Erano più di duecento i lavoratori di Manital e MGC venerdì scorso davanti al tribunale di Torino ad attendere la decisione del giudice sull’insolvenza di Manital. A sorpresa l’AD Luigi Grosso chiede l’amministrazione straordinaria, in disaccordo con il presidente Incarnato che chiedeva un rinvio. Sentenza entro mercoledì prossimo.
Il 31 gennaio era una data importante per i lavoratori Manital arrivati numerosi, più di duecento, al presidio organizzato davanti al tribunale e a quelli agli stabilimenti Fca di Mirafiori e alla Cnh di viale Puglia, aziende clienti di Manital. I lavoratori attendevano con comprensibile ansia l’esito dell’udienza sull’istanza di fallimento avanzata da diversi creditori di Manital. Al pari della presenza era alta anche la tensione fra i dipendenti Manital che non ricevono lo stipendio da 4/5 mesi, non vedono prospettive e non riescono più a parlare con l’azienda che si nega.
Dal loro presidio i lavoratori hanno visto entrare i rappresentanti dell’azienda e molti avvocati. All’udienza presieduta dal giudice Stefano Miglietta, erano infatti presenti:
- i rappresentanti e legali delle società creditrici che hanno richiesto la dichiarazione di insolvenza (Del Giudice Costruzioni Srl, Energy Max Plus Srl, Trepiù Srl, Banca Farmafactoring Spa, Serramenti Alluminio Fey Srl, Gi Group Spa, Simply Società Cooperativa, Futuro 2000) e i legali rappresentanti dei lavoratori che hanno presentato l’ingiunzione di pagamento per le mensilità mancanti.
- l’amministratore delegato, Luigi Grosso, in rappresentanza del consiglio di amministrazione, con avvocato
- i rappresentanti del Collegio sindacale di Manitalidea, con avvocati
- l’amministratore giudiziale delle azioni della Manitalidea, dott. Miglia (le azioni della società sono state sequestrate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ivrea il 15 gennaio scorso).
L’AD chiede l’amministrazione straordinaria. Per lui il problema sono i creditori impazienti.
Ad inizio udienza, a sorpresa, l’AD Grosso chiede l’ammissione della società alla procedura di amministrazione straordinaria, e si associa a lui il legale rappresentante del Collegio dei sindaci e tutti i rappresentanti delle altre parti presenti. Grosso a sostegno della sua richiesta afferma che questa sarebbe l’unica via per consentire “la continuità aziendale e la salvaguardia dei dipendenti, i quali vantano ad oggi un credito nei confronti della società di circa € 14.500.000” e affermando che “la società sarebbe in grado di produrre reddito e di pagare gran parte dei debiti se rimessa in condizione di piena operatività, tramite l’accesso ad un procedura concorsuale che consenta di sgravarla dall’attuale pressione dei creditori, i quali tra l’altro hanno ad oggi causato, con le loro azioni, un blocco dei conti correnti per € 7.000.000 e lo sfratto esecutivo dalle sedi locali di Ancona, Roma e Napoli.”
Crederà il giudice alla solidità del “piano programmatico di gestione della crisi” depositato dall’AD e all’ottimismo dello stesso? Lo sapremo presto, il giudice Miglietta si è preso solo un paio di giorni per decidere, si pronuncerà entro mercoledì 4 febbraio.
Il presidente Incarnato, isolato, voleva invece altro tempo.
Nell’udienza si è assistito anche ad un altro evento inaspettato, il contrasto fra la posizione dell’amministratore delegato Grosso e il presidente del consiglio di amministrazione Giuseppe Incarnato (nonché AD di IGI Investimenti proprietaria di Manital). Incarnato per voce del legale ha chiesto infatti “un rinvio del procedimento a tutela degli interessi della società“. Richiesta contestata da Grosso che “a nome del consiglio di amministrazione, si dissocia dall’istanza di rinvio (…) ritenendo essenziale che il Tribunale provveda nel più breve tempo possibile sull’apertura di una procedura concorsuale, nell’ottica – già rammentata – di salvaguardia dei dipendenti e di rapida riacquisizione dell’operatività aziendale“. Sembra di essere di fronte al classico format “poliziotto buono, poliziotto cattivo” (il buon Grosso che pensa alla salvaguardia dei dipendenti, e il cattivo Incarnato che pensa solo agli interessi degli investitori), ma invece è più probabile che si tratti di una guerra intestina per la spartizione di una torta comunque ancora appetibile e che nasconde chissà quali retroscena che le denunce di truffa incrociate fra vecchia e nuova proprietà fanno solo immaginare. E’ sempre più chiaro che la crisi Manital ha radici profonde in un terreno, si teme, molto melmoso. E molto c’è ancora da capire sulla vendita di Manital dell’ottobre scorso alla IGI Investimenti.
Pagano sempre e solo i lavoratori
In questo contesto di denunce e controdenunce, di assenza dell’azienda (non sono pochi i lavoratori che pur presentandosi tutti i giorni al proprio posto di lavoro non hanno direttive operative dai propri responsabili), di soldi che sembrano sempre più lontani, la preoccupazione dei lavoratori è altissima. Per ora a pagare la scellerata gestione di ieri e di oggi infatti sono solo i lavoratori e le lavoratrici di Manital, circa 10,000 in Italia e 1800 nella nostra regione, da mesi senza stipendio, senza contributi e con una prospettiva grigia e opaca. Al presidio di venerdì, si leggeva sui loro volti tutta la rabbia e la preoccupazione soprattutto per l’incertezza della situazione che neanche le parole “amministrazione straordinaria” possono placare. C’è bisogno di una risposta chiara e immediata per questi lavoratori . La speranze è che il giudice faccia la scelta migliore per salvaguardare lavoro e lavoratori, come dichiara Federico Bellono della Cgil Torino: “Mi auguro che il Tribunale proceda senza indugi a mettere in sicurezza quel che resta della Manital, in quanto la situazione è ormai fuori controllo e si complica ogni giorno di più. Occorre un percorso che consenta di tutelare gli oltre 10 mila lavoratori interessati, di cui 1800 in Piemonte, sia in quanto creditori – insieme ad una miriade di professionisti e società – sia nella difesa dell’occupazione nei cambi di appalto, come accaduto in Fca. Si tratta di una vicenda scandalosa, su cui la magistratura dovrà far chiarezza, nell’indifferenza – o peggio nel plauso – che ha caratterizzato le scelte aziendali di questi anni, come l’ incredibile vicenda del Castello di Parella.”
Cadigia Perini