E’ ripartita l’8 febbraio la nuova stagione del Cineclub Ivrea, la sessantesima, questa volta con la anomala durata di 5 mesi, con conclusione a giugno. Mercoledì 23 febbraio “Freaks Out” (di Gabriele Mainetti); l’1 e il 2 marzo “La scelta di Anne” (di Audrey Diwan)
Per parlare del programma e più in generale delle prospettive del cinema e delle sale cinematografiche abbiamo incontrato gli organizzatori della rassegna eporediese, curata dal Circolo Cineclub Ivrea in collaborazione con l’Associazione Rosse Torri, che riprende le proiezioni dopo le forzate chiusure causate dalla emergenza sanitaria.
– Dopo due anni di pandemia quale è la situazione delle nuove produzioni cinematografiche e soprattutto come è cambiato il pubblico?
La produzione di film non si è fermata del tutto, ma è certamente stata fortemente ridimensionata, come un po’ tutto, indirizzandosi, già in prima battuta, al pubblico delle piattaforme streaming (Netflix, Sky, Disney+, Amazon Prime Video, NOW,…).
Praticamente ferma è stata invece la distribuzione nelle sale cinematografiche, anche quando queste sono state aperte (e non tutte, diverse sono ancora chiuse e chissà quando e se riapriranno), perché l’affluenza al cinema ha subito una riduzione (in realtà un tracollo) ben superiore a quella imposta per un certo periodo dalle limitazioni di capienza. Più che dire come è cambiato il pubblico, si può dire che il pubblico è scomparso. Sono rimasti i più appassionati di cinema o di specifici “supereroi” (è il caso dell’ultimo Spider-Man, unico film che in questi ultimi mesi ha registrato un buon numero di spettatori).
– Le sempre nuove proposte dei canali televisivi e delle piattaforme streaming, a pagamento o meno, tolgono spazio alla sala o possono convivere?
La concorrenza tra l’uscita dei nuovi film nelle sale o direttamente sulle piattaforme è in atto ormai da anni, e la pandemia ha segnato ovviamente un’accelerazione a favore di queste ultime. Anche se, in verità, l’anno 2019 aveva visto un’inversione di tendenza rispetto al calo continuo delle presenze in sala registrato negli anni precedenti, come se si fosse giunti a un punto di equilibrio.
Ora è difficile capire cosa accadrà, anche perché le grandi case di distribuzione hanno fatto saltare accordi che prevedevano il passaggio dei film alle TV o online almeno nove mesi dopo l’uscita nelle sale. Ci sono film che già da tempo escono direttamente sulle piattaforme a pagamento oppure restano esclusivamente nelle sale solo per un paio di settimane (è il caso, ad esempio, dell’ultimo di Sorrentino, “E’ stata la mano di Dio”).
Certamente non è una situazione facile per gli esercenti cinematografici, ma, oltre alla qualità della visione (su grande schermo, con audio adeguato, in silenzio, al buio e senza interruzioni), la sala resta un’occasione di condivisione che è un valore aggiunto rispetto alla fruizione in casa propria.
Condivisione che connota l’incontro anche con altre arti (teatro, musica, danza e persino la letteratura) ed è particolarmente importante per il cinema per la sua oggettiva dimensione di massa, per il suo inevitabile legame con l’attualità e la forza (grazie alla possibilità di pieno utilizzo di tutte le altre sei arti) di entrare nel cuore e nella testa delle persone.
– Il nuovo cartellone del Cineclub su cosa punta per attrarre spettatori in parte disabituati ad andare al cinema?
Caratteristica dei partecipanti al Cineclub è proprio la condivisione del cinema. Si pensi come e quanto la definizione stessa di cineclub o cineforum sia legata, nell’immaginario, al “dibattito” (poi ridicolizzato da Fantozzi negli anni Ottanta) che spesso seguiva le proiezioni. Esiste perciò uno “zoccolo duro” di pubblico che storicamente rinnova questa scelta proprio perché il cinema è il luogo “dove la luce si incontra con il buio” (come recitava lo slogan che ad Ivrea accompagnò la nascita dello storico ABCinema d’essai) e dove una comunità si incontra e si confronta. Un po’ come accade a teatro.
Il programma (oltre alla consueta valorizzazione delle cinematografie meno note e alla proposta di film premiati ai festival ma di fatto esclusi dalla programmazione commerciale fuori dalle realtà metropolitane) si rivolge non solo ai cinefili, ma anche ad un pubblico attento e partecipe della vita civile e sociale della comunità locale.
In particolare, in questa edizione straordinaria per l’insolito calendario (da febbraio a giugno invece del consueto da settembre a maggio) e perché è la 60esima, sia il programma che gli “eventi speciali per il 60°” si rivolgono alla comunità locale tutta.
A proposito degli “eventi” il primo (il 16 marzo) guarda al futuro cercando nei Cortometraggi di giovani piemontesi under 30 di intravvedere interessi e linguaggi cinematografici, il secondo (il 13 aprile) vuole ragionare, attraverso l’avvincente storia dei cinema torinesi, sulle prospettive dello spettatore del futuro, mentre il terzo (l’11 maggio) guarda alla storia, in questo caso al cinema industriale in Olivetti attraverso i filmati documentari e pubblicitari di Massimo Magrì.
Un richiamo alla storia della comunità locale e anche del “Cineclub Ivrea” che diventa completamente autonomo nel 1995, ma, come è noto, nasce nel 1962 come “Cineclub Olivetti” dalla confluenza di tre iniziative: “II film della biblioteca” (rassegna avviata negli anni Cinquanta dalla Biblioteca Olivetti), “II cinema in fabbrica” (che proponeva durante l’intervallo di mezzogiorno – che allora durava due ore circa – cicli di film “classici” e di impegno sociale e politico) e il “cineclub” esterno alla fabbrica e “parallelo” promosso dal Centro Culturale di Comunità (iniziato nel 1956 in un cinema cittadino). E poi c’è l’omaggio finale alla storia con la proiezione (in chiusura) del primo film proposto nella prima edizione del Cineclub Olivetti: Ombre di Cassavetes.
Diciamo che, nel momento forse più difficile per il cinema (e non solo), il Cineclub Ivrea propone nel suo 60esimo compleanno un nuovo inizio, la costruzione di un nuovo intreccio tra comunità locale e cinema.
– In definitiva, c’è un futuro per il cinema in presenza o si possono addirittura intravvedere nuove fasce di pubblico fuori dalla tradizionale sala cinematografica?
Fino a qualche anno fa risultava difficile trovare qualcuno che non fosse mai andato al cinema, mentre non era altrettanto difficile trovare chi non fosse mai andato a teatro o a un concerto o a uno spettacolo di danza. Eppure né le rappresentazioni teatrali, né gli spettacoli di danza, né i concerti hanno mai smesso di tenersi e spesso hanno anche aumentato il loro pubblico.
Il pubblico delle sale cinematografiche ha subito nel corso del secolo scorso profonde trasformazioni in quantità, composizione e aspettative. Un suo possibile prossimo assestamento potrebbe essere proprio intorno a quel “valore aggiunto” della condivisione delle opere cinematografiche. Anche attraverso l’utilizzo di spazi diversi, in particolare nelle comunità che non dispongono di sale cinematografiche.
Film belli e interessanti continuano ad essere realizzati, anzi la qualità media di quelli che arrivano nelle sale sembra decisamente più alta rispetto al passato. Certamente il “consumo” maggiore è e sarà sulle piattaforme e televisioni, ma la funzione sociale, comunitaria, del cinema non scomparirà. E magari troverà nuove forme ancora impensate.
F.C.