Partecipazione oltre ogni aspettativa sabato 24 maggio alla manifestazione organizzata dal Comitato Ivrea per la Palestina e dal Presidio per la Pace di Ivrea. Folto anche il gruppo di sindaci che hanno sfilato con la fascia tricolore.
Quando arrivati alla fontana di Camillo guardando avanti non si vedeva l’inizio del corteo e girandoci indietro non si vedeva la fine, abbiamo capito che le persone aspettavano questa manifestazione. Non c’è allegria, non è una festa, ma il benessere collettivo nell’essere in tanti, ritrovare tanti e tante, con lo stesso sguardo, rabbia, la stessa impotenza.
Durante le settimane dedicate all’organizzazione della manifestazione, la situazione a Gaza è andata via via peggiorando, la fame usata da Israele come arma, i continui bombardamenti su civili, han fatto sì che – anche se tardivamente – il clima cambiasse. Non parlavano più di Palestina, di Gaza, solo i pacifisti incalliti, non pronunciavano più le parole giuste come genocidio e crimini contro l’umanità solo gli attivisti più estremi. Si è sviluppato un senso comune di insopportabilità che ha portato a questa straordinaria partecipazione.
Se solo il mondo, l’opinione pubblica in Italia, Europa, si fosse indignata prima di attendere più di 60 mila morti, tra i quali 18 mila bambini, prima di vedere la striscia di Gaza rasa al suolo piena di cadaveri mutilati, prima di lasciar morire di fame o dissanguati uomini, donne, bambini, se l’indignazione fosse arrivata negli anni passati non ci sarebbe stata questa strage di massa, non ci sarebbe stato nemmeno il 7 ottobre. “Vi siete accorti di Gaza ora che non esiste più?” è il testo di una vignetta di Fogliazza.
Ma un risveglio anche se tardivo è pur sempre un risveglio. Sabato 24 a Ivrea c’erano proprio tutti, di tutte le età e colori, compreso un buon gruppo di sindaci con la fascia tricolore (Ivrea, Montalto, Bollengo, Chiaverano, Nomaglio, Albiano, Strambino, Romano, Salerano, Samone, Fiorano, Colleretto, Brosso, Settimo Vittone, Rueglio, Val di Chy, Pavone, Carema). Davanti al municipio, dopo l’intervento di Sami Hallac a nome dell’UDAP (Unione Democratica Arabo Palestinese), ha parlato il sindaco di Ivrea Matteo Chiantore usando parole chiare, precise, senza sconti: “ho desiderato che altri sindaci fossero qui a testimoniare il nostro impegno civile perché questi tempi difficili richiedono a ciascuno di noi, nei nostri diversi ruoli, di non cedere mai all’indifferenza perché tacere significa accettare”.
Durante il corteo ci sono state alcune soste con letture. Si è partiti con la riflessione su quanto c’è in noi della resistenza palestinese: “Siamo palestinesi quando scioperiamo, lottiamo, boicottiamo, reagiamo, ci uniamo, ci mobiliamo, ci ribelliamo, ci organizziamo, resistiamo, ri-esistiamo, amiamo e finalmente liberiamo”, ha letto Beppe. È seguita poi la lettura di Alice sulle responsabilità occidentali verso la Palestina citando Ilán Pappé che afferma che “senza il supporto globale, Israele non durerebbe 10 giorni”. Si è evidenziato il valore epocale della questione palestinese dal punto di vista politico: “La Palestina è un laboratorio globale di dominio, espropriazione, annientamento, sperimentazione tecnologica di controllo e distruzione. È un laboratorio dello spirito, che testa i limiti di quanto possiamo sopportare, verifica quanto possiamo accettare a testa bassa un genocidio e il collasso delle nostre vite al ritmo del riarmo”, così mette in guardia Jacopo. E poi la fame come arma di distruzione: “A Gaza la gente non chiede più la pace chiede pane acqua vita. I ministri israeliani lo hanno detto apertamente: l’obiettivo è prima affamare la popolazione poi attaccare: usare il cibo come arma: guardare le donne mangiare la terra, vedere i bambini crollare per la stanchezza, aspettare la morte non come incidenti di guerra ma come strategia.” è un estratto dell’intervento letto da Simonetta. Giovanni ci ha parlato della lotta all’indifferenza: “Quando l’orrore diventa quotidiano, non sempre genera indignazione. Più spesso produce una forma muta di adattamento emotivo. Ciò che scatta, nel voltarsi dall’altra parte, non è soltanto indifferenza. È un bisogno psichico di distanza. Di non essere coinvolti”.
La forza collettiva è il tema dell’intervento letto da Milena al termine del corteo entrando in piazza Ottinetti: “Noi siamo qui ad unire dolore, paura, rabbia, desiderio di libertà e giustizia, volontà di vivere vite più belle in un mondo migliore. Uniti siamo più vivi, siamo più organizzati. Insieme possiamo imparare, ragionare, fare, cambiare, lottare, liberare e vincere tutte le battaglie che ci spaventano.”
