Intervista a Patrizia Dal Santo, assessora alle politiche sociali del Comune di Ivrea

Trascorso poco più di un anno dall’insediamento della nuova giunta eporediese, intervistiamo l’assessora alle politiche sociali Patrizia Dal Santo. Le chiediamo di presentarci un quadro del contesto sociale della città e gli interventi già avviati e quelli in programma. Emerge un peggioramento delle condizioni sociali per tanta parte della cittadinanza per la quale l’assessorato guidato da Dal Santo, in sinergia con gli altri assessorati e gli altri soggetti esterni, sta lavorando intensamente per contenere il disagio e costruire soluzioni.

Partiamo da alcuni dati. Qual è il quadro della condizione sociale nella nostra città. E com’è oggi rispetto a qualche anno fa?

Rispetto al passato la condizione sociale della città, e in generale del nostro territorio, è in progressivo peggioramento sotto molti punti di vista. Non voglio qui approfondire i motivi della crisi che è economica, ma anche sociale e psicologica, ma sicuramente il periodo della pandemia ha fatto da spartiacque, compromettendo drammaticamente la situazione delle famiglie e delle persone già in equilibrio fragile e problematico.

Il quadro che emerge dal Consorzio INRETE, a cui, com’è noto, sono delegati gli interventi in campo socio-assistenziale, è molto indicativo: a fronte di una diminuzione lenta, ma progressiva della popolazione dei 42 comuni che aderiscono al Consorzio (da 70.093 abitanti nel 2019 a 68.360 nel 2023) sale costantemente il numero delle persone prese in carico dai servizi sociali, che passa dal 4,69% nel 2019 al 5,21% nel 2023. Di queste, è sempre maggiore il numero degli adulti, che costituiscono il 43% del totale degli utenti: mentre in passato gli interventi del consorzio erano prevalentemente rivolti a minori, anziani e disabili, oggi una gran parte delle risorse deve essere rivolta agli adulti con gravi difficoltà economiche e con le conseguenti problematiche sul piano relazionale, sociale e di stabilità emotiva. Almeno, negli anni scorsi, per questo tipo di difficoltà il Consorzio aveva potuto contare sul Reddito di Cittadinanza, che, con tutti i suoi limiti, era una misura universalistica, in grado di sopperire abbastanza significativamente alla mancanza di reddito adeguato e anche, diciamolo, di proteggere le persone più fragili dal ricatto di un lavoro sottopagato e degradante. Adesso, con l’introduzione dell’Assegno di Inclusione, siamo tornati a una misura condizionata, che lascia scoperte e abbandonate larghe fette della popolazione e aumenta la situazione di disagio di tanti cittadini e cittadine. Spesso si tratta di “nuove” povertà, persone che improvvisamente restano senza lavoro o si separano e devono uscire di casa o si ammalano, e che, in mancanza di una rete di sostegno familiare o amicale, entrano in fortissima crisi e sono particolarmente vulnerabili perché faticano a chiedere aiuto e ad accedere al sistema dei servizi.

La conseguenza è un aumento costante del bisogno, anche per beni di base, come il cibo, la casa, la salute. Dai dati della Caritas sappiamo che l’anno scorso sono state più di mille le persone che si sono rivolte ai loro volontari per ricevere la borsa alimentare o per chiedere il pagamento di bollette o ticket sanitari, quando erano 300 nel 2012. Il servizio casa del Comune di Ivrea, che mi compete come Assessorato alle Politiche sociali, ha registrato dopo il Covid un fortissimo aumento delle situazioni di emergenza abitativa: da circa 40 casi nel periodo precovid si è passati a dover gestire una sessantina di casi nel 2021 e nel 2022, in un quadro generale dove aumenta la richiesta di “case popolari” (sono più di 130 i nuclei nella vecchia graduatoria per l’assegnazione e una sessantina di nuovi casi si aggiungerà con l’approvazione della nuova graduatoria) e la disponibilità di alloggi è completamente bloccata sia nel settore dell’edilizia residenziale pubblica che sul libero mercato. In questo campo infatti scontiamo un ormai trentennale disinvestimento dello stato nelle politiche sulla casa: in Italia secondo Eurostat nel 2021 si investivano appena 11,50 euro per la casa contro una media europea di 104,5 euro (199 euro in Germania e 210 in Francia) e il governo Meloni ha ulteriormente depotenziato il Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alla locazione e azzerato il Fondo morosità incolpevole. La conseguenza è che l’Agenzia Territoriale per la Casa a cui è affidata in Piemonte la gestione delle case di edilizia pubblica, anche quelle di proprietà comunale, non ha le risorse per finanziare i lavori di manutenzione degli alloggi che sono sempre più degradati e spesso non possono proprio essere assegnati: a Ivrea su 356 unità di edilizia popolare, una sessantina sono vuote perché necessitano di lavori di manutenzione ordinaria o straordinaria o perché sono state inserite nel piano vendite da ATC proprio per “fare cassa”.

