Vanno avanti le indagini sugli abusi e torture in alcune sezioni dell’Istituto penitenziario
Alla fine, dopo le perquisizioni e i fermi ordinati a fine novembre dalla Procura di Ivrea a carico di 45 agenti e altro personale della Casa Circondariale di Ivrea, sono arrivati i primi provvedimenti del gip Ombretta Vanini per otto agenti che sono stati sospesi dal servizio per pubblici uffici per 1 anno. La richiesta della pm era stata di 16 arresti domiciliari, ridotta quindi a 8 e solo sospesi.
Cambiano però anche le figure responsabili, cioè la direzione, che era di Alberto Valentini, che viene affidata, sempre a scavalco, alla direttrice di Aosta Antonella Giordano, già a Biella e poi a Vercelli, e il comando delle guardie prima affidato a Michele Pitti e che passa ora a Leonardo Colangelo, proveniente da Asti.
L’inchiesta riguarda una lunga serie di violenze svoltesi in un periodo che si estende dal 2016 fino all’estate 2022 e denunciate da alcuni detenuti trasferiti poi in altre carceri.
Tra i reati ipotizzati c’è anche quello di tortura, non previsto per le indagini precedenti perché non ancora inserito nel codice penale (legge n. 110 del 2017). Le denunce parlano di cella liscia, “l’acquario”, pestaggi mascherati da infortuni, stordimento con medicinali, violenze fisiche e psicologiche degradanti, in almeno una ventina di episodi denunciati.
Ora si aspetta che le indagini della procura di Ivrea vadano avanti ed è già una buona notizia che non sia dovuta intervenire, come per l’indagine precedente, la Procura di Torino dopo le ripetute richieste di archiviazione da parte di quella eporediese.
Non è però solo un problema di abusi e di reati, che vanno puniti.
Il carcere è un sistema estremamente delicato e complesso, che vede convivere segregati e segregatori, nel quale i primi dipendono in maniera totale dai secondi, il tutto chiuso in una specie di bolla fuori dallo spazio e dal tempo, inaccessibile e con limitati spiragli di contatti con il mondo fuori. Se a questo pianeta stracarico di umanità togliamo l’occhio e la mano di chi lo deve guidare e lo lasciamo in balia degli operatori non è difficile prevedere che molte situazioni possano sfuggire di mano.
Non è una condizione solo del carcere di Ivrea. L’ultimo rapporto di Antigone racconta che in Italia il 51% delle carceri non ha un direttore stabile, la direzione è affidata a chi già è titolare in un altro istituto penitenziario o magari in altri due.
Potrebbe supplire la figura del vicedirettore? Peccato che solo il 25 % delle carceri ne abbia uno.
Sembra di risentire la descrizione degli Istituti scolastici o altre strutture pubbliche: per risparmiare lo Stato per anni non sostituisce chi arriva all’età della pensione sovraccaricando chi sta ancora lavorando, fino ad arrivare a uno stato di semiparalisi. Una visione che è una follia.
Ma qui si parla di bombe a orologeria, di vite in continuo rischioso equilibrio tra la resistenza, la follia o la morte. Il tasso di suicidi in carcere in Italia non è mai stato così alto come nel 2022. Già a ottobre si è superato il record precedente del 2009 che era 72 morti e mancavano ancora due mesi alla fine dell’anno. Fatte le proporzioni in carcere ci si uccide oltre 21 volte in più che nel mondo libero.
Il carcere non è solo da una parte stare in cella ad aspettare che passi la condanna e dall’altra controllare che stiano buoni e aspettare che passi la giornata. Sono vite, spesso giovani, che hanno bisogno di imparare, di studiare, di essere reintrodotte nel mondo, di socializzare senza violenza, di restare in contatto con i familiari, di trovare un educatore che li ascolti (in Italia c’è solo 1 operatore non di Polizia ogni 83 detenuti), di avere una seconda possibilità.
La Casa Circondariale di Ivrea, dove solo alcune sezioni sono coinvolte nelle indagini in corso, fa parte del tessuto cittadino e merita di essere considerata, anche dalle istituzioni della Città, destinataria di attenzione e proposte per non sentirsi relegata in un angolo semibuio.
Francesco Curzio