I tabù della sinistra spiegati da Stefano Fassina alle Zone Attive di Cittadinanza
Atrio dello Zac pieno venerdì 28 ottobre alla presentazione del libro “Il mestiere della sinistra” di Stefano Fassina, economista, politico ed ex viceministro dell’economia. Insieme a lui sul palco c’erano Giorgio Airaudo, segretario della Cgil Piemonte, Chiara Appendino, ex sindaca di Torino e oggi deputata M5S, e Marco Grimaldi, consigliere regionale in Piemonte e neodeputato Alleanza Verdi Sinistra. Prove tecniche di un nuovo campo largo, quella alleanza progressista che, per le scelte pre-elettorali del Partito Democratico, non è stato possibile assemblare alle ultime elezioni politiche.
Sappiamo dai risultati che la mancata alleanza del Partito Democratico con il Movimento 5 Stelle, ha spianato la strada alla vittoria della Meloni e delle destre oggi al governo. “E’ un fenomeno complesso” ha detto venerdì Fassina “che non possiamo leggere con lo schema fascismo-antifascismo. Questa destra intercetta domande di protezione sociale che la sinistra non rappresenta più”
Per questo ha scritto “Il mestiere della sinistra”. Pensato per la fine della legislatura a scadenza naturale, avrebbe voluto essere un contributo all’alleanza progressista. Appena sciolte anticipatamente le Camere, la decisione, con l’editore Castelvecchi, di far uscire il libro il prima possibile. L’intento dell’ex vice ministro è quello di ricostruire una cultura politica realmente di sinistra e, per farlo, vanno affrontati alcuni tabù.
Intanto quello della guerra in Ucraina e delle trattative per uscirne. Pur considerando Putin quale aggressore, non è possibile porre termine al conflitto aumentando le spese militari, spedendo armi all’Ucraina e non riconoscendo alcun interesse russo.
Sarebbe da affermare il primato della politica, e bisogna farlo anche per quello che riguarda l’economia. Dobbiamo abbandonare la concezione che fa del mercato l’unico regolatore della distribuzione della ricchezza. Anche come è stato costruito il Mercato Unico e l’Unione Europea, già dagli anni ’50, fa parte dei tabù da svelare. L’apparato UE si basa sulla svalutazione del lavoro e sarebbe sufficiente cambiare alcune direttive europee per ridare senso a un progetto che non si fondi sulla competizione al ribasso dei salari dei lavoratori dei singoli stati.
Fassina non esclude l’uso del protezionismo, quindi i dazi e il blocco delle merci, come strumento di tutela dei diritti e del reddito. Ritiene anche che vada recuperato l’internazionalismo come orizzonte di solidarietà tra i popoli. La competitività internazionale non permette di conciliare l’interesse economico con il diritto del lavoro, questa è la sua conclusione.
“La vittoria della destra non è avvenuta per caso” ha confermato Marco Grimaldi “e la sinistra riproduce errori”. Il punto debole della destra è che non può rappresentare il mondo del lavoro perché i conservatori e liberali continuano a considerare il costo del lavoro quale unica variabile su cui agire. La sinistra, specie il PD, ha introiettato questa concezione e anche per questo è logora, non si contrappone a questa narrazione mainstream. Bisogna fare attenzione perché, al netto dei numeri, il risultato elettorale non è andato così male quanto si dice, e il rischio più grosso è proprio adesso. La Meloni, che ha letto Gramsci più di molti di noi, può egemonizzare culturalmente e politicamente il Paese.
Secondo Giorgio Airaudo quella che è andata al governo è la destra che dice ‘lasciate fare al mercato’ e ‘lavoratori subordinati state al vostro posto’. Il segretario della CGIL piemontese trova molto interessante la parte conclusiva del libro di Fassina, dove è ospitata una critica di Mario Tronti, riferimento di ciò che fu l’operaismo.
Tronti scrive che quello che manca è proprio un sogno che motivi, che dia speranza. La pandemia ha riportato al centro la questione della liberazione del tempo di lavoro e, secondo Airaudo, questo è il sogno da proporre. “Riprendiamo le battaglie per la riduzione dell’orario, come fu quella dello scorso secolo per le otto ore, ma rappresentiamo anche le nuove forme di lavoro, la frammentazione dei precari”.
Non solo pone il tema della liberazione, riprendendo la critica di Tronti, ma aggiunge che vi sono questioni centrali da affrontare che non fanno parte dell’orizzonte proprio della sinistra: la transizione ecologica e i limiti dello sviluppo ad esempio. Per questo è importante che forze diverse convergano tra loro in campo politico e diano vita al “progressismo”.
Chiara Appendino ha ammesso di aver votato a sinistra prima di aderire a un comunità politica in cui si è riconosciuta: il Movimento 5 stelle appunto. Ha cominciato con il dire che non bisogna sottovalutare il dato drammatico dell’astensione. Per recuperare consenso serve un fronte che faccia rinnovamento partendo da alcune questioni quali il lavoro. Questo va guardato con due lenti diverse ma che ci diano la dimensione e la direzione dei cambiamenti: la transizione digitale e quella ecologica. Bisogna coniugare ambientalismo, una scelta difficile che richiede sforzi individuali e collettivi, con un approccio keynesiano all’economia, che affermi il primato della politica sull’economia. Quelli che l’ex sindaca di Torino considera necessari sono spazi di dibattito politico, che mancano e sono da realizzare. Airaudo conferma che “in politica non ci siamo nell’ultimo miglio, e questo porta i lavoratori a pensare che lo strumento politico sia inutile”.
In controtendenza lo Zac dove c’è stata questa discussione e che rappresenta l’ultimo miglio delle buone prassi eporediesi; non sappiamo se sono solo pratiche che possiamo definire di sinistra, o se sono più simili a quello che fu il mutuo aiuto, l’origine del sindacato e del movimento operaio, ma certamente sono tentativi di trasformazione in meglio della qualità della vita delle persone e dei luoghi, con un occhio al sociale e l’altro all’ambiente.
Chiuderei questa cronaca parziale e strumentale con l’appello di Andrea Gaudino che, con il Laboratorio Civico Ivrea, invita tutti a guardare alle prossime elezioni comunali eporediesi e a costruire qui un campo largo, l’alleanza progressista. Tra i pochi giovani presenti nell’atrio dello Zac, ha indicato un percorso per coniugare teoria e prassi, parole e fatti. Che abbia letto Gramsci?
Ettore Macchieraldo
(foto di Lucia Panzieri)