Un’occasione di riflessione sulla progressiva trasformazione del nucleo familiare
L’incontro con Luca Bianchini, tenutosi a Ivrea alla libreria Mondadori venerdì 14 dicembre, è stato un’ottima occasione per riflettere sulla presenza familiare, e di come questa venga sovente considerata scontata. Il libro “So che un giorno tornerai” racconta la storia di Emma, figlia di Pasquale e Angela. ‘’Parla di una bambina che se fosse nata maschio, non sarebbe successo niente; ma è nata femmina, ed è successo quel che è successo’’ esordisce Bianchini. Gli eventi sono tratti da una storia vera di cui lo stesso scrittore si fa portavoce. Bianchini fa la conoscenza di quella che diverrà la protagonista del suo romanzo un sabato sera. In quell’occasione lo scrittore è taciturno, e lei, Emma, notando il suo cattivo umore, interrompendo il silenzio dice ‘’Non puoi essere arrabbiata con me, ho avuto una vita dura; abbandonata da mio padre perché femmina, e dopo anche da mia madre’’. Il tono delle sue parole è leggero, tanto da zittire l’autore che, istintivamente affascinato, si mette al servizio della vicenda stessa. Tuttavia solo la versione della figlia viene percepita, e il lettore è portato a domandarsi il perché della dipartita di Angela dalla vita di Emma. E’ strano, è inconcepibile; ma Angela aveva solo diciannove anni, e a pensarci bene la decisione non è stata poi tanto ostica. La sfida del libro è infatti raccontare le vicende della giovane madre senza cadere nella tentazione di un facile e futile giudizio. L’ormai donna e la bambina si vedono poco. Angela va e viene dalla vita di Emma che, confusa e sola, cerca invano un pretesto per farla rimanere. Tenta di farsi sgridare in ogni modo, desidera ardentemente essere rimproverata, poiché solo chi prova affetto alza la voce, per far intendere l’errore, ed evitarne il ripetersi. Il padre invece non l’ha mai incontrato, ne ignora l’esistenza, e ignora addirittura l’esistenza di tutti i padri. ‘’Non sapevo cosa significasse ‘papà’, non me ne rendevo conto’’. Il messaggio che il romanzo di formazione vuole trasmettere è di non ostinarsi nel rancore, anche se le ferite di abbandono rimangono indelebili. ‘’La famiglia ognuno se la fa con quello che ha’’.
La famiglia, per poter essere definita tale, non deve necessariamente corrispondere ai valori tradizionali e convenzionali. Basta poco per formare un nucleo famigliare, qualche parola di conforto e qualcuna di confronto. E’ un romanzo estremamente contemporaneo, di pari passo con il concetto di famiglia che si evolve, lasciando spazio all’affetto e sciogliendo i rigidi legami padre-madre-figlio-figlia. E nonostante il legame familiare sia estremamente importante, non sempre i parenti che ci si ritrova al proprio fianco sono quelli da cui si necessita maggiormente un aiuto, o un’opinione. Allontanarsi risulta spesso il miglior modo per evadere dalla sfera d’influenza negativa esercitata; per non soffocare nel poco spazio lasciato all’affermazione di sé. Per non appassire, avvelenati dal rancore e dall’astio di chi strappa le ali, invece di aiutarle a dispiegarsi. La famiglia si fa con quello che si ha, e non potrebbe esistere affermazione più veritiera.
L’evento di venerdì si è svolto in un ambiente informale, piacevole. La sala era gremita di lettori assidui, con cui Bianchini ha intrattenuto un dialogo spiritoso, leggero, al limite della banalità, ma che celava all’interno grande profondità e capacità di gestire una discussione su un argomento decisamente delicato. Nelle parole pronunciate c’era un input, una provocazione a non cadere sotto i facili pregiudizi e stereotipi di quella che si presenta come una famiglia sfaldata; una grave e irrimediabile situazione, ma che cela invece grande forza d’animo ed carattere deciso. L’autore ha dimostrato ampia vivacità, simpatia, e una non indifferente connessione con il pubblico, fondamentale per saper trasmettere i propri pensieri e intenzioni.
Una lettura alla scoperta e indagine sulla vita e sensazioni di Emma, ma al contempo occasione di introspezione, autocritica, confronto con le vicende vissute dalla protagonista, e possibilità di crescita; abbattendo i cliché e i luoghi comuni del concetto di famiglia tradizionale, oggi tanto discusso.
Annalisa Mecchia