La manovra finanziaria per il 2019 è legge dello Stato: approvata nella mattinata di domenica 30 dicembre dalla Camera, la legge è stata firmata dal presidente della Repubblica Mattarella nel tardo pomeriggio; il 31 dicembre è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale e porta il n. 145. Cosa riserba per la scuola?
Le misure importanti, secondo il Ministro
Queste le misure principali riguardanti la scuola: nuovo modello di reclutamento degli insegnanti, revisione dell’alternanza scuola-lavoro, risorse per incrementare il tempo pieno, soprattutto al Sud, e per l’inclusione scolastica, nuove assunzioni di ricercatori nelle università e creazione di una Scuola Superiore Meridionale per la formazione e la valorizzazione di nuove eccellenze.
“Con la manovra – ha spiegato il Ministro Bussetti poche ore dopo il voto finale della Camera – siamo intervenuti risolvendo questioni importanti, come quella dello stipendio degli insegnanti che rischiava di essere decurtato già a partire dal mese di gennaio. Il precedente Governo non aveva infatti stanziato fondi sufficienti in occasione dell’ultimo rinnovo del contratto collettivo nazionale. Abbiamo recuperato quello che serviva e messo in salvo i salari. Apriamo le porte della Scuola ai giovani che vogliono insegnare: avremo concorsi snelli e banditi regolarmente. Chi vince va in cattedra: niente più anni infiniti di precariato prima del contratto a tempo indeterminato. Nella fase attuativa terremo naturalmente conto anche di chi ha già fatto un percorso di insegnamento che dovrà essere valorizzato”.
Alla pagina del sito del Ministero sono disponibili alcune schede che illustrano le principali misure.
Le polemiche: più soldi o riduzione di spesa?
L’approvazione della legge, come era inevitabile, è stata accompagnata da parecchie polemiche di cui però era difficile prevedere l’entità.
E così succede che mentre la maggioranza sostiene che questa è una manovra che rilancia il ruolo della scuola pubblica, l’opposizione protesta e parla di tagli alla scuola di almeno 4 miliardi di euro nei prossimi tre anni.
Ma vediamo cosa dicono i numeri contenuti nelle tabelle allegate alla legge di bilancio.
Partiamo dai dati contenuti nella prima versione della legge, quella presentata dal Governo a fine ottobre: in uno degli allegati, e precisamente in quello relativo alle spese dei diversi ministeri, troviamo che la spesa del Miur per il 2018 dovrebbe assestarsi sulla cifra di 46.611 milioni (l’importo riguarda solo la scuola e non anche l’Università).
Nella relazione allegata si dice poi che per il 2019 è previsto un aumento dovuto al CCNL siglato nello scorso mese di aprile.
Ai 46.611 milioni se ne sommano così altri 1.631 milioni e si arriva a 48.242 che è la spesa che la manovra predisposta dal Governo prevedeva inizialmente.
In effetti nella tabella relativa alle spese del Ministero si trova indicata proprio questa cifra come spesa prevista “a legislazione vigente”: con questa espressione si intende dire che, applicando le norme in vigore prima della approvazione della legge di bilancio, la spesa sarebbe appunto quella.
Ma nella stessa tabella di indica anche l’effetto della manovra: 75 milioni di euro (questo significa che con la legge si stanziano altre risorse, o meglio il saldo fra le maggiori e le minori spese dà come risultato 75 milioni). Ed è così che si arriva alla cifra di 48.317 milioni, spesa del Miur prevista per il 2019, 1 miliardo e 600 milioni in più rispetto al 2018.
Questa era la tabella di fine ottobre, il passaggio al Senato ha determinato qualche piccola variazione: il testo definitivo prevede una spesa di 48.376 milioni con un incremento di altri 59 milioni.
Resta il fatto che differenza fra 2018 e 2019 va imputata per lo più al nuovo “costo” del personale e non ad altre forme di investimento.
Le opposizioni fanno però notare che gli stanziamenti previsti per gli anni successivi sono in calo progressivo: 46.933 milioni per il 2020 e 44.478 per il 2021; in altre parole si tratta di 1,4 miliardi in meno nel 2020 e 3,9 in meno nel 2021.
