Mentre gli insegnanti si trasformano in burocrati obbedienti, della scuola – e dei trasporti – nessuno si occupa davvero
Se in classe un solo studente è positivo, allora si attiva la Didattica Mista: lui/lei in DaD, i compagni a scuola con FFP2 per 10 giorni. Vietato toglierla, tassativo mangiare e bere solo se distanti 2 metri dai compagni (cioè fuori dall’aula, da soli e in fretta).
Se i positivi sono due, a casa con la Didattica a Distanza restano i non immunizzati, oltre a quelli vaccinati da più di 120 giorni; gli altri frequentano in presenza, con il controllo del green pass dall’insegnante che ne ha ricevuto la delega dal dirigente. Se uno fosse proprio curioso potrebbe domandarsi perché, dal momento che la certificazione dura 9 mesi e da febbraio 6, per entrare in classe i mesi si riducano a 4. Ma qui si esegue, alle domande non c’è risposta.
Se infine i contagiati sono almeno tre, e i contatti non risalgono a un periodo di pausa didattica, tutta la classe resta in DaD per 10 giorni.
Una volta usciti da questo ginepraio di norme e di procedure che variano di settimana in settimana, ci sarebbe poi da lavorare, sempre che il prodotto interessi.
CASO 1: DIDATTICA MISTA
E cioè un po’ e un po’.
Dunque il prof entra e comincia il controllo delle certificazioni, ogni volta contando i mesi sulle dita e sempre chiedendosi perché 4 (perché 4?!); accende il pc e si assicura che da casa siano tutti collegati; se, come spesso accade, qualcuno non c’è (dorme, si sta lavando o sta bevendo il caffelatte, ha da portare fuori la spazzatura e pure il cane, ha il gatto sulla tastiera, la sorellina che piange, il corriere che suona alla porta …), il prof chiede ai compagni di scrivere un memento su WA.
C’è poi la questione del device: facile che l’insegnante abbia bisogno di usare il proprio computer – con il materiale pronto da utilizzare e proiettare – allora, dopo avere come di consueto preso e spostato cavetti, connesso il pc alla LIM tramite cavo DMI, chiesto ai remoti “per favore” di accendere le webcam almeno per salutare, chiede loro di spostarsi sul link dedicato et voilà, si parte. Forse.
Prima il registro!
Ops, il registro bisogna compilarlo subito alle 8, affinché dalla segreteria possano contattare gli eventuali nuovi assenti: se hanno il Covid, c’è da aggiornare la procedura (vedi sopra). Se hanno mal di pancia o un piede rotto o un trapano in testa, sospirone di sollievo.
Dunque: registro alla pagina Appello, presenti, assenti e presenti in spirito: per loro, cliccare su Fuori classe, poi Aggiungi, di nuovo Fuori classe, DDI (Didattica Digitale Integrata), Salva e chiudi.
Adesso si può cominciare. A meno che.
Gli autobus
T. l’aveva detto, entrando in classe affannato qualche minuto dopo le 8: prof, M. arriverà tra mezz’ora, il pullman era pieno e non l’hanno fatto salire.
Infatti M. arriva tardi e tutto scarmigliato, se l’è fatta di corsa perché altri mezzi non ce n’erano e lui per fortuna abita a Samone, son solo 4-5 chilometri. Non è nemmeno giusto segnare il ritardo ma soprattutto è ingiusto che resti sempre qualcuno a piedi per la pochezza dei nostri mezzi, sempre quella pochezza lì, la stessa di due anni fa, do you remember “ne usciremo migliori”?
Quindi ri-accesso al registro, non sia mai che dalla segreteria chiamino casa di M. Togli l’assenza e chiudi.
L’importante è che tutto funzioni: pc, rete oppure hot spot con cellulare o saponetta, soprattutto collegamento da casa, ché se abiti a Inverso o Cossano la linea come minimo cilocca.
Si comincia, ma mezz’ora almeno se n’è andata senza nulla di fatto e con quel po’ di avvilimento che sale.
Il difficile è non scordarsi di quelli a casa, che se poi non si fanno vedere il prof si rivolge alla classe “reale” finché uno – blink – alza una mano e chiede di andare al gabinetto. Il blink si riconosce tra mille suoni, al blink s’alzano teste all’unisono. Già, ci sono anche loro, nell’etere, e chiedono di andare in bagno!
CASO 2: IN CLASSE
Saccheggiando parole a un gigante, ci si sente come d’autunno sugli alberi le foglie.
Mattino pomeriggio sera – sabato e domenica inclusi – occhi e orecchie sul telefono in attesa di nomi da aggiungere alla lista: un altro positivo. Il terzo? Sì ma uno torna domani, l’abbiamo scampata. Ce ne sarebbe un altro ma non è tornato dopo natale, evvai. Per oggi siamo ancora quasi tutti qui.
Chiusi ciascuno nella sua mascherina, obbligati a stare: seduti, fermi quanto possibile, dentro anche se a finestre aperte, in aula e contenuti perfino all’intervallo, lavori in piccoli gruppi – se proprio l’insegnante è eroico e un po’ incosciente e cerca di inventarsi cose – ma da lontano. Per modo di dire, perché qui si sta tutti vicini: il totale degli iscritti diviso 27, con il pallottoliere è stabilito il numero di classi, deroghe a parte (ma non per tutti e non per Diritto).
CASO 3: DIDATTICA A DISTANZA
C’è da dire che se non altro la DaD permette di accantonare l’odiosa mascherina.
E basta. Fine dei vantaggi. Quando ai ragazzi si chiede di accendere, farsi vedere, dare l’illusione di lavorare insieme a degli umani, per lo più esitano: sono in pigiama, o spettinati, o semplicemente non amano essere osservati, la webcam è impietosa e i ragazzi hanno questo terrore/desiderio di essere guardati.
Perciò tre, quattro si mostrano che il prof li bacerebbe tanto soffre di solitudine, dietro una cattedra inutile e desolante. Gli altri scompaiono.
Tecnica e smanettamenti sono gli stessi: cavetti, prese, scatolette e saponette per la connessione, magari pure accensione della LIM per vederli grandi, i ragazzi, così per riempire un’aula vuota.
Più o meno si lavora, ma con quei tre, quattro, cinque se va bene. Gli altri si perdono, giocano a uccidersi e spappolare mostri, rispondono a messaggini scemi, telefonano all’amica, ammirano l’ultimo video su tic toc, e quando sentono ripetere il proprio nome, quel sistematico “può ripetere la domanda?” è il segno di un’assenza.
E’ normale, si sentono liberi anche se lo sono sempre meno.
Suona la campana, normalità apparente.
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