fa ufficialmente (dopo mesi di anticipazioni/sollecitazioni da parte dei principali quotidiani italiani, Sole 24 ore in testa, e di alcune categorie della Cgil) la sua candidatura alternativa a quella di Landini. A chi non è interno alle dinamiche sindacali questa candidatura risulta poco comprensibile. Che senso ha se, sulla carta, non ci sono differenze programmatiche? Perché questa candidatura di Colla?
Bellono: E’ vero che, sulla carta, non ci sono differenze, ma come tutti i documenti, anche questo del 18° congresso può essere declinato in modi diversi. Mi pare che, al di là di particolari opzioni e differenze di storia e di personalità, ciò che connoti più di tutto la candidatura di Colla sia il suo orizzonte: la riattivazione di quel sistema di partecipazione e di relazioni, quella “concertazione” che per molti di noi è all’origine della crisi che attraversa il sindacato e delle condizioni disastrose del lavoro. Ci sarebbe poi da dire anche su questo modo di presentazione della candidatura di Colla che, seppur del tutto legittimo e previsto dal regolamento, avviene a congressi territoriali e di categoria praticamente conclusi (resta solo quello, dal 9 all’11 gennaio, del sindacato pensionati), cioè quando gli iscritti alle categorie attive non hanno più possibilità di pronunciarsi. E questo non fa una bella impressione a quanti, fuori dalla CGIL, guardano con speranza a una ripresa di ruolo del sindacato nelle lotte sociali. Perché sembra riproporre l’immagine di un’organizzazione chiusa nei personalismi e nei recinti autoreferenziali. Un’immagine che, mi auguro, il congresso di Bari saprà smentire.
a cura di ƒz