Mercoledì 28 giugno presentato in anteprima Il sogno di Gramsci
Ad aprire il poker di spettacoli proposti dal Contato del Canavese per l’estate 2023 ad Ivrea nel cortile del Museo Garda, mercoledì 28 giugno è stato chiamato Gad Lerner con il suo nuovo lavoro (l’anteprima è proprio la serata di Ivrea) Il Sogno di Gramsci.
Non è un attore Lerner ma da esperto comunicatore ha capito che la recente scoperta di tre temi giovanili di Antonio Gramsci, risalenti a quando aveva vent’anni, potevano essere una solida base per una rivisitazione del pensiero e del percorso di uno dei più grandi politici italiani.
Il sogno di Gramsci è una lettura scenica condotta da Gad Lerner e Silvia Truzzi, giornalista al Fatto Quotidiano e scrittrice, dedicata al dirigente del Partito Comunista d’Italia e intellettuale a tutto tondo, che ripercorre la vita, le difficoltà e le intuizioni del piccolo sardo arrivato a Torino con una borsa di studio e diventato, sopravvivendo quasi miracolosamente alla propria autentica miseria, il pensatore e dirigente oggi conosciuto in tutto il mondo.
Tutto nasce da una cartella di documenti ritrovata un paio di anni fa a casa del suo amico Francesco Scotti, antifascista, partigiano e poi deputato per il Pci alla Costituente, morto nel 1973, che gli eredi consegnano alla Fondazione Gramsci e vengono pubblicati dal Fatto Quotidiano nel giugno 2022.
Lo spettacolo, diretto da Simone Rota, alterna la lettura dei temi, eseguita giustamente da uno studente di oggi, che tra pochi giorni sosterrà l’esame di maturità al Liceo Gramsci di Ivrea (e non credo che troveranno un liceo Gramsci in ogni sede delle prossime repliche), con il racconto delle origini poverissime della sua infanzia, l’insorgere non riconosciuto della malattia, le testimonianze audio registrate di compagni di lotta e di lavoro, tra i quali il futuro Presidente Pertini. E naturalmente le molteplici direzioni del suo acuto sguardo, dalle stagioni teatrali ai Consigli di fabbrica, dall’oppressione del capitalismo a quella dell’uomo sulla donna.
I temi, nella classe quinta del liceo Dettori di Cagliari, anno scolastico 1910/11, ci rimandano immagini di una scuola di una altra epoca, dove l’indicazione data dal professore, il poeta Arullani, si limitava a due righe che potevano lasciare spazio ai più diversi sviluppi dello studente. Studente che, nel caso di Gramsci, elaborava ragionamenti e considerazioni che si stenta a credere possa aver scritto un secolo fa.
“Io credo appunto che il torto dell’età moderna sia quello di avere disgiunto l’arte e la bellezza dalla vita comune, di aver relegato tutte le più belle espressioni del sentimento artistico nei Musei e nelle
Gallerie, dove solo gli iniziati sono ammessi al culto della divinità. Si permise che il popolo imbarbarisse in una ributtante volgarità, che piano piano s’infiltrasse la convinzione che noi moderni, pratici e spregiudicati, dobbiamo disprezzare tutto ciò che non interessa il nostro utile immediato; avvenne, se si potesse così dire l’americanarsi della vecchia Europa.”
Non sono frasi buttate lì, ricordiamo che, in seguito, Gramsci approfondì lo studio su americanismo e fordismo, dedicandogli un intero Quaderno dal carcere nel 1934.
I fogli dei temi riportano anche la votazione e il giudizio del professore: tra il 7 e 8, senza grandi correzioni ma con moderate lodi.
Tra le tante testimonianze particolarmente toccanti quella di Gustavo Trombetti, compagno di cella a Turi, che racconta l’ultima notte con Gramsci prima della liberazione per motivi di salute e l’espediente usato per far uscire con lui di nascosto i preziosi Quaderni, e quella del figlio Giuliano e del nipote di Gramsci, ormai adulti, in la visita nella stessa cella accompagnati da un giovane Gad Lerner.
Racchiudere tutto Gramsci in una serata non è evidentemente possibile. Risvegliare la voglia di riscoprirlo però sì, sia leggendone i testi che ripercorrendo una vita faticosa ma ricca di una determinazione incrollabile, e questo fa Il sogno di Gramsci.
Francesco Curzio