Martedì 5 dicembre 2017 ore 14,45, 17.10, 19.35, 22.00
Mercoledì 6 dicembre 2017 ore 15.30, 18.00
Attenzione agli orari
titolo originale Fences / regìa Denzel Washington / soggetto dall’omonima opera teatrale di August Wilson / sceneggiatura August Wilson, adattata da Tony Kushner / fotografia Charlotte Bruus Christensen / musica Marcelo Zarvos / montaggio Hughes Winborne / scenografia David Gropman / costumi Sharen Davis / interpreti Denzel Washington, Viola Davis, Jovan Adepo, Stephen Henderson, Russell Hornsby, Mykelti Williamson, Saniyya Sidney, Toussaint Abessolo / produzione Denzel Washington, Todd Black, Scott Rudin, per Bron Studios, Macro, Paramount Pictures, Scott Rudin Productions / origine USA 2016 / distribuzione Park Circus / durata 2 h e 18’
Anni ’50. Troy, ex giocatore e grande promessa non mantenuta del baseball, lavora come netturbino a Pittsburgh. Combatte ogni giorno contro le ingiustizie sociali e i demoni interiori, ha un difficile rapporto con gli amici e sta per prendere una decisione che rischia di fare a pezzi la sua famiglia.
Ci sono film che non somigliano a nient’altro. Opere che sembrano venire da lontano e insieme possiedono qualcosa che le rende misteriosamente vicine (..) Barriere, tratto dalla pièce omonima del drammaturgo afroamericano August Wilson, una leggenda in patria, è uno di questi film inattuali e brucianti. A prima vista è puro teatro filmato, lunghe conversazioni salmodiate nella lingua musicale degli afroamericani (almeno in versione originale) ambientate per lo più nel cortile o
fra le mura della modesta abitazione del protagonista Troy Maxson (lo stesso Washington, che lo ha interpretato anche a teatro nel 2010), con pochi esterni e un pugno di altri personaggi. (…) Punta sugli attori, straordinari, e su una regìa essenziale, tutta in sottrazione, che solo nel finale, oculatamente, si apre a una trovata di sicuro effetto. Un Morte di un commesso viaggiatore in chiave afro, verrebbe da dire (un paragone che ricorre anche nella critica Usa), se non rischiassimo di sminuire la profonda originalità del teatro di Wilson. Tutto da scoprire in Italia.
(Fabio Ferzetti)
Morto a soli 60 anni nel 2005, lo stesso Wilson avrebbe voluto farne un film, a patto che a dirigerlo fosse un nero: Washington gli dà soddisfazione postuma. Mal tradotto in Barriere al posto del più corretto e calzante “Recinto”, Fences trae esplicita ispirazione dall’autobiografia di Wilson (…) Troy non è cattivo, piuttosto ferito, piegato, rabbioso. Bloccato dalle segregazioni razziali, convenzioni sociali, infingimenti sentimentali in un recinto esistenziale che lui stesso ha contribuito a costruire (…). E in questa ambivalenza, in questa dualità esclusione/inclusione, allontanamento/vicinanza, accettazione/rifiuto si gioca la sfida morale, il ‘plateau’ emozionale di un dramma da cortile che ti prende l’anima e dopo 138 minuti te la restituisce squassata, pulsante e commossa fino alle lacrime. I dialoghi tra Troy e Rose sublimano artisticamente la terapia di coppia, lo scontro padre-figlio ci ritrova allo specchio, e Washington e Davis sono uno spettacolo d’attori: superbi, profondi, totalizzanti. Non si soffre l’eredità teatrale, perché se la macchina da presa non corre da una location all’altra – ma rimane per lo più nell’’hortus conclusus’ di Troy -,interpreti, dialoghi e verità dischiudono le nubi e trovano il sole. Non perdetevelo.
(Federico Pontiggia)
(…) L’altezza maestosa, quasi shakespeariana, delle idee di Wilson, la ricca musicalità poetico/dialettale della sua lingua, la comprensione profonda di un’immutabilità dell’esperienza afroamericana, sono evocate con grande vigore e intelligenza.
(Giulia D’Agnolo Vallan)