Abbiamo chiesto alle principali forze che hanno composto il Comitato Eporediese per i referendum dell’8 e 9 giugno un commento a caldo sull’esito. Pur non avendo raggiunto l’obiettivo, in tutti prevale la volontà di capitalizzare il lavoro e la mobilitazione generata sui temi cruciali del lavoro.
Partiamo dalla Cgil, prima promotrice dei referendum sul lavoro, con l’intervento di Federico Bellono segretario generale di Torino che inizia affermando che questa non è “una parentesi, ma un investimento sul futuro, che ha “smosso” e un po’ già cambiato anche la Cgil, in rete con tante altre realtà.” E con le parole di Gianni Ambrosio, responsabile Cgil Ivrea: “Innanzitutto un ringraziamento speciale va a tutti coloro che si sono prodigati durante questa lunga campagna referendaria che è iniziata un anno fa con la raccolta delle firme ed è culminata con l’esercizio del voto. Il comitato referendario ha rappresentato tutte le ragioni del sì mettendo da parte qualsivoglia personalismo. Purtroppo, il risultato non ci ha permesso di raggiungere il quorum, ma questo non fermerà da parte nostra il lavoro che quotidianamente mettiamo in campo, e i milioni di voti per il sì ci spronano ancora di più ad impegnarci affinché in questo paese il tema del lavoro torni centrale nell’agenda politica di qualsiasi governo. Dalle piazze e dai luoghi di lavoro veniamo ed è lì torneremo a sventolare i nostri valori e a rappresentare la nostra idea di paese. L’analisi dei dati ci consegna una percentuale sul territorio molto più alta della media nazionale. Ci rincuora il fatto che a votare si sono recati tanti giovani, studenti e donne che sono le categorie che più di altre subiscono le maggiori penalizzazioni da regole ingiuste, vessatorie e discriminatorie nel mondo del lavoro. Per loro e per tutti coloro che vivono di lavoro, pensioni, disoccupati resteremo baluardo di legalità e dignità, quella dignità che deve diventare patrimonio di tutte e tutti a prescindere di essere nato o meno in questo paese.”
Il segretario del Circolo del Pd di Ivrea e Cascinette, Francesco Giglio così esordisce nel suo commento: “E’ stata una sconfitta, non nascondiamoci, ma da qui dobbiamo ripartire. Volevamo dare il via ad una fase di diritti per il lavoro e per la cittadinanza e insieme volevamo dare un colpo alla destra che ci governa. Non ci è riuscito. La destra, a cui piace vincere facile boicottando le elezioni e sottraendosi al confronto, si sentirà ancora più forte e farà il maramaldo verso l’opposizione e verso il più grande sindacato dei lavoratori.
“Solo una parola sulle dichiarazioni ed esultanze sguaiate dei “tifosi” della politica – così inizia il suo intervento Enrico Bandiera, referente Gruppo Territoriale M5S Eporediese Canavese Nord – Chiedo di portare rispetto a circa 15 milioni di cittadini che sono andati a votare. Chiedo di portare rispetto agli oltre 12 milioni che hanno votato sì a maggiori tutele nel mondo del lavoro, cittadini che, al di là dei colori politici, chiedono più tutele contro licenziamenti, precariato e incidenti sul lavoro per evitare la strage di molte centinaia di vittime ogni anno. (…) Soprattutto in un contesto in cui poteri con gran parte dell’informazione in mano inquinano le acque, in cui pochissimi decidono per tutti, in cui molti italiani non hanno quasi mai sentito parlare di questo referendum per mesi o forse, alla fine, proprio mai, nonostante l’impegno profuso qui in Canavese come in tutta Italia da molti attivisti di ogni colore politico.”
Anche Rifondazione Comunista è stata parte dei Comitati locali per i referendum su lavoro e cittadinanza, il segretario regionale Alberto Deambrogio così commenta nel suo comunicato: “Dobbiamo investire sui milioni di voti che hanno chiesto di chiudere con il liberismo. Il quorum non è stato raggiunto e le cause sono molteplici. Noi vogliamo ricordarne una sicuramente importante: è difficile essere totalmente credibili nel proporre quesiti sacrosanti, se essi non sono parte di una robusta stagione di lotte a iniziare da quella sui rinnovi contrattuali, che rimangono una chimera per tantissime/i lavoratrici e lavoratori. Rimane il fatto che milioni di persone, in quota parte anche dal Piemonte, sono andate a votare per dichiarare la loro volontà di farla finita con la precarietà, l’insicurezza, la prepotenza padronale, il razzismo, in una parola col liberismo. Di fronte a questo dato occorre lavorare da subito per evitare un atteggiamento liquidatorio del risultato referendario”.
Chiudiamo con il commento di Mario Beiletti, presidente dell’Anpi di Ivrea e Basso Canavese: “Col cuore ci speravamo in molti, anche se la ragione diceva che no, non avremmo raggiunto il quorum. Come sarebbe stato possibile in un Paese in cui l’astensionismo continua ad aumentare, e il disinteresse della popolazione ha ormai toccato limiti storici? I Referendum, nelle intenzioni dei Padri costituenti, dovevano costituire una garanzia ulteriore rispetto al Parlamento; la certezza che, in caso di leggi ingiuste, sarebbe ancora stato possibile rimediare. E invece, col tempo, questo meccanismo si è deteriorato. Da battaglia di civiltà si è ridotto a mortificanti sconfitte “a priori”. Invece di diventare un gesto di rivolta, come annunciava la CGIL, sono diventati una ulteriore tomba della democrazia, che consente agli altri di decidere per noi.”
a cura di Cadigia Perini