A Torino l’Autorità per i rifiuti del Piemonte propone una nuova linea d’incenerimento del Gerbido per smaltire i rifiuti indifferenziati. Ma quali, considerato che già oggi il Gerbido brucia meno della sua capacità massima? Nevio Perna, Legambiente Dora Baltea: «l’Istat dice che nei prossimi 10 anni saremo 100.000 abitanti in meno, quindi meno rifiuti. Di cosa stiamo parlando?»
«A Torino la raccolta differenziata deve fare un salto». Con queste parole si era presentato il neo presidente dell’Autorità per i rifiuti del Piemonte Paolo Foietta in un’intervista rilasciata a Repubblica nel gennaio 2024. A distanza di un anno il “salto” è stato fatto e a inizio marzo la stessa Autorità per i rifiuti del Piemonte ha sciolto le riserve indicando la realizzazione di una nuova linea dell’impianto di termovalirizzatore del Gerbido come soluzione prescelta per dare seguito alle indicazioni contenute nel PRUBAI (Piano regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani e di Bonifica delle Aree Inquinate) approvato il 9 maggio 2023.
L’idea di ripiegare sull’incenerimento come strategia per la gestione dei rifiuti ha immediatamente suscitato una reazione nelle associazioni ambientaliste torinesi che l’8 marzo hanno inviato una lunga e dettagliata lettera esprimendo “forte contrarietà” al progetto. La lettera, sottoscritta da Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, Fridays For Future, Comitato Torino Respira, Co.Mu.Net Officine Corsare, Comitato torinese del Forum Salviamo il paesaggio, Ecoborgo Campidoglio Aps e altri circoli torinesi legambientini, si apre così: «In una Regione che ha raggiunto il 65% di raccolta differenziata solo nel 2021, con nove anni di ritardo rispetto all’obiettivo di legge fissato per la fine del 2012, si torna a parlare di inceneritori. Sembra paradossale che Torino, uno dei Comuni piemontesi con valori di raccolta differenziata più bassi e con i maggiori problemi per una gestione sostenibile dei propri rifiuti sia candidato a un’ulteriore scelta impiantistica».
Per comprendere a fondo le critiche delle associazioni ambientaliste occorre fare un passo indietro e chiarire alcuni aspetti del PRUBAI. Il piano di gestione dei rifiuti ha una prospettiva di medio-lungo termine e fissa determinati obiettivi da raggiungere entro il 2035, tra cui l’incremento della percentuale di raccolta differenziata all’82%, il miglioramento della qualità dei rifiuti differenziati raccolti in grado di garantire il raggiungimento di un tasso di riciclaggio del 65% a livello nazionale e la riduzione della produzione dei rifiuti urbani residuali sino a 90 kg/ab anno. A queste stime previsionali si aggiunge poi il fatto che «l’inceneritore del Gerbido – scrivono le associazioni – ha bruciato nel 2023 più di 600.124 tonnellate di rifiuti e 604.532 tonnellate nel 2022, un quantitativo largamente sufficiente a soddisfare le esigenze di incenerimento nello scenario definito più conveniente dal PRUBAI». Una linea aggiuntiva brucerà, secondo quanto riportato dagli organi di stampa “fino a 280 mila tonnellate in più l’anno”, de facto aumentando quasi del 50% l’attuale capacità dell’impianto.
E qui una domanda sorge spontanea: se l’obiettivo PRUBAI è quello di migliorare la differenziata all’82% e quindi portare le persone a produrre meno rifiuti indifferenziati e se già adesso le tre linee d’incenerimento del Gerbido soddisfano ampiamente il fabbisogno di smaltimento regionale, quale reale motivazione c’è dietro la scelta di un nuovo “forno” inceneritore?
Certezze non ce ne sono, ma volgendo lo sguardo ai vicini biellesi e alla vicenda dell’inceneritore di Cavaglià proposto da A2A c’è da scommettere che anche l’inceneritore torinese stia valutando la possibilità di “aprirsi” ai rifiuti industriali e al mercato privato, valicando il “confine” dei rifiuti urbani.
Ma c’è di più.
Le associazioni firmatarie scrivono che «sul piano economico, i costi della tassa rifiuti, la TARI, aumenterebbero significativamente in tutta la Regione» poiché «con la nuova modalità di calcolo della tariffa rifiuti prevista da ARERA verrà meno una fonte di introito importante per l’inceneritore del Gerbido perchè i GRIN (ex “certificati verdi”, ovvero la tariffa incentivante con cui GSE acquista il 51% dell’energia prodotta dall’impianto) verranno fortemente depotenziati, fino al quasi totale annullamento. Il Parlamento Europeo ha recentemente approvato a larghissima maggioranza un emendamento al pacchetto di norme per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti noto come “Fit for 55”, che prevede che l’incenerimento dei rifiuti non sia più esentato dalla partecipazione al sistema di scambio delle emissioni di carbonio (Emission Trade Scheme – ETS) che prevede il pagamento di un costo per ogni tonnellata di CO2 emessa già dal 2026».
In altre parole anche gli inceneritori pagheranno una cifra che già oggi è 80 euro/ton e che sarà «probabilmente destinata a crescere quasi raddoppiando così le tariffe di conferimento che sono oggi pari a 112,56 euro/ton» con evidenti rincari nelle bollette dei contribuenti.
Anche Nevio Perna del circolo Legambiente Dora Baltea interviene sulla vicenda: «Visto che l’obiettivo a piano per il rifiuto indifferenziato procapite è di 448 kg, pur assumendo che gli abitanti non si riducano nei prossimi 12 anni (inverosimile), avremmo un totale di 1.904.351 tonn. Con una raccolta differenziata dell’82% e uno scarto del 18,5% avremmo un fabbisogno di smaltimento di 631.674 tonn. L’inceneritore del Gerbido ha una capacità di 565.000 tonn., quindi resterebbero circa 67.000 tonn. di residuo che non giustificano la necessità di un nuovo impianto. Se poi ragioniamo sull’andamento demografico della Regione, l’Istat ci dice che da qui ai prossimi 10 anni perderemo circa 100.000 abitanti, il che vuol dire 44.800 tonn. in meno. Allora di che stiamo parlando?».
Andrea Bertolino