Un’altra conseguenza della crisi economica e sociale che attraversiamo è la povertà educativa di cui soffrono molti bambini e bambine, ragazzi e ragazze, cioè la mancanza di opportunità di sviluppo e di crescita al di fuori della scuola, ma anche l’assenza di figure di riferimento adulte stabili e “presenti” che possano sostenerli e sostenerle nel percorso scolastico. La povertà educativa e il disagio emotivo che sta investendo in misura sempre maggiore i più giovani dal periodo di pandemia, causano sempre più frequentemente isolamento, abbandono scolastico e dispersione.

Infine non dobbiamo dimenticare un altro elemento che aumenta la fragilità del nostro sistema sociale che è l’invecchiamento. A Ivrea a fronte di un 10,89% di minori under 14 (dati 2021), abbiamo un 29,33% di anziani over 65 e l’indice di vecchiaia (numero di anziani su 100 giovani) è passato da 229,2 nel 2011 a 269,4 nel 2021, ed è in costante crescita.  Molti di questi anziani inoltre vivono soli, senza una rete familiare presente e attiva, e sono quindi particolarmente esposti a problematiche di spostamento e di accesso ai servizi, oltre che a rischi di peggioramento delle condizioni di salute su cui è difficile vigilare e intervenire tempestivamente.

In questo contesto qual è la linea che caratterizza la vostra idea sulle politiche sociali? Quale il piano e quali gli obiettivi?

L’attenzione alle politiche sociali è una priorità per la nostra Amministrazione: l’idea di una città che non lascia indietro nessuno e che si prende cura prima di tutto dei più fragili è al cuore del nostro programma, a cui Laboratorio Civico ha contribuito con tutta la passione e le competenze di persone che vengono dal lavoro nella società civile, al fianco dei cittadini e delle cittadine. Direi che, simbolicamente, l’aver assegnato il ruolo di Vicesindaca all’assessora alle politiche sociali dà un chiaro segnale in questa direzione.

Concretamente significa investire risorse per mantenere, e se possibile migliorare, i servizi che il Comune ha sempre garantito e che sono anche un riferimento per tutto il nostro territorio. Cosa non facile in un momento in cui gli enti locali si trovano a ricevere sempre meno finanziamenti pubblici e a dover sostenere sempre maggiori spese: c’è un problema di disponibilità di spesa corrente che sta mettendo veramente in ginocchio i Comuni, soprattutto di piccole dimensioni, e sta riducendo fortemente la possibilità di fare scelte politiche. Ciononostante abbiamo voluto mandare un segno forte di sostegno alla spesa sociale, decidendo di aumentare la quota del Fondo di Solidarietà Comunale dirottata sul Consorzio INRETE, passandola dal 65% che aveva stabilito la precedente amministrazione all’80%: è stato l’aumento più consistente, praticamente l’unico, previsto nel bilancio 2024. Abbiamo confermato, con risorse tutte nostre, in assenza per ora delle risorse regionali o statali di cui il Comune aveva beneficiato gli anni scorsi, servizi importantissimi per sostenere le famiglie con figli, soprattutto in presenza di problematiche economiche o di disabilità, a partire dal servizio nido, che abbiamo esteso anche al mese di agosto, al contributo per la frequenza ai centri estivi, al rifinanziamento dei percorsi di sostegno scolastico pomeridiano per le scuole Falcone e Arduino,  alla riapertura dei Centri di Aggregazione Giovanile, rivolti all’età 11-14, che riteniamo misure importanti di contrasto alla povertà educativa e di prevenzione della dispersione e del disagio.

