Il crollo di Manital si porta dietro inevitabilmente tutte le società controllate dal ex-gigante del facility management. Una vicenda con ancora molti capitoli da scrivere.
Ad un anno dall’amministrazione straordinaria di ManitalIdea Spa, era il 4 febbraio 2020, arriva la dichiarazione di insolvenza per le controllate Hortilus e Vivai, Vivai canavesani, Vistaterra, MGC, Manital Consorzio, il gruppo di circa 400 aziende (nel periodo d’oro) controllato all’80% da Manitalidea Spa definita sul sito aziendale “la testa pensante del gruppo, in grado di offrire un supporto tecnico e ingegneristico ai progetti seguiti dal Consorzio.” La prima a fallire è stata Manitalidea che si è poi inevitabilmente trascinata nel burrone le sue controllate.
Le società partecipate e controllate trascinate nel fallimento
Hortilus e Vivai Srl è un’azienda costituita nel marzo 2011 da Hortilus Service S.r.l. e Vivai Canavesani S.r.l. e acquisita nel 2016 dalla società Manitalidea S.p.A. già proprietaria della Vivai Canavesani s.r.l. I Vivai Canavesani sono una realtà storica del nostro territorio, furono infatti fondati negli anni ’50 per Adriano Olivetti da uno dei più grandi architetti del paesaggio del 900, Pietro Porcinai.
Su Hortilus occorre fare una precisazione. Come le altre aziende del gruppo Manital, tra fine 2019 e inizio 2020 è andata in sofferenza debitoria (anche i dipendenti hanno avuto ritardi nei pagamenti), ma avendo una reale possibilità di consolidamento e sviluppo del volume di affari (confermata anche nel difficile 2020), nel maggio 2020 è stato firmato tra i titolari dell’azienda e i commissari straordinari un contratto di “rent to by” (affitto per riscattare) per provare a rinfrancare dalla crisi l’azienda. Il contratto prevede che la nuova azienda creata, la Hortilus Srl, dimostri in due anni di poter andare avanti solidamente e autonomamente e di poter quindi riscattare le attività. I dati ad oggi sono incoraggianti, l’azienda, con sede legale a Colleretto Giacosa, impiega una quindicina di dipendenti diretti nel “Garden Center” di via Monte Leggero a Ivrea e diversi esterni per i lavori di manutenzione aree verdi.
Vistaterra Srl è la società creata ad hoc da Cimadom per l’acquisizione del castello di San Martino a Parella. L’operazione a detta di molti è stato quel passo più lungo della gamba che ha fatto crollare un colosso che già mostrava qualche crepa. Il gruppo Manital acquista il castello all’asta per 1,2 milioni e ne spende almeno 40 per la sua ristrutturazione e rilancio. Un edificio di 8 mila metri quadri con un grande parco agricolo di 37 mila metri quadri con tanto di vigna storica di Erbaluce. Un’impresa più che ambiziosa, irresponsabile. Quando si è a capo di un’azienda di 11.000 dipendenti si ha la responsabilità sociale, prima che “di business”, di non buttarsi in investimenti che possono mettere a rischio la tenuta aziendale e di conseguenza il futuro di migliaia di lavoratrici e lavoratori. Ma, al tempo, Cimadom era evidentemente colpito da suggestione di onnipotenza e nessuno l’ha fermato, tanto che attorno al progetto Vistaterra si era creata un’aurea di benevolenza ed elogio assolutamente eccessiva e cieca. «Quando già la macchina dava segni di cedimento, il Castello di Parella, e tutti in fila a congratularsi. – scriveva Federico Bellono su questo giornale – Possibile che nessuno si sia mai accorto di niente? E chi manifestava dei dubbi sembrava il solito guastatore, che ce l’ha con chi fa impresa, con chi “osa”, un piccolo “capitano coraggioso” locale che prova a fare il salto di qualità. E che restituisce al territorio parte dei suoi guadagni, un mecenate insomma.»
