Cold War
film di Pawel Pawlikowski
con Joanna Kulig, Tomasz Kot, Borys Szyc, Agata Kulesza, Cédric Kahn, Jeanne Balibar.
Polonia, 2018, 85 min.
Nella Polonia alle soglie degli anni Cinquanta, la giovanissima Zula viene scelta per far parte di una compagnia di danze e canti popolari. Tra lei e Wiktor, il direttore del coro, nasce un grande amore, ma nel ’52, nel corso di un’esibizione nella Berlino orientale, lui sconfina e lei non ha il coraggio di seguirlo. S’incontreranno di nuovo, nella Parigi della scena artistica, diversamente accompagnati, ancora innamorati. Ma stare insieme è impossibile, perché la loro felicità è perennemente ostacolata da una barriera di qualche tipo, politica o psicologica.
Premiato per la regia a Cannes 2018 e trionfatore agli EFA, gli Oscar europei, con 5 statuette per miglior film, regia, montaggio, sceneggiatura e attrice, Cold War è uno straordinario melodramma al di qua e al di là della cortina di ferro, raccontato per frammenti, balzando in avanti negli anni tra una dissolvenza in nero e un’altra.
Dove, come, quando?
Martedì 23 luglio
Ore 22.00
Nel cortile del Museo di piazza Ottinetti
In caso di maltempo: presso Oratorio San Giuseppe
Costo biglietti:
Intero: 6€
Ridotto: 5€*
*La riduzione si applica ai minori di 25 anni, ai soci dell’associazione RosseTorri e a tutti coloro che si presenteranno con il biglietto d’ingresso del Museo Civico Garda. Le riduzioni non sono cumulabili.
Cosa ne pensano gli altri?
Dal suggestivo e trascinante folk tradizionale si arriva alle contaminazioni jazz parigine di fine anni ’50, e lo sviluppo dei due personaggi (interpretati con una classe rara, e Joanna Kulig – già vista in Ida – farà parlare di sé) è inscritto nei cambiamenti emotivi che un mutamento così repentino e cruciale di quell’epoca portava con sé.
Forma e racconto si amalgamano per un’operazione che vagamente potrebbe ricordare il Frantz di Ozon, anche se qui l’asticella si alza in favore di una portata romantica maggiore: basti pensare alla dedica finale di Pawlikowski, “ai miei genitori”, che con i due protagonisti condividono il nome di battesimo (Wiktor e Zula) e gran parte di una storia d’amore travagliata: “Erano entrambi due persone forti e meravigliose, ma come coppia un infinito disastro”, ha detto lo stesso regista.
Che in Cold War – premiato per la regia a Cannes 2018 e trionfatore agli EFA, gli Oscar europei, con 5 statuette per miglior film, regia, montaggio, sceneggiatura e attrice – li riporta in vita (sono entrambi morti nel 1989, poco prima che venisse abbattuto il Muro di Berlino) per farli tornare a suonare, cantare e danzare quell’amore così travolgente e impossibile, tra la natia Polonia, la Berlino divisa, la Jugoslavia e la Parigi bohémien dove ogni cosa sembrava possibile, ma la purezza del primo incontro sembrava perduta.
E allora meglio rimettere in discussione ogni cosa, ogni occasione di soddisfazione artistica e personale, e riassaporare la nostalgia di quella chiesetta diroccata nel fango. Per poi osservare l’orizzonte da una panchina. E spostarsi di nuovo: “Andiamo dall’altra parte, la vista è migliore da lì”.
(Valerio Sammarco, da Cinematografo)