Dal “Polo della cultura” al “Distretto della cultura e del loisir“, mentre l’emergenza sanitaria rischia di far scomparire tante piccole e medie attività culturali del territorio. Prosegue il dibattito con un’intervista ad Andrea Benedino.
Su queste pagine, un paio di settimane fa, veniva segnalato come grave, in particolare a Ivrea e nell’Eporediese, “il rischio di scomparsa delle tante (piccole e medie) realtà che si occupano di produzione, programmazione e gestione di attività culturali” e si proponeva alla da poco nominata (il 6 marzo scorso) assessora alla Cultura del Comune di Ivrea, Costanza Casali, di “iniziare a interloquire con gli operatori culturali della città, ascoltando le segnalazioni dei principali problemi e le proposte per una ripartenza”. Ricordando anche come, nella situazione determinata dalla pandemia, fosse da prendere in considerazione anche localmente l’intenzione, avanzata dall’assessora regionale alla Cultura, di “passare dal progetto al soggetto”, cioè di destinare “a favore delle imprese del settore le risorse risparmiate per gli eventi annullati”.
Sempre un paio di settimane fa, in un’intervista a La Sentinella del Canavese del 29 aprile, Andrea Benedino (assessore alla Cultura del Comune di Ivrea nella precedente amministrazione Della Pepa e oggi consigliere comunale del PD) lanciava un dibattito sul futuro della città proponendo di ripartire da cultura e turismo con un “progetto condiviso”. Un progetto che nascesse “da una prima fase di ascolto delle situazioni di crisi” per poi provare a mettere insieme tutte le energie, tenendo conto delle “tante carte da poter spendere” che hanno Ivrea e il Canavese in uno scenario che prevede nel prossimo periodo “un boom delle località minori e una riscoperta del turismo regionale”. Tra le “carte” indicate da Benedino: la Via Francigena, la chiesa di San Bernardino prossimamente in gestione al FAI e le connessioni con il castello di Masino e il sito Unesco, i progetti avviati sul turismo legato agli sport outdoor. Una “partita” da giocare – sosteneva ancora Benedino – con “un ruolo forte a livello di leadership territoriale” da parte del Comune di Ivrea che, insieme alla Fondazione Guelpa, dovrebbe confermare gli stanziamenti ipotizzati e ridefinire i criteri con cui emanare i bandi per poterli erogare, tenendo conto che «ci sono tante associazioni culturali locali, scuole di musica e di danza, realtà museali pubbliche e private che, senza queste risorse, rischiano di soccombere».
Su questi temi, intervistata da La Sentinella del Canavese, è intervenuta lunedì [11 maggio] l’assessora del Comune di Ivrea, Costanza Casali, che ha esordito sostenendo che la cultura non può «assolutamente essere ridotta solo al welfare» e che sosterrà «i progetti meritevoli che pongano in campo competenze reali ed abbiano capacità di acquisire valore anche fuori dall’Eporediese» perché «Ivrea diventi un polo di attrazione turistico-culturale. Come? Lavorando in sinergia con il comparto turistico ai fini della creazione di pacchetti ad hoc in concomitanza con gli eventi». L’assessora ha aggiunto che il suo «sogno è quello di creare il distretto della cultura e del loisir che parta dal Museo Garda, passi per palazzo Giusiana e coinvolga i giardini adiacenti, la sala Cupola e tutto il versante della Dora», fiume sul quale, secondo le osservazioni da lei presentate al Piano Regolatore, dovrebbero essere realizzate piattaforme e strutture galleggianti, «luoghi dinamici di incontri, di movimento e di intrattenimento».
Nell’intervista l’assessora non ha fatto alcun cenno all’ascolto (e men che mai all’incontro o confronto o sostegno) delle tante realtà attive della città, mentre sulla Fondazione Guelpa ha confermato i «due temi per i quali mi sono battuta in veste di consigliera comunale»: biblioteca e modifica dello statuto.
Per andare avanti nel dibattito, abbiamo posto alcune domande ad Andrea Benedino.
Troppo spesso cultura e turismo vengono presentati come un binomio inscindibile. Ma la cultura è solo un “additivo” per promuovere pacchetti turistici? Non ha a che fare con la qualità del vivere e la capacità delle comunità di vedere la realtà e affrontare meglio la convivenza civile?
Non vedo contraddizioni. Io ritengo che la cultura abbia a che fare con l’identità di un popolo e di un territorio, abbia a che fare con la socialità dell’essere umano e con la sua storia, che sia parte del tessuto economico delle nostre città e che sia quindi in questo senso anche strettamente connessa con il turismo, perché le persone si muovono anche per conoscere e imparare le culture di altri territori. In questo senso vedo delle grandi potenzialità turistiche per un territorio come il nostro, proprio perché ricco di cultura e con una grande storia da raccontare.
Il riconoscimento Unesco a Ivrea “città industriale del XX secolo” potrà certo arricchirsi con il passaggio della gestione al FAI della chiesa di San Bernardino, ma non è di per sé (e non solo per le architetture) un patrimonio che potrebbe e dovrebbe connotare il territorio culturalmente?