Dall’altro lato stiamo cercando di immaginare approcci e strumenti innovativi sia per reperire risorse sia per affrontare i problemi in modo nuovo e complessivo. Nel campo delle politiche per la casa ad esempio, sto lavorando, con il grande supporto degli uffici, a costruire un piano di soluzioni che affronti in modo sistemico le diverse tipologie del bisogno abitativo, che vanno dal livello di bassa soglia delle persone senza fissa dimora, all’emergenza abitativa, alla ricerca di alloggi ad affitto calmierato, all’housing temporaneo richiesto da professionisti, giovani, persone in formazione. Parallelamente al lavoro consueto di interlocuzione con ATC per monitorare la gestione delle case popolari e provare ad accelerare gli interventi manutentivi con risorse comunali, almeno per gli alloggi di nostra proprietà, insieme al Consorzio INRETE partecipiamo alla seconda edizione del progetto Living Better, progetto biennale, finanziato dalla Compagnia di San Paolo, che comprende azioni sul tema del lavoro e azioni sul tema dell’abitare. Con questo progetto, attraverso associazioni e cooperative sociali del territorio, stiamo rendendo disponibili soluzioni abitative per nuclei ad alta complessità, che necessitano di molto supporto e accompagnamento, ma stiamo anche dando gambe al progetto Tenda, che si propone come intermediario tra proprietari di case inutilizzate e persone o famiglie che necessitano di abitazioni molto economiche per superare un momento di crisi e rimettersi in condizioni di poter accedere a un affitto sul libero mercato: l’aspetto innovativo di questo progetto sta proprio nel non volersi  limitare a dare una risposta istituzionale al problema, ma nel cercare il coinvolgimento della comunità tutta, singoli proprietari, Comuni, enti religiosi e privati, nell’innescare un cambiamento positivo per la qualità dell’abitare sul nostro territorio. Inoltre, per provare a sbloccare la resistenza ad affittare, che ci porta ad avere nell’eporediese più di 1200 alloggi in vendita e poche decine in affitto, sempre con il Consorzio INRETE e con un paio di Fondazioni locali, stiamo provando a costruire un fondo di garanzia, mutuando il modello della città di Modena, che permetta al proprietario di sentirsi tutelato e sostenga l’inquilino nelle sue capacità di mantenere l’impegno di spesa. Più a lungo termine, sto lavorando con altri assessorati a progetti molto interessanti di mixitè abitativa, già sperimentati con successo in molte grandi città, capaci di far convivere le diverse esigenze di housing temporaneo, quelle turistiche, professionali e sociali, senza ghettizzazioni, in una logica di grande inclusività e apertura.

Un altro ambito in cui stiamo sperimentando risposte innovative a un bisogno crescente, è quello del decentramento di alcuni servizi di presidio socio-sanitario, per una presenza di prossimità: abbiamo incominciato a farlo nei quartieri di Bellavista e San Giovanni, consolidando la presenza degli ambulatori infermieristici e inserendo, grazie alla stretta collaborazione con l’ASL, la figura dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità. Si tratta di una figura sanitaria che ha il compito di agire proattivamente nella ricerca delle situazioni di bisogno, soprattutto della popolazione più anziana, di facilitare l’accesso al servizio più appropriato e di stimolare una risposta ai bisogni non solo sanitaria, ma di comunità, appunto, coinvolgendo tutte le realtà che possono contribuire a migliorare la socializzazione, gli spostamenti, l’attività fisica, il monitoraggio delle persone fragili. Sempre al servizio degli over sessantacinquenni abbiamo riaperto il Centro Anziani di San Lorenzo, anche qui sperimentando una nuova modalità di collaborazione con le associazioni, la Piazzetta Alzheimer e l’AISM, che hanno accettato di condividere con i volontari civici del centro l’utilizzo della sede, e di mettere a disposizione le loro competenze e le loro attività non solo per i soci, ma per tutto il quartiere. Attualmente sto lavorando con il Consorzio e con l’ASL ad una nuova progettazione per rispondere a un bando regionale sull’invecchiamento attivo, che parte proprio dall’approccio sperimentato nelle due precedenti situazioni, cioè del lavoro di rete con le associazioni, i comitati di quartiere e gli altri enti pubblici, e della prossimità intesa come uscire dal palazzo per incontrare i bisogni delle persone, con un grande lavoro di cucitura dell’esistente, per innescare ed accompagnare soluzioni creative dal basso.

