La minoranza del PD locale cerca di creare un’alternativa politica per i prossimi cinque anni di governo cittadino assieme alle associazioni, ma la sua credibilità è appesa ad un filo e la proposta appare meramente funzionale alla sopravvivenza
«Una preoccupazione ci anima: mai come da vent’anni a questa parte ci sarà un esito incerto per le elezioni amministrative d’Ivrea». Con queste parole l’assessore Augusto Vino ha introdotto la serata di lunedì 19 organizzata dal “nuovo” Circolo Brat d’Ivrea allo Zac!. Nuovo per modo di dire, visto che i membri appartenenti a questo gruppo sono tutti personaggi noti da tempo al centro-sinistra eporediese: uomini e donne più o meno gravitanti attorno all’area del Partito Democratico che stanno vivendo con difficoltà la metamorfosi irreversibile del loro partito e che adesso sono alla ricerca di “lidi” sicuri su cui approdare.
La serata del 19 ha avuto proprio questo scopo: verificare se il mondo dell’associazionismo può essere una di queste spiaggie sicure. «C’è da ragionare per un progetto per Ivrea. Vorremmo costruire un progetto che possa indicare una prospettiva per i prossimi cinque anni. Ci siamo domandati: a chi proporlo?».
Già, a chi proporlo? Di qui il motivo della serata dal titolo “Il civismo che rigenera la politica”. Ospite dell’incontro Valentino Castellani, sindaco di Torino per due mandati dal 1993 al 2001 e artefice del piano regolatore attraverso il quale venne avviata la transizione da città industriale a città della cultura e del turismo.
Castellani ha cercato di focalizzare il suo ragionamento sulla distinzione del termine politica nella lingua inglese. Gli inglesi, infatti, parlano di politics nel senso di rapporto di forze che si contendono il potere, mentre policies allude all’operato di progetti razionali (politiche sociali, politiche per la casa ecc…); progetti di vita collettiva e comune che nulla hanno a che vedere con gli scontri di potere. Questa distinzione gli ha permesso di elaborare una constatazione, chiara a tutti: «Oggi manca indubbiamente il partito inteso come il tramite della domanda di policies». Detto altrimenti: i partiti non riescono più a intercettare la domanda di cambiamento. Almeno non nella loro forma tradizionale.
Al di là delle sue considerazioni, Castellani non ha risparmiato critiche e moniti: «Dopo vent’anni di governo di una città o si è in grado di dare un segnale di cambiamento o si viene sconfitti. Voi, a Ivrea, correte il rischio di pagare; è ora di cambiare e la parola cambiamento è evocativa perché ognuno può vederci quello che vuole. Avrete un passaggio molto delicato; dovrete inventarvi un cambiamento riempito di contenuti».
La minoranza del PD di Ivrea questo cambiamento sta già cercando di metterlo in atto, come espressamente dichiarato da Vino: «Lavoriamo ad un progetto per Ivrea al di là degli schieramenti, tenendo in centro i contenuti e dandoci due regole: restare in un campo di centro-sinistra e non lasciarsi influenzare dal dialogo nazionale e dalle divisioni».
Ma come ci si può fidare di una proposta del genere se l’invito proviene da quegli stessi militanti ed esponenti di partito che in questo secondo mandato Della Pepa hanno amministrato e prodotto poco o nulla (secondo i punti di vista)? E che tutt’ora continuano a governare, con risultati opinabili.
La verità è che il dialogo nazionale influenzerà ovviamente sempre la politica territoriale, almeno fino a quando esisterà una continuità dal locale al nazionale.
Anche ammesso che con qualche piccolo sforzo quest’ostacolo venga superato (o almeno ridotto), rimangono comunque aperte delle contraddizioni che alimentano intepretazione maliziose (e “a pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca”, diceva Andreotti) su questa improvvisa (ad un anno dalle elezioni…) proposta di “alleanza” con il mondo delle associazioni.
Come mai il Partito Democratico in questi anni non ha mai dimostrato un’autentica vicinanza al “civismo”? Quando Legambiente Dora Baltea raccolse 700 firme per fermare la Centrale del Crist, dov’erano il PD e i suoi militanti? Quando diverse associazioni locali chiesero un maggior protagonismo per risolvere la grave situazione del Carcere d’Ivrea e vennero messi in piedi dei presidi per manifestare solidarietà ai carcerati, dov’erano i militanti, i consiglieri comunali e gli assessori che oggi vogliono avvicinarsi alle associazioni? E cosa sarebbe stato del Movicentro se le associazioni non si fossero rimboccate le maniche per riempire quel vuoto destinato al degrado lasciato da scelte politiche mai partecipate?
Gli esempi potrebbero continuare, ma la verità è che la vicinanza con le associazioni da parte della politica è sempre solo stata di “prossimità”, una presenza intermittente, fatta solo di comparse fugaci. Che si accentuano con l’approssimarsi di scadenze elettorali.
Il progetto “Officina Ivrea”, come l’ha battezzato l’assessore Vino ad un certo punto della serata, ha le sembianze di un’alleanza strumentale: il “civismo” che in questi anni ha dovuto fare i conti con le proprie energie non può ora fidarsi di questa proposta, non se proviene dai “delusi del PD” che in questi anni avrebbero potuto e dovuto dimostrare una maggior dialettica e un maggior coinvolgimento con le associazioni.
Andrea Bertolino