Dalla nostra inviata in una (qualsiasi) scuola elementare
Quando avevo 6 anni e ancora non sapevo che avrei fatto la maestra, feci il mio timido ingresso alla scuola elementare.
Era un istituto privato, totalmente femminile, gestito da suore e la mia maestra era suor Riccardina. Il suo nome serpeggiava già nei corridoi della scuola materna, sussurrato da chi avrebbe avuto la sorte di capitare l’anno successivo nella sua classe. Nella foto del mio primo giorno di scuola trenta faccini spauriti di bambine guardano verso l’obiettivo, pietrificate nel grembiulino identitario della nuova condizione di alunne di scuola elementare.
Tutte concentrate, serie, tristi.
Suor Riccardina si rivelò all’altezza delle aspettative! Nei momenti di maggiore confusione, paragonabili al lievissimo chiacchiericcio di una classe di oggi, batteva con forza il pugno sulla cattedra e gridava con forza il suo incomprensibile “PACANARANINANU!” Bastava quello. Sessanta occhi si proiettavano terrorizzati verso di lei. In aula non si sentiva più neppure un respiro.
Ricordo anche altri “simpatici aneddoti” legati alla mia prima esperienza scolastica: tirate di orecchie, forbici aperte levate minacciosamente in aria, grida e insulti verso chi non imparava, discriminazioni verso chi, caso rarissimo all’epoca, era figlia di genitori separati. Insomma, un bell’ambientino in cui crescere e sviluppare le proprie potenzialità! Roald Dahl, forse le avrebbe dato il nome di Suor Spezzindue, come la direttrice della scuola elementare dell’ Istituto “Aiuto!”, nel suo libro “Matilde”.
Ne ho incontrate altre di insegnanti Spezzindue nella mia carriera scolastica. E forse per questo il mio ricordo più bello è legato alla Professoressa Bianchini, supplente per due brevi e indimenticabili mesi della prima media, la mia personale Signorina Dolcemiele. Conservo ancora le lettere che ci siamo scambiate per anni, in cui mi trasmetteva, anche a distanza, la sua dolcezza, l’interesse per me, come alunna e come persona, il desiderio di mantenere un rapporto tra noi. Ho scoperto anni dopo che quello che avevo capito attraverso l’esperienza diretta, erano e sono i principi teorici della pedagogia e della didattica: l’importanza del creare una relazione coi propri allievi, la capacità di accogliere emozioni e peculiarità di ognuno, di valorizzare i punti di forza, di stare bene insieme per poter apprendere. E così ora mi presento a voi con questo nome, che spero Roald Dahl mi conceda in prestito: Betta Dolcemiele. Un riferimento, un ideale, un mito a cui tendere e a cui non sempre riesco ad assomigliare.
Vi parlerò di scuola, così, semplicemente, condividendo con voi episodi di vita quotidiana e riflessioni di una maestra di una qualsiasi scuola primaria di oggi.
Betta Dolcemiele – Maestra