Per spiegare il motivo per cui per gli anni 2020 e 2021 le tabelle prevedono una riduzione consistente della spesa per il personale docente e per quello di sostegno in particolare il senatore Pittoni della Lega, presidente della Commissione Cultura del Senato, scrive: “I docenti di sostegno si dividono tra quelli di ruolo, in numero pari a quanto previsto dai passati governi, e quelli aggiuntivi nominati ogni anno per garantire comunque il diritto all’istruzione di tutti gli alunni con disabilità, nessuno escluso. Lo stipendio dei docenti in deroga, da questo esercizio, viene iscritto in bilancio, per convenzione contabile, solo per un anno (di qui l’apparente taglio) e non sul triennio. Naturalmente lo stanziamento sarà rinnovato ogni anno”.
Per la verità la spiegazione del senatore Pittoni non appare molto convincente perché in realtà la riduzione di spesa riguarda non solo i docenti di sostegno ma anche tutti gli altri.
Le spese di personale per il funzionamento delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione sono infatti preventivate in 19.088 milioni per il 2019, 18.719 milioni per il 2020 e in 18.147 milioni per il 2021, con una minore spesa complessiva di circa un miliardo di euro: in pratica il 5% in meno.
Nella scuola del secondo ciclo si passa da 10.967 milioni del 2019, a 10.713 milioni del 2020 e a 10.260 nel 2021: 700 milioni di euro in meno pari ad un calo del 7%.
La spiegazione che si sta tendando di dare da parte della maggioranza è che con il turn-over entreranno docenti più giovani, con uno stipendio inferiore a quello di coloro che andranno in pensione e questo spiegherebbe il “risparmio”.
Ma si tratta di una spiegazione che convince poco in quanto la tabella del Miur allegata al bilancio evidenzia un risparmio di spesa concentrato sul personale destinato al sostegno: nel primo ciclo, infatti, si passa dai 3.489 milioni del 2019 ai 3.079 del 2020 e ai 2.457 del 2021; stesso trend nel secondo ciclo dove la spesa prevista scenderà da 1.454 milioni del 2019, a 1.317 del 2020 e a 1.108 nel 2021.
Peraltro se fosse questa la spiegazione un analogo calo di spesa si dovrebbe riscontrare una flessione analoga anche nella spesa relativa al personale Ata che invece resta pressoché identica.
La domanda, però è d’obbligo: perché mai il Governo prevede una così drastica diminuzione della spesa di personale?
Forse il Governo vuole far arrivare all’Unione europea un messaggio di questo genere: “Guardate che noi intendiamo impegnarci per ridurre la spesa corrente e quindi sfrutteremo il calo demografico per ridurre gli organici del personale della scuola”.
Se, però – come è molto probabile – nel 2020 e nel 2021 non si riuscirà a ridurre gli organici, quando si dovrà mettere mano alle future leggi di bilancio il problema si ripresenterà di nuovo.
In sintesi
Ma, al netto di questa polemica, peraltro di non poco conto, ci sono nella legge provvedimenti interessanti e significativi che riguardano la scuola?
Intanto viene confermata la “riforma” della alternanza scuola lavoro che d’ora in avanti si chiamerà “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”: spariscono le 400 ore che diventano 210 nei professionali, 150 nei tecnici e 90 nei licei; di conseguenza vengono ridotte anche le risorse finanziarie destinate allo scopo; la legge prevede anche che entro due mesi il Ministro dovrà adottare un decreto per definire il quadro delle competenze attese.
Confermata anche la norma che crea 2mila posti di tempo pieno nella scuola primaria: per rendere operativa la misura, entro 60 giorni è previsto un decreto ministeriale che dovrà essere emanato dopo aver sentita la Conferenza unificata Stato-Regioni-Enti Locali.
Dovrebbe essere risolta anche la vecchia questione dei lavoratori LSU impiegati per i servizi di pulizia in molte scuole, in particolare in Sicilia e in altre province del sud: ci sarà la stabilizzazione di 12mila operatori che verranno assunti dallo Stato.
Una delle misure più significative è però quella relativa alla revisione pressoché completa del decreto legislativo 59/2017 sul reclutamento dei docenti di scuola secondaria: sparisce il percorso triennale di “formazione iniziale e tirocinio” e si torna ad assunzioni effettuate nuovamente attraverso un concorso abilitante con procedura analoga a quella dei vecchi concorsi.
Cancellata anche la “chiamata diretta” dei docenti introdotta dalla legge 107/2015, molto contestata da sindacati e insegnanti e peraltro poco gradita anche agli stessi dirigenti scolastici.
Una buona notizia sembra esserci infine per le scuole: il fondo per il funzionamento amministrativo e didattico delle scuole verrà aumentato di 174 milioni per il 2020 e di 80 milioni per il 2021.
Reginaldo Palermo