La giunta eporediese concede il patrocinio al Comitato 10 febbraio per il ricordo di Norma Cossetto. Indignazione dell’antifascismo eporediese.
È destinata a far discutere ancora a lungo la decisione della giunta eporediese di concedere il patrocinio al “Comitato 10 febbrai”o, che l’8 ottobre celebrerà nei giardini Marinai d’Italia il ricordo di Norma Cossetto.
Per chi non sapesse di cosa si parla, Norma Cossetto fu una giovane istriana, uccisa dai partigiani titini nel 1943. Nel 2005 (nel clima di “riappacificazione” che aveva come punta di diamante “il re del trasversalismo”, Luciano Violante, oggi con incarichi nell’area di Palazzo Chigi) venne insignita da Ciampi della medaglia d’oro al merito civile .
L’iniziativa, che detta così parrebbe anche condivisibile, prende però una piega inquietante quando si vede chi la organizza. Il proponente del patrocinio e portavoce del Comitato 10 febbraio altri non è che Igor Bosonin.
Comparso sulla scena politica eporediese alle elezioni del 2018 come candidato sindaco per Casapound, quest’anno è ricomparso nelle liste della Lega, un percorso simile a quello del fu consigliere Enrico Marchiori. Nonostante Bosonin assicuri apartiticità e apoliticità del Comitato, in molti ricordano che nelle interviste del 2018 presentava la propria lista come: «Eredi del fascismo, della Repubblica sociale e del Movimento sociale italiano».
Del resto sono anni che le formazioni neo-fasciste tentano di guadagnare agibilità politica con ogni mezzo. E, bisogna riconoscerlo, alla fine ci sono pure riusciti.
Storia e narrativa
Che la questione foibe ed esodo Giuliano-Dalmata venga cavalcata dai neo-fascisti non è certo una novità. Da anni il ricordo di questi eventi viene vissuto dall’estrema destra come l’anti-25 aprile, nuovo rito fondativo con il quale normalizzare e giustificare una narrazione opposta a quella antifascista.
Nonostante si presentino come portatori di una verità storica scomoda, paradossalmente sono proprio le continue rivendicazioni dei gruppi neo-fascisti il vero motivo per il quale sulle foibe è tuttora impossibile un dibattito storico serio e responsabile in questo paese. Numeri gonfiati, esagerazioni, falsi storici, omissioni, fonti dubbie, minacce dirette, negli anni le formazioni di destra hanno fatto di tutto per imporre la narrazione del “genocidio degli italiani”.
Un esempio di ciò si ritrova nelle parole dello stesso Bosonin, che accusa immediatamente lo storico Eric Gobetti, tra i primi a mandare un comunicato al Comune eporediese, di essere un negazionista delle foibe, attaccandolo sul piano personale e guardandosi bene dal contestarne le fonti.
Intendiamoci, le foibe non sono un fatto storico edificante, ma una pagina sanguinosa del secondo conflitto mondiale. Un fenomeno che necessiterebbe di una riflessione approfondita sugli effetti dell’occupazione dei territori e del colonialismo, oltre che della guerra. Le cronache ci insegnano che atti terribili come quelli subiti da Norma Cossetto vengono compiuti anche in tempo di pace, figurarsi in tempo di guerra, quando una società si disgrega, il valore della vita crolla e la sopraffazione si impone come unica legge.
Pretestuoso è però negare il contesto storico, sostenendo che venne uccisa in quanto italiana, quando tra i suoi carnefici ci furono anche partigiani italiani, così come omettere che fosse una fascista convinta, figlia di un locale dirigente del Partito. Tanto che nel 1944 nacque a Trieste il Gruppo d’Azione Femminile “Norma Cossetto”, unico reparto paramilitare fascista femminile della RSI, alle dirette dipendenze del Partito Fascista Repubblicano di Salò.
