Martedì 21 marzo 2017 ore 14,55, 17.10, 19.25, 21.40
Mercoledì 22 marzo 2017 ore 15.30, 18.00
Attenzione agli orari!
Titolo originale Zvizdan / regìa Dalibor Matanić / soggetto e sceneggiatura Dalibor Matanić / fotografia Marko Brdar / musica Alen Sinkauz, Nenad Sinkauz / montaggio Tomislav Pavlic / scenografia Mladen Ozbolt / costumi Ana Savic Gecan / interpreti Tihana Lazovic, Goran Markovic, Nives Ivankovic, Dado Cosic, Stipe Radoja, Trpimir Jurkic, Mira Banjac, Slavko Sobin, Lukrecija Tudor, Tara Rosandic, Ksenija Marinkovic / produzione Kinorama, Gustav Film, See Film Pro / origine Croazia, Slovenia, Serbia 2015 / distribuzione Tucker Film / durata 2 h e 3’
scheda filmografica 23
L’amore fra un ragazzo croato e una ragazza serba, moltiplicato per tre volte nell’arco di tre decenni consecutivi. Stessi attori ma coppie diverse, dentro il cuore avvelenato di due villaggi balcanici.
Mentre gli italiani rischiano di perdersi nell’eterna ricerca di una commedia che sappia ritrovare la grinta (e la necessità) d’antan, fuori dai nostri confini il cinema dimostra di essere capace di riflettere ancora sulla realtà, affrontando temi per niente compiacenti o consolatori. Rischiando quello che in Italia sembra il massimo peccato mortale: far riflettere. (…) il piccolissimo sforzo di confrontarsi con una storia che può apparire triste o pessimista è ripagato dalla sensazione di essersi confrontato con un cinema degno di questo nome. Ad attraversare Sole alto (in originale Zvizdan, letteralmente lo zenit) è il conflitto che ha opposto serbi e croati e che è talmente radicato nell’animo delle persone da far sentire la propria nefasta influenza anche lontano dagli episodi di guerra aperta: avvelenava le persone prima dell’inizio delle ostilità e lo ha fatto anche dopo, quando le armi avevano smesso di parlare. Come a voler sottolineare che le contraddizioni dell’ex Jugoslavia non sono solo questioni di linee di confine e di aree d’influenza ma scavano più in profondità, in una serie di nodi irrisolti dove si intrecciano identità etnica, retaggi culturali e rabbie tribali. (…) A rendere poi più immediato il coinvolgimento dello spettatore, c’è l’idea di affidare agli stessi due attori – gli ottimi Tihana Lazovic e Goran Markovic – le coppie di protagonisti di ogni episodio: stesse facce ma personaggi diversi, perché al di là delle differenze generazionali i grumi di risentimento, di rabbia o di odio che incrostano l’animo delle persone hanno sempre «la stessa faccia». (…) Vent’anni di storia patria ripercorsi attraverso tre storie private, per scavare dentro quel buco nero che nessun accordo di pace sembra essere stato capace di riempire e cancellare. Matanić (che anche produttivamente è riuscito a coalizzare Serbia, Croazia e Slovenia) non cerca ragioni o torti, non divide i suoi compatrioti in «buoni» e «cattivi», vuole solo prendere atto della frattura che ha segnato la carne e l’anima della sua terra e ricordare a tutti che a pagarne le conseguenze sono soprattutto i giovani e la sola cosa che può permettere loro di sperare in un futuro migliore, è l’amore.
(Paolo Mereghetti)
Parla il regista
Ho sempre desiderato girare un film che fosse uno specchio per tutti noi, noi che viviamo nella ex Jugoslavia, riportandoci faccia a faccia con il momento in cui abbiamo smesso di essere un popolo civile per diventare un popolo dominato dalle pulsioni più oscure e più violente.
(…) Ho provato a raccontare tre differenti storie d’amore in tre differenti decenni: il 1991, il 2001, il 2011. Analizzare uno scenario cupissimo attraverso una prospettiva sentimentale era, a mio parere, il modo più efficace per rendere chiari i contrasti. Per sottolineare che, oggi come ieri, l’accettazione è l’opposto dell’intolleranza; che la speranza e il perdono sono l’opposto dell’odio. Sole alto celebra l’altruismo. Sole alto celebra il meglio della natura umana che sta ancora lottando per riemergere vittorioso nelle nostre terre.
(Dalibor Matanić)