Il bacino del lavoro eporediese risulta essere il peggiore di tutto il Piemonte; i dati sulle assunzioni sono in calo, mentre il resto della Regione gode di un periodo di relativo miglioramento. Buoni propositi per il 2019: ripristinare Ufficio Politiche per il lavoro e assessorato al lavoro
Nell’aprile di quest’anno, nella sede di Confindustria Canavese, venivano presentati i dati sul lavoro relativi al territorio e, in quell’occasione, veniva inaugurata e festeggiata la famosa “ripresina” canavesana. Il vezzeggiativo “ripresetta” sarebbe stato più calzante e avrebbe probabilmente rispecchiato meglio l’ambivalenza di quei numeri e quelle cifre che mostravano sì un lieve aumento delle assunzioni, ma che cercavano disperatamente di nascondere l’emorragia di aziende canavesane e la crescita di contrattini-spot (in questo caso il diminutivo è d’obbligo).
A otto mesi di distanza che ne è stato della “ripresina“?
Addio alla “ripresina”: il bacino del lavoro d’Ivrea è il peggiore di tutto il Piemonte
Una visione completa dell’andamento dell’occupazione di quest’anno non è ancora disponibile, ma l’Osservatorio del Mercato del Lavoro della Regione Piemonte ha messo a disposizione i dati relativi al primo semestre 2018 (da gennaio a giugno) che possono così essere confrontati con il medesimo periodo del 2017. Ciò significa che ogni valutazione è da considerarsi parziale e provvisoria, per quanto estremamente indicativa.
Le procedure di assunzione relative al bacino del lavoro d’Ivrea sono diminuite, passando dalle 8.602 del semestre 2017 alle 7.534 di quello 2018; una variazione negativa di 12 punti percentuali.
Questo andamento risulta essere controtendente rispetto alla situazione generale del Piemonte che vede invece le assunzioni passare dalle 300mila del 2017 alle 320mila del 2018 (sempre in riferimento ai periodi semestrali). Come se non bastasse, a peggiorare la performance si aggiunge il fatto che tra tutti i Centri per l’Impiego della Regione (sono 32 in totale) quello d’Ivrea si classifica in ultima posizione, unico (oltre a Rivoli, ma molto peggio di Rivoli) a registrare un saldo negativo. In tutto il Piemonte regna il segno positivo, a dimostrazione di come la Regione stia mostrando una certa vitalità e ripresa all’interno del mercato del lavoro, una tesi avallata anche dal fatto che il tasso di disoccupazione regionale sia sceso dal 9,6 del 2017 al 8,7 del 2018. Ivrea e l’area eporediese, purtroppo, fanno eccezione.
Andando più nel dettaglio, inoltre, si scopre che le fasce d’età più colpite sono state in generale quelle under 40: dalle 5.477 assunzioni del 2017 si è infatti passati alle 4.375 del 2018.
Anche i dati provenienti dalla Camera di Commercio di Torino non sono incoraggianti e fotografano un quadro aziendale stagnante se non negativo. Durante i primi 9 mesi del 2018 si sono iscritte 127 nuove aziende a Ivrea, ma parallelamente ci sono state 243 cessazioni. Ancora una volta sono quasi il doppio le aziende che hanno chiuso rispetto quelle avviate.
A ben guardare una notizia positiva anche per il territorio eporediese c’è e consiste nell’aumento dei contratti di lavoro a tempo indeterminato che sono passati da 982 nel 2017 a 1.129 nel semestre 2018: ciò, tuttavia, non si spiega con un aumento effettivo dei posti di lavoro, ma rientra nella tendenza regionale che ha visto raddoppiati i passaggi di contratto da tempo determinato a tempo indeterminato. Detto in altri termini, i lavoratori che nel 2017 avevano un contratto in scadenza hanno potuto rinnovarlo entrando nel tempo indeterminato nel 2018 e mentre nel 2017 i passaggi erano stati 7.249, nel 2018 sono schizzati a 14.509.
In bilico tra presente e futuro, senza prospettiva
Numeri alla mano, appare evidente come il bacino di lavoro d’Ivrea fatichi a star dietro alla tendenza piemontese ed è come se il territorio eporediese si trovasse oggi sospeso in un hinterland apparentemente senza futuro. Da un lato l’annus horribilis delle grandi aziende canavesane: Innovis, CIC, Arca Technologies, TBSit e Comdata rappresentano loro malgrado una lenta e apparentemente inesorabile erosione di posti di lavoro territoriali; dall’altro lato abbiamo invece la visione mitica dell’Ivrea olivettiana, perennemente in procinto di rinascere e restituire il fasto di un passato glorioso: ed ecco arrivare, nel 2018, il riconoscimento Unesco e l’acquisto della Fabbrica di Mattoni Rossi sotto lo slogan “il futuro torna finalmente a casa (#thefutureisbackhome)“. Tra questi due estremi, in mezzo, “l’addio alla ripresina” e i dati che si porta dietro. Uno scenario strano, anomalo nel panorama piemontese, ma che si è già lasciato alle spalle da tanto tempo l’alibi della fine dell’Olivetti e che necessita oggi di nuove spiegazioni.
Cosa ne sarà del lavoro nel 2019?
I numero del 2018 parlano da sé. È sugli obiettivi del 2019 che invece si dovrà spendere qualche parola in più, a cominciare dai primi traguardi che Ivrea dovrà portare (o sarebbe meglio dire ri-portare) a casa: un Ufficio politiche per il lavoro e un assessorato del lavoro. Durante l’ultimo consiglio comunale dell’anno l’assessore Piccoli ha annunciato che le sarà presto formalizzata la delega al lavoro e che è interesse dell’attuale giunta ripristinare l’Ufficio politiche per il lavoro con i dovuti miglioramenti. Una “promessa” che suona ancor più urgente vista la pessima performance lavorativa territoriale, ma che non può ridursi ad un semplice “atto dovuto“. Non servirà a nulla riaprire questi sportelli senza la necessaria volontà politica per realizzare effettivamente un servizio pubblico che possa incidere e migliorare il mondo del lavoro eporediese. Suonano, infatti, scoraggianti le parole dell’assessore Balzola che, davanti a Comdata lo scorso 17 dicembre, alla domanda su cosa possono fare le istituzioni per aiutare i lavoratori nella loro vertenza sindacale risponde: «materialmente l’amministrazione Sertoli può fare proprio poco».
Il 2019 avrà modo di riempirsi di significato, ma si potrebbe pensare di fornirgliene uno, cominciando a immaginare strumenti nuovi per sostenere l’occupazione per il territorio e per il lavoro, non commiserarsi nei limiti di ciò che un’amministrazione può o non può fare.
Andrea Bertolino