Assocontact, dopo essere uscita dal contratto collettivo nazionale delle telecomunicazionie, firma con il sindacato Cisal un contratto per le aziende di call center che peggiora tutte le condizioni di lavoro facendo precipitare il settore indietro di 15 anni.
Il 28 aprile scorso Assocontact, l’associazione di Confindustria delle aziende di call center, aveva ufficializzato l’uscita dal contratto nazionale delle Telecomunicazioni (CCNL TLC), il più rappresentativo del settore sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil. «Lo fa attraverso una lettera che conferma come, alla fine, questi imprenditori stiano cercando solo ed esclusivamente di risparmiare sulle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori. Lo fa senza chiarire a quale contratto aderirà», denunciava allora Slc-Cgil in un comunicato.
Tre settimane fa, il 4 dicembre, Assocontact ha finalmente svelato le carte firmando insieme ad Anpit, altra associazione datoriale, e al sindacato Cisal, un nuovo contratto collettivo per i lavoratori dei call center.
Contratto definito “pirata” dai sindacati confederali Slc-Cgil, Fistel-Cisl e UilCom perché firmato da una sigla, la Cisal, che non avrebbe una reale rappresentanza nel settore.
I punti critici del nuovo contratto
Le criticità principali sollevate dai sindacati confederali riguardano diversi aspetti delle condizioni di lavoro di operatrici e operatori:
- Salari bassi e aumenti irrisori: l’aumento salariale previsto è di 7,42 euro al mese, una cifra considerata del tutto insufficiente, soprattutto a fronte di un indice di riferimento all’inflazione sui prezzi al consumo che è oltre 215 euro. A questo aumento irrisorio si aggiungono di 42 euro dopo 18 mesi. Cifre decisamente inferiori alla richiesta di 260 euro al mese avanzata da Slc, Fistel e UilCom nella trattativa con Asstel, l’associazione datoriale confindustriale delle telecomunicazioni. Peggiorano anche “pezzi di salario indiretto o differito come la malattia, le maggiorazioni per il lavoro festivo o notturno, il supplementare e straordinario, e tanti altri diritti contrattuali che con il contratto appena sottoscritto da Assocontact vengono ridotti abbattendosi pesantemente sul salario delle persone”. In ultimo, ma non ultimo, il contratto prevede una paga oraria di soli 6,50 euro per i co.co.co., i lavoratori più precari fra gli operatori di call center.
- Peggioramento delle condizioni di maternità e permessi: Un altro punto dolente riguarda le tutele per la maternità. Mentre il contratto delle telecomunicazioni prevede l’integrazione dell’indennità di maternità al 100%, il nuovo contratto Assocontact-Cisal prevede un’integrazione graduale che scende al 50% per poi scomparire del tutto. Questa riduzione delle tutele rappresenta un grave passo indietro per i diritti delle lavoratrici madri. Anche i permessi subiscono una drastica riduzione, passando da 104 a sole 48 ore.
- Smantellamento della clausola sociale: I sindacati confederali denunciano inoltre lo smantellamento della clausola sociale, un meccanismo fondamentale che garantisce il mantenimento del posto di lavoro e dei diritti acquisiti in caso di cambio di appalto. Questa clausola obbliga l’azienda subentrante ad assumere i lavoratori della precedente azienda, garantendo continuità occupazionale e tutela dei diritti.
- Controllo a distanza. Con l’introduzione del controllo a distanza per il monitoraggio in tempo reale delle performance che verranno collegate al salario, il nuovo contratto assume sempre più “profili di illegalità”.
Un ulteriore elemento critico per Slc-Cgil, Fistel.Cisl e UilCom riguarda la reale rappresentatività della Cisal nel settore dei call center. I sindacati confederali mettono in dubbio la sua capacità di rappresentare effettivamente i lavoratori, sottolineando la mancanza di dati concreti sul numero di iscritti e delegati sindacali nelle aziende.
La critica dei sindacati confederali va anche ai committenti che appaltano il servizio di call center ad aziende esterne. «Banche, assicurazioni, aziende dell’energia e dell’e-commerce che, pur avendo aumentato a dismisura i loro profitti negli ultimi anni, – stigmatizzano Slc, Fistel, UilCom – continuano ad applicare tariffe inadeguate e a scegliere come criterio di assegnazione delle commesse il prezzo più basso fornendo un alibi perfetto a queste aziende che hanno, come unica e reale strategia industriale il taglio dei salari e dei diritti dei lavoratori.»
Pirateria senza freni
Questo nuovo contratto si inserisce in un contesto più ampio caratterizzato dalla proliferazione di contratti “pirata” in Italia, che contribuiscono alla compressione dei salari e alla riduzione dei diritti dei lavoratori. La scelta di Assocontact di stipulare un contratto separato con la Cisal, anziché proseguire la trattativa con Asstel e i sindacati confederali, viene interpretata come una strategia per abbassare il costo del lavoro e indebolire la forza contrattuale dei lavoratori.
«Siamo di fronte all’abbattimento considerevole dei diritti, ritornando così indietro sul salario, e rispedendo il settore dei customer care a 15 anni fa nella giungla delle deregolementazione. – commenta Daniele Carchidi, Slc Cgil – Un atto grave, che Assocontact e Cisal stanno perpetrando a danno di oltre 5mila addetti.»
L’introduzione di un salario minimo legale e di una legge sulla rappresentanza sindacale diventano strumenti quanto mai necessari per contrastare il fenomeno dei contratti pirata e garantire condizioni di lavoro dignitose per tutti.
Mobilitazioni in tutta Italia
In questi giorni si sono tenute in tutta Italia diverse assemblee nelle aziende aderenti ad Assocontact per discutere della scelta delle loro aziende di disdire il CCNL Telecomunicazioni per approdare ad un contratto che, se davvero venisse applicato, vedrebbe un taglio pesantissimo di diritti e salario per migliaia di lavoratrici e lavoratori. Nel torinese le lavoratrici e i lavoratori dei call center One Os, Ccone, Colligo, Ingo, Tecnocall hanno partecipato numerosi alle assemblee indette da Slc-Cgil, Fistel.Cisl e UilCom. (A Ivrea il contratto “pirata” per ora non attraccherà, infatti Konecta (ex Comdata) dovrebbe rimanere nel gruppo dei “big” (Tim, Vodafone, Wind, …) con il CCNL delle Telecomunicazioni.)
Dalle assemblee è arrivata forte la richiesta affinché le organizzazioni sindacali attivino tutte i percorsi di azione e mobilitazione per fermare questo contratto capestro.
A Milano i sindacati hanno convocato un presidio per la mattina del 30 dicembre in Largo 11 settembre, davanti alla Prefettura.
«Non ci fermeremo! – assicurano i confederali – Attiveremo tutti i canali e i mezzi di lotta possibili per tutelare i diritti dei lavoratori dei call center oltre allo sciopero nazionale già previsto per i primi giorni di gennaio»
a cura di Cadigia Perini