La gestione operativa dei servizi sociali è demandata al Consorzio In.Re.Te., in che modo il Comune indirizza quindi le politiche sociali? E qual è il rapporto con altri soggetti, penso ad esempio all’Asl, per tutti quei casi che toccano più sfere dei bisogni umani?

La relazione con il Consorzio INRETE è ovviamente essenziale per il mio ruolo di Assessora alle Politiche sociali: ho avuto la sensazione, insediandomi, di dover ricostruire un rapporto di fiducia nell’azione del Consorzio che si era forse un po’ deteriorato con la precedente amministrazione; ciò non significa dare una delega in bianco per la gestione dei servizi sociali, ma invece far sentire una presenza che può essere di stimolo, di supporto o di collaborazione a seconda della situazione da trattare. Faccio parte, come è d’uso, del Comitato di Presidenza di INRETE dove con gli altri rappresentanti dei sindaci, possiamo approfondire e discutere tutte le scelte economiche e di indirizzo del Consorzio, ma soprattutto ho riportato il Comune a sedere ai diversi tavoli, che il Consorzio coordina, dove si affrontano le principali problematiche della nostra città. Ho già accennato ai tavoli di lavoro sulla casa e sugli anziani: lo stesso vale per le problematiche giovanili, che ci hanno portato a collaborare con le attività del nostro Spazio Arte Giovani alle azioni del progetto Canavese Comunità Competente, diretto alla prevenzione e all’intervento sul disagio mentale degli adolescenti e dei giovani, e per il tavolo “povertà” con cui stiamo immaginando modalità innovative di risposta all’emergenza alimentare e di lotta allo spreco di cibo.

Nella stessa ottica, anche con l’ASL stiamo ampliando gli spazi di incontro e di collaborazione. Oltre al percorso di concertazione con la Direzione del Distretto di Ivrea che ha permesso di realizzare i due ambulatori di infermieristica di comunità nei quartieri, sta cominciando a dare i primi risultati la collaborazione più stretta che, con il Sindaco, ho voluto iniziare con il Dipartimento di Salute Mentale per il monitoraggio e l’intervento tempestivo sulle situazioni di disagio mentale degli adulti. Con il Servizio di Neuropsichiatria Infantile siamo in contatto abbastanza stretto per la gestione dell’assistenza specialistica nelle scuole e per le varie iniziative sul disagio giovanile, con il SERD (Servizio per le dipendenze patologiche) abbiamo in piedi una bella collaborazione sul contrasto al gioco d’azzardo patologico, e con la Pediatria abbiamo iniziato un confronto proficuo sul miglioramento dei servizi per i bambini oncologici: in generale malgrado le criticità che l’ASL TO4, come molte, sta attraversando per la carenza di personale e di risorse,  ho notato una grande disponibilità al confronto e alla collaborazione in un’ottica di apertura del sanitario al sociale e di comprensione che la salute non dipende solo dagli interventi tecnici e specialistici, ma molto di più dalla qualità complessiva della vita, che solo tutti insieme possiamo garantire.

A quali di questi problemi o singoli casi siete già riusciti a dare delle risposte, quali sono invece più difficili da portare ad una soluzione?