MGC Srl, che sta per “Manital Guerrini Costruzioni”, è la società nata dall’acquisizione da parte di Manitalidea S.p.A. del nucleo principale della bresciana Guerrini Costruzioni, società operante nel settore delle costruzioni edili con particolare riferimento ad attività su edifici sottoposti a vincoli artistici, paesaggistici e archeologici. Un’azienda cercata e creata proprio per l’attività di restauro del Castello di San Martino.
La MGC era sconosciuta ai più fino all’ottobre 2019 quando è saltata alla ribalta delle cronache per la straordinaria mobilitazione dei suoi dipendenti, i muratori e decoratori autori del pregevole restauro del Castello di Parella. Hanno lavorato per cinque anni a quell’opera, ma poi si sono dovuti fermare, senza nemmeno aver potuto terminare il progetto di restauro. Erano finiti i soldi. Non solo non venivamo più pagati i fornitori, ma dopo versamenti a singhiozzo si sono chiuse le casse anche per gli stipendi degli operai e per i versamenti dei contributi alla cassa edile che servono per il pagamento delle ferie, della tredicesima, dei Tfr. Dopo mesi di promesse e di latitanza dell’azienda e della controllante Manital, gli operai hanno installato un presidio permanente davanti al castello per svegliare le coscienze al suono assordante dei loro bidoni. E’ soprattutto grazie a loro che la vicenda Manital ha guadagnato l’attenzione che richiedeva. Si sono fatti carico di sensibilizzare la popolazione, le istituzioni, la politica, sulla loro condizione, ma in realtà sulla situazione di tutto il gruppo Manital, e per cercare di sbloccare una situazione ormai chiaramente compromessa. A quel punto Manital aveva accumulato un passivo di 40 milioni di euro, gli stipendi non pagati ammontavano a quasi 14 milioni, vi erano due cause imminenti in Tribunale per istanze di fallimento da parte di creditori. Manital per racimolare qualche soldo si era messa anche a vendere i macchinari e i materiali della MGC, rendendole impossibile continuare a lavorare.
Quando era chiaro che stava crollando tutto, la maggior parte degli operai si è licenziata per potere almeno percepire la disoccupazione per tirare avanti. Gli ultimi rimasti in azienda (sei) sono stati messi in cassa integrazione. Ed ora il fallimento che non sorprende però nessuno. Il lavoro era stato distrutto già da tempo.
Quale epilogo possibile?
Tutto il gruppo Manital è dunque ora in amministrazione straordinaria. Le udienze delle insinuazioni al passivo di dipendenti e creditori continuano. I lavoratori e le lavoratrici devono ancora ricevere diversi mesi di stipendi e molti anche il Tfr. Non tutti i dipendenti che hanno lasciato l’azienda o perché licenziati o perché trasferiti in altra azienda per il cambio di appalto (è il caso delle lavoratrici dell’appalto pulizia dell’Inps che, per inciso, ancora lottano per ottenere condizioni di lavoro e salario degni), hanno infatti ricevuto ancora il trattamento di fine rapporto.
Si attende ora che i commissari trovino un nuovo compratore per Manitalidea. L’azienda nel frattempo, ridotta a circa 500 dipendenti dai più di 5.500 (11.000 incluso il consorzio) lavora ancora su qualche commessa e partecipa a nuove gare (in particolare attendono l’esito di un ricorso per un appalto importante).
I commissari devono procedere con l’affitto del ramo d’azienda “Vistaterra” per tentare la riapertura del Castello di San Martino a Parella. Il bando era atteso per la fine del 2020 per poter assegnare la gara e riaprire nel primo trimestre 2021, ma ad oggi la gara non è stata avviata.
Del disastro Manital rimarranno quindi solo briciole di lavoro e molte macerie. Tutto però non è ancora stato scritto. Guardia di finanza e poi magistratura hanno ancora del lavoro da fare. Le responsabilità e i risarcimenti seppur tardivi e non taumaturgici dovranno prima o poi arrivare.
Cadigia Perini