La maggior parte di chi si ammala di Covid, una volta negativo, vede sparire i sintomi nel giro di un paio di mesi, ma per più di un terzo dei contagiati i disturbi durano molto di più. Si parla in questo caso di long covid (Sindrome Post Covid-19). Chi ne è affetto deve combattere anche contro un sistema sanitario azzoppato e inadeguato. Il caso di Marino nel nostro Piemonte.
Partiamo da un caso esemplare. Marino (nome di fantasia), piemontese, nel marzo 2020 ha contratto la Covid. Oggi, dopo un anno e mezzo, pur negativo, soffre ancora di diversi disturbi, spesso debilitanti, collegati alla malattia (affaticamento, mancanza di respiro, dolori muscolari, …). Marino deve fare diversi e frequenti controlli di approfondimento. Sperava in un canale prioritario per prenotare le visite di controllo, pensava di essere seguito per raccogliere dati sul suo stato, su i suoi peggioramenti e miglioramenti, per arricchire la banca dati della ricerca. Sperava nell’esenzione dei ticket prevista da decreto per il triennio 2021-2023 proprio per chi si è ammalato di Covid. Sperava, ma la realtà ha presentato un quadro diverso.
Infettarsi sul luogo di lavoro. Il caso delle Rsa.
Marino al tempo dell’esplosione della pandemia lavorava in una struttura sociosanitaria residenziale (Rsa) dedicata ad anziani e adulti non autosufficienti della nostra regione. Si è ammalato di Covid nel marzo 2020 quando iniziò lo scellerato trasferimento dei malati Covid nelle Rsa. Quello che si temeva accadde: le strutture, ancora prive di tutti dispositivi di protezione adeguati, con ospiti chiaramente fragili, divennero terreno fertile per il Sars-Cov-2, con le drammatiche conseguenze note a tutti che vanno dall’esplosione dei contagi ai tanti decessi (il numero di morti nelle Rsa piemontesi ancora non è noto perché un’indagine della Procura di Torino ha riscontrato una carenza nei dati inseriti nella piattaforma informatica della regione).
A fine inverno 2020 da più parti si era alzato il grido di allarme per le infezioni nelle Rsa. In tutta Italia, con il Piemonte tristemente in prima fila, le residenze per anziani venivano usate come reparti di lungodegenza per i malati Covid. In Piemonte ci fu l’esposto alla Procura di Torino da parte del segretario provinciale di Rifondazione Comunista, Ezio Locatelli, insieme all’avvocato Maurizio Merlo che dichiararono: “Vogliamo giustizia per le troppe vittime di uno stato di abbandono, traditi da chi doveva loro garantire protezione.” Ma tante furono le denunce in diverse regioni, prima fra tutte la Lombardia.
Ma esattamente cos’è la Sindrome Post Covid-19?
La cosiddetta Sindrome Post Covid-19 (o Long Covid all’inglese) viene definita dall’Istituto Superiore di Sanità come una “condizione di persistenza di sintomi (…) riconosciuta come una entità clinica specifica” E raccomanda l’ISS: “È molto importante l’identificazione del paziente Long Covid. Proprio in considerazione della ampia gamma di sintomi e condizioni che lo caratterizzano, la valutazione delle persone affette da questa condizione deve essere multidimensionale e comprendere numerosi aspetti clinici, funzionali, cognitivi, psicologici e nutrizionali”.
La maggior parte delle persone che hanno contratto il Covid-19 riesce a recuperare completamente lo stato di salute precedente entro un paio di mesi. Alcuni, invece, continuano a presentare disturbi e manifestazioni cliniche per più tempo. “Questi strascichi a volte sono così severi da impedire alla persona che ne soffre di ritornare a condurre una vita normale. Tale condizione rappresenta una specie di continuazione della malattia. Un vero problema che può portare a conseguenze sanitarie anche piuttosto pesanti”, descrive così la sindrome l’Istituto Mario Negri.
