Rubrica Contronatura
Un paio di volte mi è accaduto un fatto strano, per me. Recatomi in dolce compagnia (non pensate male, la dolce compagnia è la mia ufficiale compagna) presso un ristorante in Valchiusella, alla richiesta che mi servissero in tavola l’ottima acqua della valle mi fu risposto che non potevano farlo: solo acqua minerale. Lì per lì non mi sono scomposto, ho pensato che esistesse una normativa che limitasse l’uso dell’acqua del sindaco in alcuni pubblici esercizi. Ho cortesemente rifiutato ripiegando sulla birra. Non volevo suscitare polemiche e poi non ho dato soverchio peso alla questione. Però non vado più volentieri in quel locale anche se ho tralasciato problema.
Ma, poco tempo fa, mi è accaduto di ricevere uguale tendenziosa risposta in un altro locale canavesano, per altro con ottima cucina (sempre in dolce compagnia!). Siccome non mi piace far polemica, non abbiamo preso acqua, ma solo ottimo vino. Comunque pare che l’acqua provochi la formazione di rane nel nostro apparato digerente. Poi ci ho ripensato: ho provato a consultare le normative non rinvenendo alcun divieto all’utilizzo di acqua potabile nei ristoranti; non contento ho posto la questione ai responsabili della ristorazione dello ZAC dove si serve normalmente, e gratuitamente, l’acqua del sindaco, la risposta ha suffragato i miei dubbi: non esistono divieti al riguardo.
Allora, cosa devo pensare? E cosa ne pensereste voi? Citando uno dei più influenti e ironici politici italiani del novecento, Giulio Andreotti, potrei dire: “A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina”. In realtà fu lo stesso politico ad ammettere di aver sentito la frase per la prima volta nel 1939 pronunciata dal cardinale Francesco Marchetti Selvaggiani, Vicario di Roma. Il cardinale a sua volta citava colui a cui va attribuita la paternità della frase: papa Pio XI (Achille Ratti), che la espresse nella forma: “A pensar male del prossimo si fa peccato ma si indovina”.
Il malevole pensiero sovvenutomi è banale, l’acqua potabile deve essere servita gratuitamente, mentre la minerale si paga! Non può essere una questione sanitaria poiché la potabilità dell’acqua che sgorga dai rubinetti è certificata da 12 campionamenti annuali effettuati da Arpa mentre che garanzie abbiamo sull’acqua imbottigliata? I controlli sono molto severi e ripetuti per le fonti minerali, ma prima che la bottiglia giunga a noi potrebbe aver subito deterioramenti.
Mi spiego. Mi è accaduto di vedere grandi quantità di bottiglie impacchettate esposte al sole d’estate presso supermercati. Mi rendo conto che potrebbe essere un caso rarissimo, ma poniamo caso che all’interno di una bottiglia vi sia una cellula, invisibile a occhio nudo, di un cianobatterio tossico che esposto a calore e luce si riproducesse e, senza manifestare la sua presenza, rendesse il liquido, almeno lievemente, tossico. Pura ipotesi, non so se sia mai accaduto. Però con l’acqua potabile che sgorga dalle condutture il rischio non esiste, anche perché spesso è trattata con cloro (pessimo odore di candeggina che a volte si sente uscire dal rubinetto). Certo il trattamento disinfettante delle acque potabile può essere un deterrente al consumo, ma basta mettere l’acqua in fresco per poco tempo affinché il cloro evapori e si perda il suo caratteristico e sgradevole odore, ma se voglio bere masochisticamente acqua al profumo di cloro al ristorante perché non lo posso fare; soprattutto in località montane dove il prezioso liquido sgorga dotato di ottime qualità organolettiche e non necessità di particolari interventi sanificatori? Continuo a pensar male di questa società che mercifica tutto anche le risorse che dovrebbero essere a tutti disponibili gratuitamente. A tal proposito ricordo che abbiamo vinto un referendum contro la privatizzazione dell’acqua, che con le solite formule burocratico/politiche è stato quasi completamente disatteso.
Diego Marra