Se la fuga degli eserciti stranieri, a partire da quello USA, dall’Afghanistan non avesse fatto precipitare la situazione, oggi si continuerebbe a non parlare di Afghanistan. Ma le immagini di masse disperate che tentano di imbarcarsi sugli aerei in fuga dal paese, la disperazione forte e cruda in mondovisione, ha costretto a ricordare che siamo in guerra.
“Si parla molto di Afghanistan in questi giorni, dopo anni di coprifuoco mediatico. È difficile ignorare la notizia diffusa ieri: i talebani hanno conquistato anche Lashkar Gah e avanzano molto velocemente, le ambasciate evacuano il loro personale, si teme per l’aeroporto. Non mi sorprende questa situazione, come non dovrebbe sorprendere nessuno che abbia una discreta conoscenza dell’Afghanistan o almeno buona memoria. Mi sembra che manchino – meglio: che siano sempre mancate – entrambe. La guerra all’Afghanistan è stata – né più né meno – una guerra di aggressione iniziata all’indomani dell’attacco dell’11 settembre, dagli Stati Uniti a cui si sono accodati tutti i Paesi occidentali.”, scrive Gino Strada che ci ha purtroppo lasciati il 13 agosto proprio il giorno in cui La Stampa pubblicava il suo ultimo articolo sull’Afghanistan.
L’Italia entra in guerra
Era il 7 novembre 2001 quando con un accordo bipartisan fra la maggioranza di centro-destra guidata dal presidente del consiglio Berlusconi e la quasi totalità della minoranza, il Parlamento votò l’entrata in guerra dell’Italia in Afghanistan.
Alla Camera furono 513 i voti favorevoli contro 35 no e due astenuti, al Senato furono 246 i sì e 32 i no. Contrari all’entrata in guerra solo deputati e i senatori di Rifondazione Comunista, dei Comunisti Italiani e i Verdi. (A questo link si può leggere il resoconto stenografico della seduta alla Camera del 7/11/2001 con le dichiarazioni di voto)
I costi, prima di tutto umani
Nell’operazione “Enduring freedom” (libertà duratura) sono morti più di 47mila civili afghani e 66mila tra soldati e membri delle forze dell’ordine del paese. A cui si aggiungono 2.448 militari statunitensi e 3.846 “contractor”, milizie private. I morti fra le fila degli eserciti alleati degli Usa sono stati 1.144 di cui 53 italiani. Le vittime tra le forze talebane e le forze di opposizione alla presenza occidentale sono state 51.191. La guerra ha ucciso anche 444 operatori umanitari e 72 giornalisti. In tutto quasi 173mila caduti.
Gli Usa hanno speso nella guerra afghana 2.313 miliardi di dollari. I 20 anni di presenza italiana sono costati 8,7 miliardi di euro.
Correre ai ripari. L’accoglienza dei profughi
Ad Ivrea quella parte di società che ha sempre rifiutato la guerra come soluzione dei conflitti, che vede l’accoglienza di chi è costretto a lasciare il proprio paese come un atto di umanità prima ancora che di civiltà, si era già messa in rete per accogliere nei mesi scorsi famiglie afghane. A metà maggio per iniziativa dell’Osservatorio Migrandi, attraverso il progetto “Corridoi umanitari”, promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) con la Tavola Valdese e la Comunità di Sant’Egidio, sono arrivati a Ivrea la giovane Sahar con i suoi genitori Alì e Shamsya.
In quella occasione la consigliera leghista Bono non mancò di regalare una delle sue pillole di disumanità definendo i corridoi umanitari una “farsa”.Oggi con l’attenzione mondiale sulle sorti del popolo afghano, anche la consigliera, ob torto collo, ha dovuto accettare quei corridoi umanitari rappresentati dai voli militari che hanno portato via dall’Afghanistan donne, uomini, bambine e bambini. La giunta eporediese non rinuncia però alla cifra leghista e mette un distinguo nel comunicato dove annuncia la disponibilità all’accoglienza: “In una situazione di questo genere, gli Afghani sono certamente rifugiati politici, uno status ben diverso da quello di migrante irregolare e/o economico.” L’amministrazione guidata dal sindaco Sertoli si erge quindi a giudice supremo delle umane disgrazie dividendo le persone che sono costrette a lasciare il proprio paese fra “regolari” e “irregolari”. Assegnando solo ai primi il diritto di accoglienza e cura. Negando ai secondi la necessità di migrare, di fuggire da altre guerre, da altre situazioni di pericolo fisico e sociale, dalla miseria, da paesi dove la vita non conta nulla. Queste persone, esseri umani, l’amministrazione Sertoli li chiama “irregolari e/o economici”, come se migrare per migliorare il proprio futuro, o per averne uno, non fosse un diritto universalmente riconosciuto.
