Questa piccola rubrica, senza troppe pretese, ambisce all’obiettivo di rendere tutti un po’ più partecipi della storia contemporanea di questa città, troppo spesso considerata irrilevante o povera di note degne di essere ricordate
Non si hanno informazioni più dettagliate sulle prime tracce carbonare ad Ivrea all’inizio dell’800, ma a prescindere dalla data di “fondazione” della vendita ad Ivrea, da chi fu composta questa setta segreta eporediese? Quali e quanti membri contò tra le sue fila? È indubbiamente complesso e difficile risalire ad una cifra anche solo approssimativa di coloro che parteciparono alla nascita questo movimento liberale. Il carattere di segretezza, infatti, costrinse questo nucleo a lasciare poche tracce scritte del suo passaggio, proprio per evitare di essere scoperto durante il nascere di quegli avvenimenti.
Elena Pinoli Maritano, tuttavia, nel suo libro Ivrea e il canavese nella rivoluzione piemontese del 1821 mette in evidenza i nomi di coloro che con ogni probabilità formarono se non la totalità della carboneria ad Ivrea, quanto meno la parte intellettualmente e pragmaticamente più attiva e coinvolta.
Il principale promotore, incitatore e capo di quest’organizzazione fu il Conte Alerino Palma di Cesnola, la cui figura sovrastò su tutte le altre. È molto probabile che senza il suo intervento, la sua guida e i suoi costanti contatti con il resto della Federazione torinese, poco o nulla si sarebbe potuto ottenere ad Ivrea. Egli mise a disposizione non solo le sue competenze intellettuali, bensì anche le sue abitazioni, le sue esperienze militari e le sue doti in fatto di retorica maturate durante i suoi studi per diventare avvocato. Il “secondo” in carica e maggior coadiutore fu l’avvocato Gioachino Trompeo, di origini biellesi, trasferitosi successivamente ad Ivrea e divenuto avvocato fiscale per la provincia. In assenza del Conte Palma, il dottore Negri fu incaricato di accettare i nuovi Federati e tenere il «registro ed il portafogli della Federazione». Al signor Ricetti, a causa dei suoi frequenti spostamenti a Torino, venne affidato il ruolo di interlocutore privilegiato con i compagni carbonari esterni ad Ivrea al fine di mantere vive le relazioni con il capoluogo.
Tra gli altri nomi troviamo, in primis, Pier Alessandro Garda. La storia ha già provveduto a rendergli sufficiente gloria; sia qui sufficiente ricordare il fatto che fu partecipe all’insurrezione della Cittadella di Torino ed autore dei Ricordi sulla Rivoluzione del 1821. Altri membri appartennero alle file di questa società segreta: tra i residenti d’Ivrea: il mercante Marcello Biava, l’architetto Vincenzo Zani del Fra, Giorgio Chiodi, l’esattore Clerico, il caffettiere Boschis; tra quelli di Borgomasino Vittorio Ajmini, ex capitano al servizio francese; di Caravino il signor Perinetti; di Parella il medico Gatta e Giuseppe Giacosa; di Vische il signor Sala; di Rivarolo il fratello del Conte Palma, Maurizio e il signor Preverino; della valli di Brosso e di Vico l’avvocato Bertarione, l’avvocato Giuseppe Chialiva e suo figlio Abbondio, i notai Fontana Rava, Barro, Vola e Gillio. Tra le fila si annoverano anche alcuni ufficiali, tra cui spicca la figura del tenente dei carabinieri Allemandi, il quale ebbe relazioni anche con Mazzini.
A dirla tutta, gli Allemandi con i quali il Mazzini ebbe relazioni furono due: Benedetto, il padre, che svolse azioni non del tutto secondarie negli avvenimenti del 1821 e del 1834, e Michele Napoleone, il figlio, che dopo aver esordito nel 1834 acquistò una certa rinomanza nelle vicende del 1848 quale comandante delle truppe volontarie lombarde. Sono, infine, da citare i sottotenenti Fumel, Molinatti del reggimento Aosta ed il signor Ferraratti della Legione Reale Leggera.
Come si può notare, l’elenco degli appartenenti o simpatizzanti alla società della Carboneria eporediese è piuttosto numeroso e annoverò, tra le sue fila, sicumente anche contadini, valligiani o popolani che non hanno lasciato in eredità alla storia il loro nome. Che anche una parte della popolazione aderì alle insurrezioni carbonare è confermato dal fatto che molti abitanti della Val Chiusella si presentarono in prima persona alle “chiamate alle armi”.
Andrea Bertolino