Il Freek apre il mese dei Pride in provincia di Torino

Seguiranno il Pride ufficiale di Torino il 7 e il Pride di provincia di Ciriè il 28 giugno. Una stagione che si apre nell’anno nero delle lotte per i diritti

L’edizione 2025 del Freek pride, corteo intersezionale per i diritti e l’autodeterminazione delle persone Lgbtqia+ nato come risposta dal basso al Pride istituzionale, ha attraversato le strade di Torino sabato 31 maggio, inaugurando ufficialmente la stagione delle marce per l’orgoglio.
Un mese di cortei che arriva proprio a metà di uno degli anni più difficili della storia recente, per il movimento Lgbtqia+ e non solo. La marea nera del fascismo porta con sé venti nefasti da ogni direzione: a Ovest Trump ribalta 50 di lotte per i diritti, trasformando gli Usa in un Risiko, dove da Stato a Stato i diritti di donne e minoranze sono più o meno sotto attacco, in un clima da psicosi millenaristica da fine impero. Da est, la Russia di Putin perseguita apertamente i membri della comunità Lgbtqia+, classificati a tutti gli effetti come terroristi. La seguono i paesi del blocco Visegrad, con in testa l’Ungheria di Orban, dove ad aprile un emendamento alla costituzione ha di fatto vietato il Pride, grazie a una normativa del 2021 che vieta la “raffigurazione e promozione dell’omosessualità e delle identità di genere non conformi” ai minori. Persino nell’inclusivo Nord Europa, la corte suprema britannica ha stabilito che per legge la definizione di “donna” si basa sul sesso alla nascita. Un attacco diretto alla già ampiamente marginalizzata comunità trans, da sempre primo bersaglio quando si prendono di mira i diritti delle minoranze. Tutte politiche ampiamente finanziate da gruppi religiosi fondamentalisti e ultraricchi con particolari ossessioni personali, come Elon Musk negli Stati Uniti e J. K. Rowling in Gran Bretagna.
Sotto certe pressioni, non è strano che anche la cosiddetta Europa dei diritti scricchioli. A dire la verità, è parecchio che presenta più di qualche crepa.

Sui diritti l’Italia guarda a Est

Nonostante le buone notizie, come la sentenza della Corte di Cassazione sul riconoscimento automatico della madre “intenzionale” per minori nati da coppie di donne attraverso procreazione medicalmente assistita, l’Italia rimane al 35° posto sui 49 paesi europei presi in esame da Rainbow map per mappare il riconoscimento dei diritti delle persone Lgbtqia+. Siamo insomma più allineati con i paesi dell’ex blocco sovietico che con il resto dell’Europa occidentale. Un posizionamento confermato dai dati: ancora oggi il 53% delle persone omosessuali in Italia evita di tenere la mano del proprio partner in pubblico, il 51% ha dichiarato di aver subito molestie, il 10% di aver subito almeno un attacco nei 5 anni precedenti e il 18% di aver subito pratiche di conversione.
Percentuali che aumentano per le persone trans: il 66,1% riporta di aver sperimentato discriminazioni durante gli studi, e fino al 70% sul posto di lavoro lavoro. Numeri alti anche per quanto riguarda il rapporto con il Sistema sanitario, con un 34% delle persone trans Amab (assigned male at birth) e un 46% delle Afab (assigned female at birth) che si è sentita discriminata nell’accesso ai servizi. Una mancanza di fiducia che finisce col portare molte persone a rinunciare alle prestazioni.
Centrale nella creazione di questo clima la linea ideologica del governo, violento sia nel linguaggio che nelle politiche. A incidere la mancanza di una legge sull’hate speech, da sempre osteggiata dall’attuale maggioranza, che sui discorsi d’odio fonda la propria comunicazione. Un fenomeno ampiamente diffuso e in crescita in Italia, normalizzato dal clima sociale e politico italiano: si rileva come i post sui social con discorsi d’odio rivolti alle persone Lgbtqia+ rappresentino l’8,78% del totale dei post negativi rilevati. Tra gli autori si rilevano esponenti del Governo e la Presidente del Consiglio, con riferimenti alla fantomatica “agenda gender” o le strumentalizzazioni di stampo politico sul tema della carriera alias.
Anche qui i dati confermano la drammaticità della situazione: 110 episodi di crimini d’odio sono stati registrati tra maggio 2024 e maggio 2025. Domenica 1 giugno, tre ragazze trans sono state aggredite da un gruppo di 10 persone. Nonostante gli attacchi per strada, la violenza dopo il coming out in famiglia resta la più diffusa, con il 48,7% dei casi. Colpisce i più giovani, spesso costretti all’isolamento e alla fuga. Le denunce restano rare, solo il 12,8%.
In un contesto del genere si configura per i Pride l’urgenza di tornare a essere oggi più che mai non solo partecipati, ma anche critici e conflittuali nei confronti dell’esistente.

I Pride intorno a noi

Il Freak pride di sabato 31 nasce come contraltare al Pride istituzionale, tanto partecipato quanto criticato, almeno all’interno della frangia intersezionale della comunità Lgbtqia+, per la consistenze presenza di figure istituzionali, forze dell’ordine e grandi sponsor all’interno. Proprio quest’ultimo aspetto sarà interessante osservare durante il prossimo Pride istituzionale: dopo il lungo periodo di entusiastico pinkwashing da parte delle grandi aziende multinazionali, oggi che il vento soffia a destra proprio queste ultime sembrano pronte a un rebranding in chiave vintage.
Ora che Trump combatte ferocemente le politiche Dei (Diversity, Equity and Inclusion), le grandi aziende alla sua corte han potuto finalmente gettare la maschera dell’inclusività, che alla fine gli è sempre calzata stretta. Sarà interessante vedere quanti e quali marchi continueranno a sponsorizzare il Pride di Torino, quest’anno previsto per il 7 giugno, con partenza alle 16.30 da corso Principe Eugenio. Soprattutto sarà interessante vedere quanti continueranno a farlo in futuro, ora che inizia a non essere più economicamente vantaggioso schierarsi così apertamente.
Altra esperienza interessante da continuare a tenere d’occhio, il Pride di provincia organizzato a Ciriè dal Collettivo Provincialotta, che si terrà il 28 giugno. Una quarta edizione per quello che è uno dei pochissimi Pride italiani a svolgersi in provincia, territorio complesso e spesso distante anni luce dai contesti urbani sulle questioni di sessualità e genere. La manifestazione attrae infatti gruppi provenienti dal resto della provincia di Torino, con una massiccia partecipazione anche da Ivrea. Nuovi aggiornamenti a riguardo arriveranno nel corso del mese.

Lorenzo Zaccagnini