I comuni canavesani si mobilitano
Oltre a Ivrea che dichiara di aver preso contatto con la Prefettura di Torino e con alcune organizzazioni di volontariato attive sul territorio e di star adoperandosi per rendere disponibili tre appartamenti “come sistemazioni abitative di emergenza, e ogni altro supporto di cui i profughi abbiano bisogno in questi primi difficili momenti.”, si sono resi disponibili ad accogliere profughi afghani anche i comuni di Albiano, Banchette, Nomaglio, Salerano e Settimo Vittone (ma altri potrebbero aggiungersi), come ha comunicato la presidente del consorzio In.Re.Te. e sindaca di Nomaglio, Ellade Peller rispondendo ad una richiesta dell’Osservatorio Migranti di Ivrea: “Nella convinzione che ognuno debba fare la propria parte, ho promosso l’iniziativa di Anci nazionale, per l’accoglienza dei cittadini afgani tramite la rete SAI, e ho dato la mia disponibilità per raccogliere le adesioni dei comuni del Consorzio In.Re.Te. (…) Siamo infatti convinti che il Sistema di Accoglienza e Integrazione sia il modo migliore di operare, non solo per il ruolo degli enti locali ma anche e soprattutto per gli strumenti che mette a disposizione”.
Osservatorio Migranti
L’Osservatorio Migranti di Ivrea si è prontamente mobilitato non appena fu evidente l’aggravarsi della situazione in Afghanistan culminato nella riconquista di Kabul da parte dei Talebani. Con una lettera al sindaco di Ivrea, alla presidente del consorzio In.Re.Te. e alla presidente della Consulta Stranieri, l’Osservatorio ha chiesto un “intervento coordinato presso la Prefettura di Torino per organizzare l’accoglienza, auspicando che venga accolta la disponibilità espressa dall’ANCI nazionale di utilizzare il sistema SAI (ex SPRAR), riconoscendo così il ruolo fondamentale degli Enti Locali nell’accoglienza inclusiva”. Ricordando poi che a Ivrea è accolta da tre mesi una famiglia afghana ha sottolineato:“L’arrivo di qualche connazionale, per quanto dovuto ai noti eventi dolorosi, potrebbe essere fattore di comune mutuo aiuto nel percorso di ripresa e inclusione nella nostra comunità”, facendo presente che vi sono già famiglie che si sono dichiarate interessate a partecipare all’accoglienza mettendo a disposizione un appartamento o ad accogliere nella propria famiglia.
Consulta Stranieri
La Consulta Stranieri di Ivrea, presieduta dalla consigliera Gabriella Colosso, nella sua riunione di lunedì 30 ha deliberato di:
- organizzare un incontro con tutte le realtà (associazioni, cooperative) che si stanno muovendo su questo territorio per ricevere, ospitare ed aiutare le famiglie afghane che giungeranno. In modo da conoscere al meglio cosa c’è e chi fa che cosa.
- essere parte attiva di un coordinamento di quanto sopra
- dare la disponibilità a costruire una “banca dati” dove registrare le disponibilità in modo da poter essere organizzati al meglio per le richieste che giungeranno.
La Consulta chiede inoltre al Comune di aprire un CC bancario per l’Afghanistan e di venire sentita per decidere la destinazione di quanto si raccoglierà. I soldi depositati verranno dirottati, in parte a chi è rimasto a Kabul (come la Fondazione Pangea) altri a progetti mirati, sempre per le famiglie afghane, della Città. L’assessora Povolo, componente del direttivo della Consulta, ha preso l’incarico di presentare in Giunta quanto deliberato e richiesto.
Non per ultimo la Consulta si è impegnata a sostenere tutte le iniziative che si stanno organizzando sul territorio e da parte loro stanno cercando di organizzare, come Consulta, una partita di calcio fra squadre femminili e di devolvere il ricavato del biglietto di ingresso a Pangea che proprio a Kabul aveva messo su una squadra di calcio femminile.
#restiamoumani
Cadigia Perini
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