Il riconoscimento Unesco di Ivrea “città industriale del XX secolo”, contrariamente a quello che pensavano molti detrattori di quella candidatura, ha finalmente acceso i riflettori e l’interesse sul nostro territorio e l’interesse del FAI su San Bernardino non è che la conferma di questo, perché può consentire di restituire finalmente alla città la zona del Convento, da troppo tempo lasciata all’abbandono da parte della proprietà. E ciò lo si deve alla lungimiranza e alla generosità degli eredi di Camillo che hanno donato il bene al FAI individuandolo come il soggetto più autorevole e adatto a gestirlo. Compito della politica è avere uno sguardo d’insieme ed in questo affresco io ci vedo gli investimenti di Icona, la nuova sede del Museo Tecnologic@mente, il recupero della zona del Convento e la restituzione al pubblico di San Bernardino, così come la ripresa del progetto che avevo avviato a suo tempo assieme alla Fondazione Torino Musei per portare nella palazzina del CED dietro a Palazzo Uffici i depositi dei musei della Fondazione, e magari anche di altri musei civici regionali che necessitano di spazi adeguati per i loro depositi. Ci vedo la nuova sede dell’Archivio Storico Olivetti e ci vedo le possibili sinergie dal punto di vista sia culturale che turistico con Masino, considerando che due dei tre beni FAI del Piemonte sarebbero canavesani. Più questo territorio saprà caratterizzarsi culturalmente e più renderà onore anche alla sua “storia olivettiana”. Le idee su cui lavorare, come vedi, non mancano: quello che manca in questo momento è un soggetto in grado di metterle in pratica, di coordinare i rapporti con i tanti soggetti in campo, pubblici e privati. Quello che manca e di cui ci sarebbe un gran bisogno è l’ente gestore del sito Unesco, su cui siamo in terribile ritardo.
La precedente amministrazione comunale di Ivrea, nella quale eri assessore, aveva elaborato e presentato il “Polo della cultura”, ora l’assessora Casali parla di “Distretto della cultura e del loisir” e di piattaforme sulla Dora. Quali similitudini e quali distanze ci sono tra i due “titoli”?
Trovo condivisibili molte delle affermazioni della nuova assessora, cui mi lega un rapporto di stima, pur nelle differenziazioni politiche. Vedo senz’altro una differenza di approccio più in generale. Nel breve periodo del mio assessorato ho cercato di fare dell’ascolto e del confronto con le tante realtà culturali del territorio un metodo di lavoro. Ciò mi ha consentito anche di scoprire tante realtà che non conoscevo così nel dettaglio. Il progetto del “Polo della cultura” nasceva proprio da un confronto, sviluppato nel corso di diversi incontri pubblici organizzati in collaborazione con la Fondazione Guelpa, con l’obiettivo di non calare un progetto dall’alto. Si è discusso per mesi sul modello di biblioteca di nuova concezione, del ruolo dei centri culturali in una comunità, delle sinergie da costruire e sviluppare tra biblioteca e Museo Garda e di come accompagnare i progetti architettonici a dei progetti di sostenibilità economica. Il progetto del “Polo culturale” si è fermato per il breve tempo che ho avuto a disposizione e per lo stop dell’Ufficio Tecnico che ha impedito di far partire il bando di progettazione in due fasi in assenza di un’analisi statica e sismica dell’ex Cena. Tra gli ultimi atti della nostra Giunta c’è stato quello di commissionare quell’analisi, di modo che chiunque arrivasse dopo di noi potesse ripartire di lì. Ecco, se non vogliamo perdere i prossimi anni a discutere astrattamente e inutilmente di dove mettere questa benedetta biblioteca, io ripartirei di lì, magari commissionando un’analisi comparativa dei pro e dei contro delle varie soluzioni, da un ex Cena parzialmente demolito a un Palazzo Giusiana. Un’analisi costi-benefici delle varie soluzioni per dare ai decisori gli elementi per decidere. All’assessora Casali mi permetto di rispondere che va bene il “loisir”, ma che vedo un po’ complicato installare delle piattaforme galleggianti su un fiume, come la Dora Baltea, che ha forti variazioni di portata.
Rispetto alla crisi che molte realtà culturali del territorio stanno vivendo a causa dell’emergenza sanitaria quali sono le tue proposte?
Propongo innanzitutto che tutte le risorse che le amministrazioni avevano stabilito di dedicare a cultura e turismo restino impegnate su questi settori, indipendentemente dal fatto che si svolgano o meno le rassegne. In secondo luogo, propongo che si avvii una veloce fase di ascolto delle varie realtà culturali della città per verificare le criticità e capire quindi come impostare i bandi per l’erogazione dei contributi in modo efficace per sostenerle. Propongo che ci immaginiamo di accompagnare il ritorno alla normalità e alla socialità dei nostri bambini con iniziative culturali da costruire con le associazioni del territorio a partire dai Centri Estivi per proseguire con il prossimo anno scolastico, destinando a questi progetti risorse importanti. Perché investire sulla vocazione culturale di un territorio significa anche far crescere questa consapevolezza nel pubblico di domani.
a cura di ƒz