Nel carcere di Ivrea niente dolci per la fine del Ramadan

Continua l’isolazionismo della direzione. Da amministrazione comunale e garante dei detenuti tiepida reazione

Due richieste da parte della comunità islamica eporediese, entrambe rigettate dalla direttrice del carcere Alessia Aguglia. Una, inviata con anticipo, bloccata adducendo ragioni di sicurezza: i prodotti non sarebbero facilmente ispezionabili. Una seconda, a metà febbraio, respinta per tempi troppo stretti. Per la prima volta dopo anni, la raccolta alimentare del Centro islamico di Ivrea per i detenuti musulmani del carcere in occasione del Ramadan non è potuta avvenire.
Si tratta solo dell’ultima episodio simbolo della nuova linea isolazionista portata avanti dalla direzione della casa circondariale eporediese nell’ultimo periodo, ma che da qualche mese ha assunto aspetti preoccupanti e, visti dall’esterno, anche meno ragionati.

Un carcere sempre più chiuso

Inizialmente le cose sembravano anche andare bene: la nuova amministrazione comunale sembrava sensibile al problema carcere e la nuova direttrice bendisposta e decisa a  chiudere definitivamente la pagina delle violenze denunciate nel passato e del deserto di attività e opportunità lavorative per i detenuti.
Le cose però sono iniziate a cambiare con la morte a gennaio dello scorso anno di Andrea Pagani Pratis, in arte Vespino, redattore del giornale online dei detenuti di Ivrea la Fenice: una morte per edema polmonare, come ne accadono in carcere, la cui eco difficilmente sarebbe uscita dalle mura di cemento se non fosse stato per i compagni di redazione di Vespino, che sulle pagine della Fenice hanno denunciato l’episodio di malasanità: raccontano di quel malessere crescente trattato come un’influenza, del fatto che faticasse a respirare e camminare, del “prendi una tachipirina che ti passa”. Oggi per quell’episodio i tre medici che avevano in cura Vespino rischiano il processo. La Procura di Ivrea ha chiuso le indagini, ipotizzando l’accusa di omicidio colposo nell’esercizio della professione sanitaria. Per uno di loro si ipotizza anche l’accusa di falso, per non aver redatto alcun referto medico. Sarà per questo che da allora l’atteggiamento della direzione muta radicalmente, optando per un’estrema chiusura?

Per cominciare nel novembre scorso la direzione sospende l’attività della redazione del giornale La Fenice (supplemento di varieventuali) e il permesso di ingresso alla redattrice e al redattore di varieventuali che seguono quest’attività, per arrivare poi, a fine gennaio di quest’anno, a revocarlo definitivamente, senza alcuna motivazione espressa, se non un non meglio precisato “venir meno del rapporto di fiducia verso gli operatori incaricati del progetto”.

Non si è trattato di un episodio isolato: una chiusura sempre crescente è stata registrata anche da associazioni e volontari che operano in carcere, come il blocco temporaneo dell’Alba, altro giornale cartaceo dei detenuti edito dall’associazione volontari penitenziari Tino Beiletti, e un generale rallentamento delle attività. Un atteggiamento di chiusura verificato anche in occasione del consiglio comunale speciale in carcere del 25 febbraio, tentativo doveroso dell’amministrazione di avvicinarsi al carcere, riuscito decisamente meno bene rispetto al precedente proprio a causa della poca disponibilità della direzione: a differenza dell’anno scorso è infatti stato permesso l’ingresso a un solo giornalista per testata e solo se iscritto all’Ordine, a un solo detenuto per piano, a un solo volontario, e a nessun operatore interno a parte la direttrice. Un’operazione di facciata, conclusasi precipitosamente con la protesta dei detenuti al terzo piano.

Eid Mubarak

Ma se già queste ultime scelte avevano ricevuto da più parti diverse critiche, il blocco della raccolta alimentare per la rottura del digiuno ha più l’aspetto di una vendetta che di un reale problema di sicurezza. Per la comunità islamica eporediese, che da anni organizza l’iniziativa coinvolgendo decine di fedeli, è un colpo al cuore: la raccolta, nello specifico datteri, tè, latte, lenticchie, biscotti, spezie, zucchero e caffè, è composta da alimenti tipici della rottura del digiuno, tutto comprato con le offerte dei fedeli. Il Ramadan in particolare, mese in cui la comunità islamica si astengono dal bere, dal mangiare, dal fumare e dal praticare attività sessuali dall’alba al tramonto in commemorazione della prima rivelazione del Corano a Maometto, ha un forte significato comunitario per i musulmani. Non solo è considerato il quarto dei 5 pilastri dell’Islam, ma rappresenta anche un grande momento collettivo, che definisce e rafforza la comunità unita in uno sforzo comune. Qualcosa di estremamente prezioso soprattutto per una comunità che non si trova più nel proprio paese, ma si è dovuta ricreare in un altro e deve quindi tenersi unita. Ancora di più per chi magari questo periodo non può viverlo con la propria comunità perché detenuto, come gli 80 detenuti islamici della struttura carceraria eporediese.
La variegata comunità musulmana in Italia, stimata tra il 4 e il 6% della popolazione e composta perlopiù da persone provenienti da svariati paesi con culture e tradizioni anche molto diverse tra loro, vive oggi più che mai l’ondata di islamofobia crescente, fomentata e finanziata dall’estrema destra. Per accorgersene, basta dare un’occhiata alla sezione commenti sotto gli articoli online che riportavano il blocco della raccolta alimentare, dove l’islamofobia si mischia con la generale disumanizzazione dei detenuti da sempre forte in questo paese.
Proprio in questi giorni, tra il 29 e il 30 marzo, si celebra l’Eid al-Fitr, la fine del digiuno, per la quale spesso vengono organizzati festeggiamenti pubblici. Sarebbe stata un’occasione per l’amministrazione comunale non solo di stringere maggiori legami e valorizzare quella parte di Ivrea, ma anche di esprimersi e attivarsi riguardo al blocco della raccolta alimentare. Ma dalle tiepidi quando non nulle dichiarazioni rilasciate, sia dall’amministrazione che dal garante dei detenuti, l’impressione è che la questione non porti abbastanza consenso per risultare interessante.
Ai detenuti musulmani nel carcere di Ivrea auguriamo comunque il nostro Eid Mubarak, buona festa.

Lorenzo Zaccagnini