Chi è affetto da long covid può sentirsi abbandonato
Le persone affette da long covid oltre al disagio per la perdita di salute, vivono una condizione che potremmo definire di abbandono. In Piemonte accade che visite prescritte con codice di priorità “B” (Breve), da eseguire entro 10 giorni, vengano fissate dopo mesi. Il nostro Marino ha dovuto aspettare quattro mesi un esame diagnostico urgente. Viene da chiedersi a cosa servano i codici di urgenza se è impossibile rispettarli a causa di un sistema sanitario regionale ridotto, scientemente, al lumicino, che altro non riesce a fare se non suggerire agli utenti di rivolgersi a strutture private convenzionate.
A questa inaccettabile situazione si aggiunge la disparità di opportunità di cura fra cittadine e cittadini di diverse regioni. In altre regioni infatti (è stata fatta la verifica in Toscana e Lazio) Marino avrebbe avuto la sua visita entro i 10 giorni stabiliti dal codice indicato dal medico di base. Questo è il risultato della modifica del Titolo V della Costituzione che affidando la sanità alle regioni di fatto ha inserito un fattore discriminatorio fra cittadine e cittadini dello stesso paese.
Per chi soffre di long covid vi è inoltre un’altro vuoto da denunciare: queste persone non vengono infatti sistematicamente seguite da una struttura sanitaria, come accade ad esempio con i malati oncologici. Questa procedura permetterebbe loro, ad esempio, una via prioritaria nelle prenotazioni delle visite di controllo. Inoltre, poiché sono ancora scarse le informazioni sulla Covid e le sue conseguenze, le persone affette da Sindrome Post Covid-19 dovrebbero essere inserite in studi clinici per la ricerca su questa sindrome, invece non vi rientrano automaticamente, tutto dipende dalla regione e dall’Asl di appartenenza.
Ulteriore discriminazione: l’esenzione ticket spetta solo a chi è stato ricoverato
Marino venne curato a casa. Un’opzione fortemente consigliata quando possibile per non congestionare gli ospedali. Per questo furono create nel marzo 2020 le Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale, un team di medici e infermieri a supporto dei medici di medicina generale per la gestione sul territorio dei pazienti Covid o sospetti Covid.
Ma essersi curato a casa, oggi sta penalizzando e discriminando Marino. Infatti la Regione Piemonte non gli riconosce il diritto all’esenzione dai ticket per i controlli post Covid (ECG, ecodoppler, spirometria, per citare solo i principali) alla quale hanno invece diritto i malati che sono stati ricoverati in ospedale. Questa discriminazione è supportata dal decreto “Sostegni-bis” (maggio 2021) che assegna sì “50 milioni [di cui quasi 4,5 milioni al Piemonte, ndr] di euro affinché il Servizio Sanitario Nazionale prenda in carico gratuitamente, con esami diagnostici e terapie, tutti i pazienti maggiormente colpiti dal virus”, ma li destina solo a “Tutti i pazienti colpiti da forma grave di Covid-19, dimessi da un ricovero ospedaliero”. Il paziente, infatti, per poter richiedere l’esenzione deve produrre al medico di base il referto di dimissioni del ricovero.
Un assurdo paradosso
Stato e Regione caldeggiano la cura domiciliare e poi penalizzano chi l’ha ricevuta. Eppure bastava assimilare le case dei malati di Covid ad una “camera di ospedale” delocalizzata e chiedere ai medici operanti nelle Usca di certificare la malattia ed eventuale sindrome post Covid.
Diciamo che si tratta di una svista del “decretatore” che si spera venga corretta anche se, dopo cinque mesi dalla pubblicazione del decreto e le tante denunce, nessuna integrazione è in vista. Però le regioni utilizzando per una volta in maniera virtuosa la loro autonomia sanitaria dovrebbero intervenire garantendo ai malati Covid e affetti da long covid l’adeguata attenzione, tracciamento, e parità di trattamento. E poiché abbiamo un governo delle larghissime intese, centro-destra, centro-sinistra, M5S, non c’è esecutivo regionale, a partire da quello piemontese, che non abbia un componente del governo del proprio partito da sensibilizzare anche su questo tema, perché vi sia un impegno maggiore e adeguato, per sanare le tante diverse ingiustizie e discriminazioni attuate nella gestione della pandemia.
Cadigia Perini
Ringrazio Giovanna per avermi fatto conoscere la situazione di chi è afflitto da “long covid” e Daniele per avermi fornito dati, informazioni sulle procedure e suggerimenti.