Ivrea sarà ancora ospitale e abitabile tra trent’anni?

Serata di presentazione del libro di Filippo Tantillo dal titolo “L’Italia vuota. Viaggio nelle aree interne”. Al tavolo dei relatori anche Nevio Perna ed Ettore Macchieraldo di Legambiente Dora Baltea. Tantillo: «la pubblica amministrazione fatica a superare il campanilismo, non apprende e non impara»

Nevio Perna, Filippo Tantillo ed Ettore Macchieraldo

La corsa di un autobus tagliata, un’ala dell’ospedale spostata altrove, un medico andato in pensione e non sostituito, una scuola chiusa per carenza di nuovi nati e accorpata ad un’altra più vicina.
Sono notizie all’ordine del giorno in Canavese, titoli da prima pagina che raramente scaldano il cuore delle persone, salvo accendere brevi attimi d’indignazione che durano il tempo di un caffè al bar. Disservizi diffusi che sommati e inseriti in un arco temporale più ampio restituiscono l’immagine di un territorio che è da tempo in deficit di servizi e che per questo motivo entra a buon diritto all’interno della definizione di aree interne.
Ma cosa sono le aree interne? A questa domanda si è provato a rispondere venerdì 13 ottobre allo ZAC d’Ivrea durante la presentazione del libro di Filippo Tantillo dal titolo “L’Italia vuota. Viaggio nelle aree interne”. Tantillo è stato per anni ricercatore e consulente della Strategia Nazionale per le Aree Interne promossa dall’allora Ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca, un progetto ambizioso che mirava (e mira tutt’oggi) alla riattivazione delle aree e delle municipalità remote, trascurate e abbandonate del Paese. «Il progetto nacque dall’esigenza di compensare gli enormi squilibri che le politiche di austerità avrebbero arrecato ai territori e indirizzare parte della spesa pubblica verso le aree più critiche – spiega Tantillo – Con Aree Interne arrivammo a identificare tutti quei territori in dificit di servizi in un contesto di perdita di popolazione. In poche parole territori abbandonati a loro stessi».
Ed è proprio nell’ottica di guardare al territorio canavesano come area interna che la discussione ha preso forma, a partire dall’analisi di Nevio Perna di Legambiente Dora Baltea: «l’idea delle aree interne rappresenta innanzitutto un filtro attraverso cui leggere i processi dell’ultimo secolo e imparare a conoscere le fragilità di questo paese. Questo territorio negli ultimi 30 anni, dalla fine dell’Olivetti in poi ha vissuto una radicale trasformazione del mondo del lavoro». «Stando agli ultimi dati disponibili del Centro per l’Impiego d’Ivrea – ha illustrato Perna – oggi meno del 25% degli occupati è nell’industria e nel 2022 circa il 90% dei contratti avviati sono stati di tipo precario. Inoltre il 75% delle aziende conta oggi meno di 5 dipendenti».
Ad aggravare uno scenario già di per sé sconfortante si aggiunge inoltre il fenomeno ormai conosciuto come “inverno demografico”: «viviamo in un processo strutturale di caduta della natalità e d’invecchiamento della popolazione. In Piemonte il tasso di natalità è negativo da 9 anni e la situazione non cambierà».
Tutti questi elementi contribuiscono a generare un forte stress al mondo dei servizi locali; “stress” che si traduce nella perdita di capacità di attrarre persone in grado di abitare il territorio canavesano. La diminuzione di abitanti, a sua volta, produce abbandono di case e immobili (si pensi ai centri urbani) che andranno a perdere valore sia per l’incuria sia per la mancanza di servizi di prossimità. In altre parole la perdita di abitanti produce perdita di servizi, che a loro volta scoraggeranno le persone a comprare e affittare immobili, determinando un’ulteriore riduzione di abitanti che nuovamente scoraggerà l’ente pubblico a investire sui servizi locali e via discorrendo.

Dovremmo quindi pensare che il progressivo impoverimento e abbandono dei territori sia il risultato di un “processo storico” antropologico, sociale e materiale inarrestabile? Per Tantillo non è così in quanto sebbene la “mappatura” delle aree interne contribuisca a far luce sulla complessità e dinamicità dei territori (al di là delle scelte contingenti degli enti pubblici), la pubblica amministrazione ha colpe e responsabilità ben precise. «Su molti temi la pubblica amministrazione è immobile e non solo fatica a superare il campanilismo, ma non apprende e non impara». Tantillo ha citato l’esempio del Portogallo e la sua proposta di legge “anti AirBnb”: «il Portogallo ha tanti immobili sfitti e tante persone che non riescono più a stare al passo con l’aumento degli affitti, un po’ come succede da noi a Milano con gli studenti. Benissimo: senza intaccare la proprietà privata lo Stato portoghese “gestirà” gli immobili vuoti sub-affittandoli ai cittadini con prezzi calmierati». Perché non imparare ed emulare esperienze che possano arginare e invertire il processo di depauperamento dei territori?
Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento di Massimo Savio, dell’associazione Alzheimer La Piazzetta: «come associazione che si occupa della demenza senile portiamo la nostra esperienza. Siamo riusciti a mettere d’accordo otto sindaci della valchiusella per dare vita alla prima Dementia Friendly Community, ovvero la prima comunità diffusa inclusiva nei confronti delle persone affette da patologie neurodegenerative. È il territorio, la comunità che assume un ruolo terapeutico al di là dei servizi che offrono le strutture come gli ospedali e gli ambulatori».

Malgrado l’enorme lavoro di analisi dei territori svolto da Tantillo («è da 25 anni che giro l’Italia in lungo e in largo») per gli abitanti del canavese il progetto delle aree interne è fermo al palo, visto e considerato che non siamo stati inseriti all’interno delle 72 aree pilota della Strategia Nazionale delle Aree Interne. Il libro rappresenta tuttavia un utile strumento di riflessione sulle criticità dei servizi pubblici e quali approcci adottare, se pur da una prospettiva “di buon governo”.

Andrea Bertolino