Mi sembra che i risultati più interessanti comincino a venire sul piano delle politiche per il contrasto alla povertà educativa e al disagio giovanile, dove, in parte con i servizi che abbiamo riaperto, in parte con la collaborazione a progetti più ampi, siamo riusciti veramente a costruire una rete solida capace di intercettare i casi più bisognosi e di mettere in campo interventi efficaci.

Anche sul tema dell’abitare cominciano a vedersi i primi frutti delle progettualità avviate, ma questo resta un ambito molto più complesso e ostico, perché le ristrettezze del mercato e il malfunzionamento del sistema di residenzialità pubblica sono solo in piccolissima parte aggredibili con le risorse di un Comune. Per questo, le situazioni più difficili sono quelle che riguardano il bisogno abitativo, ancor di più quando si intreccia con problematiche psichiatriche o sociali complesse. Malgrado sia molto triste raccogliere il carico di sofferenza e di aspettative che queste persone portano, non è sempre così facile intervenire in modo risolutivo: il mio compito come assessora è di vigilare che tutti i servizi appropriati siano stati attivati e tutti gli sforzi per trovare una soluzione personalizzata siano stati fatti, senza agire con interventi ad personam, ma nel rispetto delle regole, perché le regole, in un sistema di risorse limitate, sono pensate proprio per tutelate i diritti di tutte e tutti.

Un’ultima domanda: Le politiche sociali toccano diversi settori dell’amministrazione pubblica e una gestione “interdisciplinare” è indispensabile, vi è sinergia con gli altri assessorati?

Certamente. Come dici tu è indispensabile che le deleghe dei diversi assessorati non costituiscano dei silos da cui non si riesce a uscire, ma che ci sia invece permeabilità tra i diversi campi d’azione, e devo dire che in generale questa impostazione è condivisa da tutta la giunta.

Per quanto riguarda le politiche sociali ci sono ovviamente grandi spazi di contatto con le deleghe dell’Assessora Colosso, con la quale infatti mi trovo spesso a collaborare. In particolare a breve lavoreremo insieme su un tema che riguarda lavoro e riattivazione sociale per riaprire in Comune alcuni Progetti Utili alla Collettività, i cosiddetti PUC, per i percettori dell’Assegno di Inclusione, e sarà interessante connettere, per alcune specifiche funzionalità, l’Osservatorio per il Lavoro su cui la collega sta investendo molte energie e l’Informagiovani che come assessorato alle Politiche Giovanili sto cercando di rinnovare e potenziare.

Con l’Assessore Fresc mi confronto costantemente sul tema del trasporto pubblico che ha un peso molto rilevante nel determinare l’accessibilità ai servizi, al lavoro e alla casa per le fasce più deboli della popolazione: insieme stiamo ragionando su un sistema di trasporto a chiamata che integri il servizio pubblico e abbiamo deciso uno stanziamento in bilancio per rifinanziare una tariffa agevolata per l’abbonamento ai bus per gli over 65, sulla base dell’attestazione ISEE.

C’è poi un tema che mi sta molto a cuore, che per sua natura si presta a un approccio trasversale ai vari assessorati e deve essere affrontato in un’ottica interdisciplinare, quello delle Politiche del cibo. Governare il sistema del cibo nella direzione di una maggiore sostenibilità e maggiore accessibilità per tutti e tutte permette di lavorare insieme sulla giustizia ambientale e sulla giustizia sociale, e molte azioni sono alla portata di un singolo ente pubblico. Nelle settimane scorse è stata convocata una commissione congiunta ambiente e politiche sociali, proprio per cominciare a conoscere e a affrontare questa tematica, con l’aiuto di esperti dell’università, di Città Metropolitana e della Regione: spero che alcune delle idee che ne sono emerse che riguardano il rapporto tra agricoltura sostenibile e consumo consapevole, lotta allo spreco alimentare e diritto a una sana alimentazione possano al più presto cominciare a concretizzarsi con il concorso di tutti gli assessorati interessati.

a cura di Cadigia Perini