Più di cento persone all’incontro “Quale Unione Europea con il Piano Draghi”? di mercoledì 29 gennaio. Competitività, tecnologia e rapporto con gli USA, ma anche democrazia, lavoro e partecipazione i tanti temi affrontati
Straordinaria partecipazione all’incontro di mercoledì 29 gennaio sul futuro dell’Unione Europea e sull’analisi critica del Piano Draghi promossa dal Forum Diseguaglianze e Diversità (Forum DD). L’incontro è stato organizzato dall’Associazione Rosse Torri in collaborazione con altre associazioni promotrici di un comitato locale de “La via Maestra” sul territorio (nello specifico ANPI, CGIL, Cooperativa ZAC, Legambiente e Nuovi Equilibri Sociali) che hanno sentito la necessità di aprire una discussione pubblica attorno alla domanda se sia inevitabile il micidiale mix di neoliberismo, autoritarismo e guerre che si sta producendo.
Ospiti della serata Fabrizio Barca e Andrea Morniroli, coordinatori del Forum DD (il primo economista e ministro per la coesione territoriale dal 2011 al 2013, il secondo eporediese attivo nel sociale a Ivrea in gioventù, da più di trent’anni si occupa di politiche e azioni di welfare a livello locale – a Napoli con la cooperativa sociale Dedalus – e nazionale) in dialogo con Giorgio Airaudo, segretario della CGIL del Piemonte.
«Il Piano Draghi è stato elaborato prima dell’arrivo di Trump. Il cambio di presidenza USA cambia qualcosa?» ha chiesto Rita Cola, giornalista e moderatrice della serata. «Il Piano è un suicidio a prescindere» ha dichiarato Barca senza mezzi termini, argomentando i vari problemi di questo rapporto sulla competitività europea: «il piano ignora la sfida demografica, ambientale e sociale, ma cosa ancora più grave sviluppa un coordinamento europeo in forma non democratica. A partire da un mandato d’incarico Draghi ha coinvolto circa 160 aziende e imprese e solo una voce sindacale, aggirando letteralmente il Parlamento europeo attraverso le “lettere di missione”, ovvero documenti spediti direttamente ai vari commissari che nel giro di poche settimane le utilizzeranno per indirizzare politicamente il loro lavoro, scavalcando la discussione collettiva. Lo sviluppo del PNRR ha fatto scuola e gettato le premesse per l’accentramento del potere decisionale».
Ma di quali indirizzi politici stiamo parlando? «Il Piano ha tante contraddizioni al suo interno: chiede ai paesi europei di non fare ulteriore debito e, in pratica, di fare austerity, ma esclude da quest’obiettivo il comparto militare che dal punto di vista economico è il settore meno produttivo che ci sia».
Il Piano denuncia poi un ritardo nello sviluppo di tecnologia e ricerca. Questo divario UE-USA esiste, ma il Piano attribuisce la causa del gap tecnologico a due fattori: da un lato il fatto che le imprese europee non raggiungono la grande scala produttiva di quelle USA poiché frenate dalla regolamentazione (leggasi “troppe leggi”) e da una politica della concorrenza che ostacola la formazione di “mega-corp”, dall’altro lato dal fatto che le università e i centri di ricerca non commercializzano a sufficienza i loro risultati.
Draghi cosa propone allora? Smontare il sistema di regolamentazione all’insegna della “semplificazione” (sul modello della deregulation americana), così da favorire la nascita di enormi concentrazioni tecnologiche necessarie per “fronteggiare” e rendersi indipendenti da quei paesi “non strategicamente allineati”. «Ma – chiede allora Barca – gli USA sono attualmente strategicamente allineati con gli interessi dell’UE? A me non sembra affatto». «Eppure – incalza ancora Barca – esistono delle alternative, come quella che aveva avanzato il Forum DD subito dopo la pandemia: avevamo proposto la costruzione di una grande agenzia pubblica per la produzione di farmaci per tutti e che lasciasse al cosiddetto “ultimo miglio” lo spazio alle aziende per vendere i farmaci, regolamentando in tal modo il mercato del farmaco, concentrando le conoscenze delle università e dei centri di ricerca e garantendo comunque spazio di manovra al mercato».
