Dalla rubrica CONTRONATURA di Diego Marra: vi siete mai chiesti da dove provenga la vaniglia?
A chi non piace la vaniglia? Il meraviglioso fragrante aroma che diffonde è abbondantemente usato, anche abusato, in dolci e profumi. Ma, vi siete mai chiesti chi produca tale delicata essenza? In commercio è reperibile in polvere o sotto forma di bastoncini color cacao, oltre che diluita in prodotti di pasticceria e profumeria. Quegli strani bastoncini bruni sono il frutto di una orchidea tropicale originaria del Messico: la Vanilla planifolia. La pianta produce baccelli inodori allungati, lunghi 12-25 cm, di colore verde che devono subire un lungo trattamento per esprimere l’aroma che conosciamo. Era già conosciuta dalle antiche popolazioni amerindie, in particolare i Totonachi abitanti di montagne e costa orientale, i cui discendenti oggi vivono negli attuali stati messicani di Veracruz, Puebla e Hidalgo; per centinaia di anni furono i maggiori produttori di vaniglia. Quando la spezia giunse in Europa, in virtù dell’invasione (e sottolineo invasione!) del Messico da parte degli Spagnoli, divenne rapidamente molto apprezzata e ciò stimolò numerosi tentativi, inizialmente infruttuosi, di coltivarla in altre località. Per produrre il frutto, come la maggior parte delle piante, la V.planifolia deve essere fecondata e i botanicamente sprovveduti primi coltivatori non sapevano che l’impollinazione dell’orchidea dipende da api del genere Melipona, un gruppo di centinaia di specie di imenotteri senza pungiglione, presenti solo in Messico; inoltre, il fiore è fecondabile un solo giorno e la sua forma rende particolarmente ardua l’impollinazione. Il successo nel fecondare artificialmente il fiore, arrise infine al naturalista belga Charles Morren nel 1836, ma la coltivazione su larga scala al di fuori del Messico iniziò nel 1841 nell’isola indiana di Bourbon (oggi Reunion) quando uno schiavo, di nome Edmond, inventò il metodo utilizzato ancora oggi per impollinare il fiore utilizzando un bastoncino di bambù. Oggi i maggiori produttori di vaniglia sono il Madagascar e l’Indonesia.
La vaniglia è la seconda spezia più costosa dopo lo zafferano; un articolo, apparso nel 2016 sulla rivista di settore Chemical and Engineering News, stimava il prezzo dei semi di vaniglia a 225 dollari al chilo e quello dell’estratto, appena il 2% del peso dei semi, a 11.000 dollari al chilo. Più dell’argento! Ma provate a mangiare l’argento! È comprensibile che tali ricavi abbiano stimolato la ricerca di sostituti sintetici molto meno costosi nonché truffe e sofisticazioni. La fragranza della spezia è dovuta alla molecola vanillina (un’aldeide aromatica per i chimici) contenuta nei semi per una percentuale compresa tra l’1,5% ed il 4%. L’estratto di vaniglia naturale contiene, però, una miscela di diverse centinaia di composti oltre alla vanillina. La vanillina in commercio, usata in pasticceria, in profumeria e in quasi tutti i prodotti igienici, è di origine sintetica. Vi risparmio la descrizione dei complicati processi chimici utilizzati per la sua preparazione, sappiate solo che verso la fine del XIX secolo era sintetizzata dall’olio di chiodi di garofano, successivamente fu prodotta dagli scarti della lavorazione della carta oppure da guaiacolo (contenuto in molti catrami) trattato con formaldeide (!). Nulla di tossico o dannoso poiché alla fine delle sintesi si ottiene vanillina. Dario Bressanini (mio chimico di riferimento) racconta: “Nel 1995 una rivista di cucina americana, Cook’s illustrated, nota per il suo approccio scientifico e rigoroso alla cucina (ad esempio per giudicare prodotti in commercio e ottimizzare ricette usano dei gruppi di assaggiatori in cieco), ha effettuato un test in cieco che ha fatto scalpore nell’ambiente gastronomico statunitense. L’intento era di capire se si potesse distinguere l’estratto di vaniglia dalla vanillina in prodotti da forno come biscotti e torte. Il panel di assaggiatori era composto anche da pasticceri e chef professionisti. Ebbene, gli esperti non sono stati in grado di distinguere la vanillina dalla vaniglia (…). Nel latte la differenza è lampante e la vaniglia è in testa alle preferenze. Come vi ho raccontato la vaniglia contiene altre molecole aromatiche quindi il risultato non stupisce. Anche nel budino la differenza si può sentire, ma molto meno che nel latte. Nelle torte non c’è praticamente differenza mentre nei biscotti addirittura la vanillina è risultata in testa alle preferenze (…) Come si spiegano questi risultati? Probabilmente quei composti aromatici accanto alla vanillina che rendono speciale la vaniglia sono molto volatili o si decompongono in fretta con il calore e quindi nelle preparazioni da forno dove la temperatura si alza troppo vengono rapidamente distrutti. È quindi perfettamente inutile in quei casi usare la più costosa vaniglia. Ammesso ovviamente che possiate trovare della buona vanillina (a volte vendono delle polverine con una composizione non meglio precisata e hanno un gusto che non dovrebbero avere).” Bressanini dixit!
Se volete odorare il prezioso aroma in natura dovete recarvi in montagna sopra i 1500 metri, per esempio in Valchiusella, e cercare la piccola orchidea Nigritella rhellicani, abbastanza comune nelle praterie alpine, il suo nome volgare è Vaniglia d’Alpe! Sdraiatevi e aspirate il celestiale effluvio.
Nota personale (scusate l’ardire): adoro la vaniglia, viepiù perché è il profumo preferito dalla mia compagna che, quindi, profuma di orchidea.
Diego Marra