Ipocrita è usare la questione della violenza sulle donne come giustificazione per ripulirsi la facciata, utilizzando Norma Cossetto come spada e scudo, trasformando il suo corpo in un terreno di scontro politico. Un processo simile a quello accaduto anni fa a Pamela Mastropietro, definita dai neo-fascisti “vittima dell’immigrazione”.
Questa settimana in tutta Italia sono avvenute manifestazioni organizzate dal movimento Non Una Di Meno contro stupri, femminicidi, lesbicidi e transcidi. In tantissime città una moltitudine di persone ha preteso a gran voce autodeterminazione sui propri corpi e una sicurezza basata sull’educazione e l’abbattimento della cultura patriarcale, non sulla repressione poliziesca.
Se si è davvero sensibili al tema della violenza di genere, forse è lì che si dovrebbe guardare.
Contare con le dita
Nonostante le varie posizioni all’interno del dibattito che ne è seguito, in molti concordano nel definire la richiesta di patrocinio, utilizzando un elegante termine del gergo politico, “un trappolone”.
Che in questo trappolone la giunta Chiantore ci sia cascata o meno però è tutto da definire.
Se la scelta di concedere il patrocinio a quest’iniziativa fa giustamente indignare chi ha ancora una coscienza antifascista, va detto che la narrazione istituzionale sulle foibe e sull’esodo Giuliano-Dalmata è esattamente quella del Comitato 10 febbraio.
È logico pensare che Sindaco e Giunta si siano trovati a scegliere se indignare la sinistra antifascista cittadina o negare il patrocinio esponendo il fianco alla destra, che a Ivrea è quasi invisibile, in controtendenza al resto del Paese, e aspetta solo un pretesto per riguadagnare visibilità. Tanto più che il patrocinio era stato concesso già dalla precedente giunta Sertoli senza creare particolare scandalo, e opporsi al ricordo di una donna che ha subito atti così terribili diventa complesso.
Le dichiarazioni di Sindaco e Presidente del Consiglio comunale (e segretario del locale Circolo PD), giudicate da molti quanto meno deludenti, non dovrebbero quindi stupire. Non è nel DNA del Partito Democratico scegliere l’ideologia a discapito del calcolo politico. C’è da vedere se questo calcolo si rivelerà corretto, o se al contrario stiamo contando con le dita, in modo grezzo e impreciso.
Lo scontro politico sulle Foibe non è una novità a Ivrea. Dieci anni fa ci fu una delle prime manifestazioni fasciste del 10 febbraio (a Porta Vercelli il 16 febbraio 2013, qui la pagina di varieventuali che ne parla). Nonostante il freddo, grazie al passaparola una quarantina di antifascisti di varia età e provenienza si radunarono in fretta lì vicino per protestare. La giornata finì con un’inspiegabile e surreale carica della polizia, in piena via Palestro e alle spalle, quando ormai il presidio antifascista spontaneo si stava allontanando.
Da allora molte cose sono cambiate: la narrazione fascista sulle Foibe da minoritaria è divenuta istituzionale, il fascismo è normalizzato, e dopo che i suoi eredi hanno preso il governo e molte istituzioni locali, cerca di riscrivere la propria storia. Un processo che l’estrema destra ha portato avanti lento ma costante, a partire dall’amnistia Togliatti e passando per il terrorismo nero degli anni ‘70 (con alcuni suoi esponenti oggi in ruoli di governo), l’Msi, le bombe e i quasi colpi di Stato, il Berlusconismo e la sua decadenza.
Del resto cambiare una narrazione non si fa velocemente. Non è una guerra lampo, ma una guerra di trincea, ogni metro che cediamo è un metro guadagnato dagli altri.
Il problema della delibera non è tanto la concessione del patrocinio all’iniziativa, che pure era già stato concesso anni prima da Sertoli e dalla destra.
Il problema è che l’amministrazione di Ivrea ha ceduto un metro. È quando lo cedi non sai mai quanto ci metterai a riprendertelo.
Lorenzo Zaccagnini