Il miracolo delle Local March for Gaza

Un’occasione per cambiare rotta: le Local March for Gaza

Abbiamo definito le Local March for Gaza un miracolo.
Per capire questa definizione il riferimento è a il film di De Sica del 1951, Miracolo a Milano, una pellicola in cui le persone si univano e, con la magia che questa unione creava, erano in grado di cambiare la realtà, addirittura di alzarsi in volo.
E come nel miracolo di De Sica abbiamo anche noi la nostra Lolotta, la signora che ci guarda dal cielo. E’ Piera che partecipò, nonostante l’età avanzata, alla prima Local March for Gaza e che ora è libera e leggera, come ha scritto sua figlia Maria Elena.
Le Local March for Gaza sono un’occasione per cambiare rotta, partendo dal personale e arrivando al collettivo.
Sono iniziate nel giugno scorso da un appello, scritto con angoscia, generosità e incoscienza. L’incoscienza stava nel non misurare assolutamente quello che lo scritto stesso avrebbe generato. L’appello nasceva da un’esigenza etica e così è stato recepito. Lo abbiamo raccontato sul Ponte della musica, a Roma, come si sia partiti veramente dal chiederci come comunicare l’inaccettabilità del genocidio in corso a Gaza al di fuori delle nostre piccole cerchie di già sensibili alla questione palestinese.
Così abbiamo pensato di rivolgerci al mondo dei cammini. Perché il camminare è un atto paradossale, che svela la realtà un passo dopo l’altro, riduce lo sguardo e amplifica tutti i sensi, permette di cambiare ritmo e sentire gli altri.
Subito abbiamo trovato come compagni di strada tutto il direttivo di Movimento Lento e anche Paolo Naldini, che era tornato da poco dalla Global March to Gaza.
Tante persone si sono poi unite nell’organizzazione, compensando ciò che non avevamo calcolato, il prevedibile e l’imprevedibile.
Il vero miracolo però lo abbiamo trovato nei paesi che abbiamo attraversato, nelle aree cosiddette marginali, nel vedere le persone comuni che si sono mobilitate; perché quello che sta succedendo a Gaza è qualcosa che scuote profondamente le coscienze, perché è inaccettabile.
Il fatto che le persone nei paesi capissero, parlassero e firmassero la petizione è stato proprio rivelatorio di un bisogno di partecipazione, della necessità di essere riconosciuti come persone portatrici di sentimenti, di autenticità e di angoscia.
Il miracolo è stato possibile perché tutti noi, insieme, abbiamo messo al centro di tutto le relazioni. Non è un caso se la frase che è girata di più tra di noi è il restiamo umani che usava come chiusura dei suoi scritti Vittorio Arrigoni.
A proposito di umanità siamo certi che in tutte le 30 marce che si sono succedute ci sono state sia difficoltà che slanci. La forza che l’inizio di un cammino porta con sé ha fatto superare le difficoltà. Eppure, si sa, più il cammino procede più prevalgono le difficoltà.
Ed ora affrontiamo la salita. Questo è il momento della forza di volontà e della intelligenza collettiva.. A Roma abbiamo iniziato a conoscerci tra persone che in questi mesi hanno agito insieme, fidandosi gli uni degli altri, senza essersi mai visti. E senza conoscerci, ma fidandoci gli uni degli altri, abbiamo raccolto 8.000 mila firme e organizzato 30 cammini in quattro mesi. Questo è il miracolo che dobbiamo celebrare come nel film di Vittorio De Sica.
Dovremmo citare tutti quelli che hanno contribuito a tutto ciò ma, come sul Ponte a Roma rischieremmo di dimenticare qualcuno. Pensavamo poi di recuperare le mancanze in Piazza del Popolo, ma abbiamo trovato una situazione dove era veramente difficile parlare.
Siamo arrivati dalle periferie al centro, forti della decisione presa con chi in giro per l’Italia ha organizzato le 30 marce. Non siamo riusciti a compiere l’atto simbolico che avevamo tutti sperato: la consegna delle firme al Quirinale. Così rilanciamo continuando a camminare fino a quando non saremo ascoltati.
Quello di cui ha bisogno adesso il nostro organismo collettivo è uno sforzo di chiarezza per capire le nostre specificità e rilanciare le iniziative. Il cambio di passo che la fase richiede. Ne siamo certi, la guerra in Palestina e tutte le guerre in corso, non si fermeranno finché il falso prevarrà sul vero, finché la spettacolarizzazione della morte e del genocidio verrà agita per renderlo accettabile e giustificabile.
Questa crudeltà non è accettabile e noi vogliamo restare umani. Per farlo stiamo formando un grande organismo collettivo che camminando cambia le proprie cellule, noi individui, e agisce nello stesso tempo sul contesto che attraversa, le ingiustizie del potere.
Perciò tenete pronti i vostri piedi, caldi i vostri cuori e fresche le vostre menti perché il cammino è ancora lungo.

Ettore Macchieraldo