1.500 sardine in piazza di Città a cantare Bella Ciao; un nuovo movimento per la lotta ai cambiamenti climatici; associazioni in difesa dei diritti dei migranti e lavoratori in lotta per l’occupazione e il salario: il 2019 si chiude con movimenti dal basso importanti che la società civile deve sforzarsi di tradutture in lotta politica
È trascorsa ormai una settimana dalla riuscita manifestazione di piazza delle sardine eporediesi che, con pochi mezzi, sono riuscite a portare davanti al palazzo di città circa 1.500 persone. Una piazza importante, per quanto povera di contenuti. Ma l’obiettivo, si sapeva, era numerico: mobilitare quante più persone per cantare Bella Ciao e l’Inno di Mameli e per mostrare come anche a Ivrea, così come nel resto d’Italia, esista una “minoranza rumorosa” che non ci sta a subire passivamente i frutti della degenerazione populista di destra.
La tentazione di decifrare, scomporre e analizzare quella piazza di sabato 14 è irresistibile e si potrebbero spendere tante parole d’incoraggiamento, di plauso e di soddisfazione quante altrettante di critica, di delusione, di dubbio. Si potrebbe, perciò, “sposare” la lettura di questi giorni del sociologo Luca Ricolfi che sostiene che quelle piazze siano per lo più rappresentative di quella che lui definisce “società signorile di massa“, ovvero una società fatta di famiglie, uomini e donne che non vivono condizioni di disagio pesante e che, per questo motivo, non trattano temi popolarmente significativi come quello del lavoro (con l’unica eccezione delle sardine rosse a mitigare questa mancanza). Eppure, la lettura che più credo abbia centrato la verità sia quella fornita dallo storico Marco Revelli: le sardine come innocenza necessaria. Per usare le sue parole: «le sardine sono una moltitudine che si addensa e riconosce in base a un comune sentire, a un segnale d’allarme. Alla sensazione di un pericolo imminente. E insieme di uno stato di cose insopportabile. Si mobilitano secondo una sequenza assai simile a quella del sistema immunitario di un organismo: come sciami di anticorpi in risposta in qualche modo istintiva, o automatica, di fronte ai sintomi avvertibili di una grave malattia». E aggiunge: «il senso di presenza, come Comunità, di chi è stato in una di quelle piazze, ognuno se lo porterà dentro per i mesi e forse gli anni prossimi. E sarà un pezzo di identità collettiva sottratto all’imbarbarimento populista e a questo consapevolmente contrapposto. Vi pare poco?».
Le crisi di oggi stanno generando gli anticorpi di domani
Ovviamente no, non sarà stato affatto poco sottrarre migliaia di coscienze “all’imbarbarimento populista”, ma c’è dell’altro.
Le sardine rappresentano una risposta innocente e necessaria a quella che non può non essere definita come la crisi della politica. Lo stesso direttore del giornale LaVoce (tra i promotori del movimento delle sardine a Ivrea) ci ha confidato: «mi sono appassionato alla politica d’Ivrea attraverso i Consigli Comunali e ascoltavo con piacere il livello di dibattito che stimolava la politica. Oggi sono sconcertato dal livello politico del consiglio comunale eporediese e di fronte a questo non si può rimanere indifferenti».
La crisi della politica non è la sola ad aver stimolato il superamento dell’indifferenza e la spinta a mobilitarsi, a scendere in piazza e ad organizzarsi. Nel resto del mondo, come sul nostro territorio, altre crisi stanno producendo anticorpi sociali fondamentali. La crisi ecologicae ambientale ha generato il movimento Fridays for Future, da qualche mese operativo anche a Ivrea grazie a ragazzi e ragazze che del tutto spontaneamente hanno sentito il bisogno di agire. Più in piccolo, la crisi umanitaria (da intendersi come perdita di umanità nei confronti degli ultimi della modernità: i migranti) ha dato vita all’Osservatorio Migranti, che svolge oggi un ruolo di controllo attento e puntuale sul fenomeno delle migrazioni e al modo con cui vengono gestite; la crisi urbana, se pur con modalità differenti, ha animato lo spazio di rigenerazione urbana dello ZAC!, da poco celebrato in occasione del quinto compleanno; anche la crisi del lavoro ha prodotto, negli ultimi mesi, mobilitazioni significative, come dimostra il caso Manital e la strenua lotta dei lavoratori da mesi senza stipendio.
Anno 2020: da queste crisi può nascere una nuova politica per Ivrea
Non c’è certo bisogno di rispolverare Hegel e la dialettica della filosofia per rendersi conto che le crisi contengono al loro interno il seme del loro superamento. Un seme che, tuttavia, necessita di cura, attenzione e sforzo costante, ma che se debitamente alimentato può far emergere idee, valori e persone per una politica rigenerata, oggi resa ancor più necessaria dall’incancrenimento generale verso cui la giunta leghista sembra aver catapultato una già statica Ivrea.
La società civile sta rispondendo alle tante crisi che sul territorio (come a livello nazionale e internazionale) si sono prodotte e alcuni valori di riferimento come l’accoglienza, la lotta ai cambiamenti climatici e l’uguaglianza contraddistinguono oggi parte della società civile eporediese. Ai valori, tuttavia, deve seguire uno sforzo politico e per questa ragione associazioni e movimenti devono cominciare a pensare di farsi promotori di una nuova politica e, perché no, stimolare la nascita di un nuovo ceto politico, giovane, ecologista, femminista, attento ai problemi sociali e del mondo del lavoro, operante sul territorio, ma con lo sguardo sempre rivolto al contesto globale.
Alcuni sforzi in questa direzione sono già stati abbozzati, come dimostrano l’esperimento della Palestra di Politica avviato un anno fa e il recente convegno sugli spazi di rigenerazione urbana allo ZAC! che si è concluso con il consiglio di Andrea Morniroli: «create alleanze durature, non reti».
Certo trattasi di una sfida, di una scommessa sul futuro di questo territorio, ma lo sforzo o arriverà dalle associazioni e dalla società civile che da anni persevera nelle proprie battaglie oppure non arriverà.
Andrea Bertolino