L’annuale appuntamento con l’ANPI per commemorare la cattura del comando della 76′ Brigata e della VII divisione Garibaldi a Lace
Il giorno 29 gennaio si svolgerà la consueta fiaccolata a Lace, l’appuntamento annuale con l’ANPI che prevede la commemorazione della cattura del comando della 76′ Brigata e della VII divisione Garibaldi nel 1945. La cerimonia sarà preceduta, alle ore 18.30, nel salone della Società Operaia di Donato dalla presentazione del libro di Rina Valé “La memoria. Una lunga lettera d’amore“.
Il programma della giornata prevede:
– Ritrovo alle ore 20
– Brevi riflessioni e Appello dei Caduti
– Fiaccolata
– Canti del Coro Bajolese del Maestro Amerigo Vigliermo
– Rappresentazione teatrale tratta dalle memorie di Rina Valé, staffetta partigiana, a cura di Artemuda di Torino
– Distribuzione di vin brulè
Chi volesse fermarsi per un ristoro o la cena potrà trovare accoglienza e proseguire la serata presso il ristorante “Ca’ d’Jolanda” di Donato. La prenotazione non è necessaria.
Quei nostri modelli ideali
«L’inverno del ’45 fu particolarmente rigido. Un metro di neve rendeva impraticabile il terreno. Il Comando partigiano della VII Divisione, 76° Brigata Garibaldi, aveva posto il comando nella baita di Lace. Gli uomini si sentivano sicuri, con quel tempo un attacco era quasi impossibile, eppure…
Il giorno prima, 28 gennaio, un pattuglione germano-mongolo piomba su Andrate, uccidendo Carrel, comandante di Battaglione, e catturando Pinco e Volpe, che vengono immediatamente interrogati e torturati. La loro cattura allerta il Comando. «Pinco non resiste a un interrogatorio» dice Martin nel tardo pomeriggio del 29. «E’ opportuno cambiare sede». La riunione degli ufficiali si protrae però fino a tardi, e quella notte si rimane sul posto.
Alle due del mattino arrivarono purtroppo i tedeschi con truppe mongole: un’ottantina di uomini guidati proprio da Pinco. Quando la prima sentinella avvistò il nemico, gridò il “chi va là”, tirò due colpi ed inseguita da un crepitio di mitraglia si gettò nella neve per correre a dare l’allarme ad altre baite. L’altra sentinella, “Pallino”,venne colpita da una raffica. I tedeschi circondarono le baite cominciando a sparare. I lanciafiamme entrarono in azione. Dante e Abbondanza perirono sotto i colpi. All’interno si fece un rapido esame delle armi, ma erano poche. Dopo breve discussione determinarono di arrendersi. Si sperava che il nemico accettasse uno scambio con prigionieri tedeschi già in mano partigiana. Entrò Pallino, gravemente
ferito: «I tedeschi mi hanno mandato per dirvi di arrendervi…» Un asciugamani sventola alla finestra. Irrompono tedeschi e mongoli. Legati a due a due i partigiani furono trascinati via, mentre alle loro spalle la baita ed il fienile finivano di bruciare.
Il cambio non avrà luogo: i tedeschi ritenevano troppo importanti i prigionieri. Furono condannati tutti a morte. Fucilarono per primo Mak, a Ivrea. Volle ordinare lui stesso il fuoco. Morì gridando «Viva l’Italia!» Bandiera, Ugo, Basso, Pirata, Testarin, Franchestein, Riccio furono fucilati anch’essi. La popolazione restò impressionata dal loro contegno di fronte al sacrificio.
Martin venne impiccato a Cuorgnè. Disse con calma: «Viva l’Italia», mentre gli stringevano il cappio di filo telefonico. Il camion partì lasciandolo appeso; poi il cavo si ruppe e lui cadde a terra. Attese mentre il “boia”, trovata una corda più solida, la ungeva di grasso, poi venne nuovamente impiccato. Alla fine, già morto, ricevette il colpo di grazia in pieno viso.
Il commissario politico, Battisti, fu impiccato di notte nei giardini pubblici di Ivrea, dopo un lungo martirio. Gli fecero percorrere via Palestro infiggendogli pugnali nel petto. Lo appesero col fil di ferro ad un albero.
Dopo il disastro di Lace la 76.a seppe riprendersi combattendo al fianco delle brigate garibaldine del biellese, esempio degli ideali che i giovani di allora seppero elevare a modello di vita, regalandoci libertà e democrazia.
Nel dopoguerra un masso venne trasportato dalla Valle d’Aosta sino a Lace, e vi furono incisi i nomi dei Caduti. Successivamente i resti della baita divennero l’Area monumentale attorno alla quale si radunano i Cittadini Biellesi e Canavesani.
Nella notte del 29 gennaio un piccolo gruppo iniziò a ritrovarsi attorno al Monumento in forma privata, e negli anni quel gesto acquistò sempre più valore, sino agli incontri attuali, con la fiaccolata, i canti del Coro bajolese, letture e rappresentazioni teatrali.
Non si tratta di retorica: nell’incertezza morale, politica e culturale di oggi, quegli uomini giganteggiano, diventano modelli di riferimento ovunque si parli di Libertà e Democrazia. Furono essi le fondamenta della nostra Carta costituzionale. Ritrovarci ogni anno a Lace significa ribadire il nostro orientamento e la tensione ideale che animò la Resistenza, soprattutto oggi in cui le ombre oscure di vecchi e nuovi fascismi si stanno addensando in Italia e in tutta Europa.
Mario Beiletti
dal racconto di Diego Prella “Folgore”