Il cantautore e musicista Fabrizio Zanotti porta il laboratorio di songwriting nel carcere di Ivrea
Nella Casa Circondariale di Ivrea si sta sviluppando un progetto speciale, nato grazie al CPIA 4 (Centro Provinciale Istruzione Adulti): un laboratorio di songwriting che coinvolge i detenuti del primo e del secondo piano dell’istituto.
Partecipano sia giovani che adulti, accomunati dalla volontà di raccontare sé stessi, la propria esperienza di vita e trasformarla in musica.
Il laboratorio è un percorso di scrittura creativa: si parte da testi grezzi, spontanei, che vengono lavorati e affinati fino a diventare vere e proprie canzoni.
La musica – racconta Zanotti – nasce seguendo le emozioni e le atmosfere delle storie raccontate, creando così un ponte tra vissuto personale ed espressione artistica. Uno degli obiettivi centrali del laboratorio è quello di restituire fiducia in sé stessi, permettendo a ciascun partecipante di dare voce a quella parte interiore che spesso rimane sopita, inascoltata.
Portare alla luce le proprie esperienze e trasformarle in canzoni diventa un processo profondamente terapeutico, quasi una forma di cicatrizzazione emotiva: ferite che fino a quel momento non erano mai state davvero ascoltate trovano finalmente uno spazio per esprimersi, con dignità e potenza. Arrivare a una canzone compiuta e cantarla davanti agli altri rappresenta un momento di conquista: è l’affermazione di un cambiamento possibile, della fiducia ritrovata, della possibilità di immaginarsi diversi, liberi.
Il 21 giugno, in occasione della Festa della Musica, si è tenuto un momento di restituzione aperto ai detenuti: un concerto dal vivo in cui i partecipanti hanno eseguito i brani nati durante il laboratorio. Un momento carico di emozione, in cui chi ha scritto ha potuto salire sul palco e condividere il proprio mondo interiore con i compagni. La risposta della platea è stata calorosa, entusiasta, commossa. Come conduttore del laboratorio, posso dire che è stata un’esperienza intensa, che mi ha permesso di comprendere profondamente il valore umano che può emergere anche in un luogo come il carcere. Portare questo tipo di attività tra le mura dell’istituto penitenziario è un passo importante per la nostra città: significa considerare la casa circondariale non come un luogo separato, ma come un quartiere della comunità, abitato da persone che non stanno esclusivamente scontando una pena, ma che stanno anche compiendo un percorso di riabilitazione con l’obiettivo di reinserirsi nella società in un modo completamente nuovo.
Nel carcere ho trovato grande sensibilità, storie potenti, e una forte volontà di cambiamento. Il laboratorio è un espediente narrativo e creativo che dà voce a quella parte profonda e spesso silenziosa dell’essere umano, che desidera riscatto, espressione, trasformazione.
Sapere che già qui, in carcere, esiste la possibilità di trasformare la propria immaginazione in un impeto verso il futuro, può dare forza a quella scintilla interiore che abita ogni persona — quella forza che permette di vincere anche i momenti più bui per una rinascita.
Simonetta Valenti