Andrea Morniroli si è poi concentrato sull’aspetto più sociale e anti-democratico del Piano: «Draghi ci dice che dobbiamo lasciare il commercio libero e potente perché la concentrazione di enormi quantità di ricchezza produrrà poi una ricaduta a pioggia sul resto della società. Solo che a differenza del passato la pandemia avrebbe dovuto insegnarci che non era così. Nel Piano c’è una frase che mi ha infastidito e che mi ha fatto saltare sulla sedia: dice che il sociale europeo dev’essere utilizzato per evitare che si “infiltri” di nuovo nella testa della gente l’idea che la globalizzazione produce povertà e disuguaglianze. Draghi ci sta dicendo di utilizzare le politiche sociali in un’ottica meramente contenitiva; le disuguaglianze vanno controllate e governate, non contrastate e ridotte».
Qui in Italia, in particolar modo, questa ricetta è già una realtà di fatto e con il governo Meloni appare oggi più chiara che mai. Da un lato si “tollerano” forme di sostegno alla povertà (purché indirizzate ai “poveri meritevoli”, come nel caso dell’assegno d’inclusione), ma dall’altro lato si producono leggi e norme atte a criminalizzare il dissenso e il disagio sociale.
Morniroli lo spiega con queste parole: «il provvedimento delle “zone rosse” nelle città è questo: togliere coloro che potenzialmente sono aggressivi e molesti, ma chi lo decide? Gli studenti e gli operai che scioperano e bloccano una strada sono aggressivi? Non è un caso che si stia tornando a parlare di riaprire i manicomi, perché il disagio va controllato e confinato dove non da fastidio».
Per queste e altre ragioni Morniroli lancia un appello ai presenti in sala: «chiedo davvero un’attenzione massima da parte delle forze organizzate e delle persone sul DDL Sicurezza. Se passa quella norma la nostra partecipazione va a farsi benedire. Penso che il DDL deve diventare un’urgenza democratica per ogni cittadino e cittadina che si ritiene democratico in questo paese, anche a costo della disobbedienza civile».
Giorgio Airaudo ha infine provato a rispondere alla domanda: cosa possiamo fare? «Non è facile rispondere a questo interrogativo perché i nostri problemi cominciano dagli anni ’70, quando la democrazia ha cominciato a non essere più praticata nei luoghi di lavoro. Barca ha saggiamente illustrato gli aspetti controversi del Piano Draghi e per assurdo credo che la sua applicazione lascerà l’UE senza un piano. Come sindacato pensiamo che sia centrale il tema della democrazia e della partecipazione; occorre mantenere aperti gli spazi democratici e aprirli laddove non ci sono. Tesla, per fare un esempio, ha la sua fabbrica in Germania, ma tiene fuori il sindacato da quei luoghi».
Proprio sul tema del lavoro e della partecipazione dei lavoratori alla vita democratica del paese Airaudo rilancia l’importanza dei referendum in primavera: «non ci sono ricette uniche, ma credo che i 4 referendum sul lavoro della CGIL e quello sulla cittadinanza rappresentino una buona occasione per dare un messaggio alle rappresentanze al parlamento che attualmente vedo molto disorientate e spaventate. Se anche non dovessimo raggiungere il quorum (26 milioni), ma riuscissimo a mandare a votare da 15 a 20 milioni di persone avremo comunque determinato un enorme fatto politico: avremo determinato un blocco, superiore al numero dei votanti (12 milioni) della coalizione di destra che governa oggi il Paese e in grado di porre una domanda alla quale qualcuno dovrà rispondere».
Il comitato promotore della Via Maestra a Ivrea dovrà impegnarsi per favorire questo processo di aggregazione e partecipazione politica e l’ottima riuscita di questa prima serata di approfondimento rappresenta un buon punto di partenza. Come si dice, chi ben comincia è a metà dell’opera.
Andrea Bertolino
Sulla pagina facebook di Varieventuali è possibile rivedere il video completo della diretta della serata.