In piazza Ottinetti hanno accolto i manifestanti alcuni punti informativi e altri emozionali come la distribuzione di pezzi di anguria, simbolo della Palestina per i suoi colori, gli stessi della bandiera palestinese, verde, bianco, rosso e nero e la scrittura di pensieri su post it poi consegnati all’aria attraverso il fuoco. E tanti ancora sono stati gli interventi, fra questi quello della poetessa palestinese Rita Rashid Rashid.
Tra i banchetti informativi quello sulla campagna BDS (Boicottaggio Disinvestimenti Sanzioni) che includeva anche materiali della campagna SPLAI (Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliana), sempre di Bds. E’ stato ricordato che il Presidio per la Pace di Ivrea e il Comitato Ivrea per la Palestina hanno inviato una lettera al sindaco Matteo Chiantore e all’assessora al commercio Gabriella Colosso per chiedere la promozione della campagna SPLAI a Ivrea.
Un altro banchetto informava sui rapporti fra Italia e Israele, soprattutto militari, riassunti in un intervento di chi qui scrive. Si è invitato ad aderire all’appello di PeaceLink per chiedere la revoca del memorandum d’intesa militare Italia-Israele (occorre agire entro l’8 giugno) E si è approfondito anche il tema dell’obiezione di coscienza militare e informato sulla campagna contro le “banche armate” con un banchetto e l’intervento di Pierangelo Monti.
Si sono anche raccolte firme per esporre la bandiera palestinese sul palazzo comunale e piantare un ulivo con una targa dedicata a Gaza.
Ci si è lasciati con una sola parola d’ordine: ci siamo ritrovati non interrompiamo questo percorso di attivismo per Gaza, la Palestina e contro tutte le guerre e la criminale politica di riarmo che succhia risorse alla nostra vita mentre uccide altri popoli.
La manifestazione per la Palestina libera di sabato scorso a Ivrea è stata veramente straordinaria.
Certo, straordinariamente insopportabile è la disumanità esibita e rivendicata dal governo israeliano a Gaza (e, seppur meno conosciuta, la ferocia esercitata nei territori occupati che continuano ad estendersi in Cisgiordania), come pure la violazione palese e continua di qualsiasi norma e risoluzione internazionale, ma da molto tempo non si vedeva una manifestazione tanto partecipata della comunità eporediese.
Perché di manifestazione della comunità, di tutte le sue componenti, si è trattato, in una misura che ricordava i tempi delle lotte contro “lo spezzatino” e poi la scomparsa della Olivetti (con una sola differenza: l’assenza sabato scorso di esponenti della chiesa cattolica locale). Ivrea ha ritrovato sabato scorso il meglio di sé: la capacità di muoversi come comunità pensante e partecipante.
Una capacità che l’ha resa e la rende “diversa”, un po’ meno permeabile alle ondate e alle narrazioni reazionarie, tanto da essere divenuta un’ossessione per le destre (che, con la loro frangia comica e “patriottica”, si propongono addirittura la conquista della città con il “giuramento alla bandiera” nel quartiere San Giovanni fra un paio di settimane).
Non è mai facile, e ancor meno su una questione come quella palestinese, riuscire a tenere insieme le diverse sensibilità, letture, approcci e modalità di espressione, ma a Ivrea ha prevalso la necessità di una risposta unitaria della comunità locale. Una necessità che, anche se positivamente si moltiplicano le manifestazioni popolari contro l’orrore di Gaza, a livello nazionale fa ancora fatica ad essere profondamente sentita.
In un’epoca in cui grande è la confusione e pochissimi i punti fermi, Ivrea può candidarsi ad essere uno di questi punti fermi e tornare, a partire dall’elementare senso di umanità oggi gravemente compromesso dalle narrazioni liberiste e guerrafondaie, ad essere una comunità anticipatrice di processi di consapevolezza sociale più estesi. Tocca a ciascuno scegliere di muoversi in questa direzione.
Cadigia Perini, ƒz
Nota a margine (e del tutto marginale): lunedì 26 maggio Fratelli d’Italia ha presentato in consiglio comunale a Ivrea una mozione dal titolo “Dal pacifismo alla caccia all’uomo” dove si accusano pacifisti e attivisti per la Palestina di antisemitismo. Solita storia. Ha replicato bene la consigliera di maggioranza Erna Restivo che prima di tutto si è detta colpita dal fatto che nella mozione mancasse totalmente almeno un pensiero di umana pietà per le vittime palestinesi dell’esercito israeliano. E poi sull’antisemitismo ha ricordato la sua storia familiare segnata dalle stelle gialle. La mozione marchia infatti – come fa sempre chi non ha argomenti – l’opposizione alle azioni del governo israeliano, fuori dal diritto internazionale e genocidiarie, come antisemita (ben sapendo che il contrasto è al sionismo di Israele). Accusa assai grave affibbiata a chi protesta contro i crimini di guerra, crimini contro l’umanità, come ormai sostengono anche tanti intellettuali e giornalisti ebrei e israeliani, ha ricordato sempre Restivo.
Una mozione che è stata chiaramente una provocazione, respinta al mittente e bocciata dal Consiglio Comunale. Un intervento che mostra ancora una volta la distanza siderale tra chi l’ha presentata e il sentire comune della città, tra chi per modello sociale ha in testa caserma e gerarchie e chi invece lavora e opera per una comunità consapevole e attiva.