Carcere in transizione

Lunedì 25 giugno a Ivrea il Convegno in Comune “Trans in carcere”

Quello delle persone transgender (che non si identificano con il genere assegnato alla nascita) detenute in carcere è uno spaccato piccolissimo: circa 70 su una popolazione di 83mila. Minoranza numerica significa maggiore invisibilità, ma non per questo è meno importante occuparsi della tutela di queste persone, come ha sottolineato  Daniela Ronco, professoressa di sociologia giuridica, della devianza e mutamento sociale dell’Università di Torino, intervenuta lunedì 23 in Sala Dorata durante il convegno Trans in carcere promosso dal Comune di Ivrea.
Di queste settanta nove risiedono presso la Casa Circondariale di Ivrea in uno dei quattro piani della struttura, lo stesso dei detenuti in articolo 21 dell’Ordinamento Penitenziario e in semilibertà. Una di loro è italiana e una soltanto è autorizzata al lavoro esterno.
Al convegno erano presenti il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Piemonte Bruno Mellano, il Garante comunale Raffaele Orso Giacone, la DIrettrice della Casa Circondariale di Ivrea Alessia Aguglia, l’avvocata del Movimento Identità Trans di Bologna Antonietta Cozza, l’Assessora Pari con delega alle Pari opportunità, Lavoro, Processi partecipativi, Recupero e Sviluppo delle periferie, Politiche per l’integrazione, Tutela degli animali e Commercio Gabriella Colosso
Il carcere, ove vige un sistema binario (maschile – femminile)
ha ricordato Ronco è un luogo dove la sessualità è questione non di diritti, ma di gestione e di organizzazione. Tenendo alta l’attenzione a “non far incontrare” si creano di fatto sezioni ad hoc dove vivono persone ai cui bisogni si risponde con fatica, con Il rischio evidente di escludere le persone transgender dalle attività di formazione. Alle persone transgender della Casa Circondariale di Ivrea è stata offerta la possibilità di seguire un laboratorio sartoriale, ha raccontato Cristina Boca, direttrice del Centro Servizi Formativi e Orientativi Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri, insieme al Movimento EssereUmani. Alcuni prototipi realizzati durante il laboratorio, utilizzando materiali di riciclo, erano visibili durante il convegno, che si concluderà a ottobre con una mostra.
La persona transgender in carcere – sostiene Antonietta Cozza, avvocata e attivista del MIT (Movimento Identità Trans) di Bologna – pone in primis un problema di sicurezza. Storicamente in questi casi le soluzioni possibili erano tre: l’isolamento, la collocazione in sezioni omogenee, la terza il collocamento in sezioni promiscue (insieme ai collaboratori di giustizia o agli ex appartenenti alle forze di polizia). Con la riforma del 2018 sono uscite finalmente dall’ombra dl questioni di genere e l’orientamento sessuale. E’ stato introdotto il principio della continuità terapeutica, imponendo alla organizzazione penitenziaria di garantire le cure e i trattamenti necessari alle persone
E questo è il nodo chiave della questione, più volte ribadito da Ronco e da Cozza, le terapie ormonali a cui devono sottoporsi le persone transgender e che spesso vengono interrotte con l’ingresso in carcere. Per quanto concerne Ivrea sarebbe sufficiente recarsi all’Ospedale Molinette di Torino (pur con le difficoltà organizzative e logistiche di routine) o ricevere le cure dall’Asl direttamente in carcere. Al momento purtroppo nessuna delle due strade si è rivelata percorribile.
L’Assessora Colosso ha ribadito il suo impegno a sollecitare l’Asl/TO4; dal canto suo il Garante Mellano, che ha incontrato le detenute la mattina del convegno, scriverà una lettera alla Regione, alla luce del nuovo e imminente piano socio-sanitario che parrebbe non contenere alcunché rispetto alla questione carcere. É la Regione, nei fatti, dopo la legge di riforma del 2008, ad avere la competenza esclusiva in tema di sanità nelle carceri.
SI è più volte ricordata la definizione di carcere come quartiere della città. É auspicabile che appuntamenti come questo si ripetano con frequenza e coinvolgano gli altri luoghi e i diversi quartieri della città, insieme alle persone che li abitano. Da solo il carcere non può farcela. Ha bisogno della società, E, incredibile, ma vero, la società ha bisogno di conoscere il carcere.

Simonetta Valenti