New York, Ivrea e la sicurezza. C’è una lezione che possiamo imparare dall’elezione di Mamdani?

Nonostante opinionisti e sondaggisti “allarmassero” che il tema della sicurezza fosse tra i più sentiti dalla popolazione newyorkese, il giovane candidato democratico socialista ribalta tutto e ottiene uno dei più importanti risultati elettorali degli ultimi cinquant’anni puntando su diritti sociali, casa, trasporti pubblici e lotta alle diseguaglianze

Ci sono elezioni che per quanto geograficamente lontane o ininfluenti per la nostra vita quotidiana sono comunque in grado di insegnarci qualcosa e l’elezione di Zohran Mamdani a sindaco della città di New York è una di quelle.
Giornali e osservatori politici hanno già commentato ampiamente l’eccezionalità di questa vittoria, ma al di là del suo essere giovane, musulmano e democratico socialista c’è un aspetto del modo in cui ha gestito la sua campagna elettorale che può tornarci utile: il suo rapporto con il tema della sicurezza.
Sebbene i dati reali dicano che omicidi, sparatorie e reati gravi a New York siano in calo dal 2022, la percezione pubblica d’insicurezza all’interno della Grande Mela è rimasta molto alta. In un recente articolo del Post l’autore scrive infatti: «sondaggisti e analisti indicavano il tema della sicurezza come il più sentito dai cittadini e su quello si erano concentrati molti dei candidati alle primarie Democratiche, compreso l’ex governatore dello stato Andrew Cuomo. Mamdani invece presentò subito i suoi progetti di bloccare il prezzo degli affitti e di rendere gli autobus, gli asili e le scuole dell’infanzia gratuiti per gli abitanti. Il suo messaggio era: “La vita in questa città non deve essere così dura”».
Più “sicurezza sociale”, meno enfasi sulla “sicurezza securitaria”. Questa è stata la chiave della sua vittoria.

Certo, New York non rappresenta il resto dell’America, ma ha premiato chi ha capito (e convinto più di un milione di elettori, grazie a un’affluenza che ha superato il 40%, la più alta da 50 anni) che la sicurezza più importante è quella che ti garantisce di poter vivere, poter affittare una casa, muoverti nella città, avere un salario decente, le cure mediche, un’educazione pubblica. Che questa “sicurezza” è molto più “rassicurante” di polizia e telecamere dovunque. E, quanto meno, lo è certamente per le classi sociali più deboli, quelle che maggiormente disertano le urne.

L’elezione di Mamdani ci dice che no, non esiste solo l’approccio securitario alla sicurezza, ma consegna a tutti i democratici e socialisti due verità: 1) la sicurezza è un tema di classe da non confondere con la percezione dell’insicurezza e 2) la sicurezza sociale motiva alla partecipazione democratica.
Se Mamdani si fosse allineato alla narrazione mediatica sulla sicurezza e avesse prestato il fianco al dibattito “securitario”, oggi probabilmente non sentiremmo parlare di lui. Scegliendo di affrontare la questione della sicurezza con un approccio “di classe” e rivolgendosi ai “forgotten men”, ai dimenticati, gli esclusi, ai meno fortunati, contro i privilegi, gli interessi consolidati e le iniquità del sistema economico newyorkese, più di un milione di persone ha deciso di affidargli il proprio voto, dimostrando che la partecipazione democratica cresce laddove l’offerta politica migliora e punta a restituire diritti sociali a chi non ne ha.

Anche qui a Ivrea, si parva licet, dove da qualche tempo viene battuta la grancassa “dell’insicurezza” (intramontabile cavallo di troia per la raccolta di consenso delle destre e non solo), qualche indicazione si potrebbe forse trarre da quanto è accaduto nella “Grande Mela”.
Anche qui ogni episodio di “devianza sociale” anche modesta, diventa un “grave fattore di insicurezza” da combattere con più polizia, più telecamere, più “zone rosse”. E quando queste vengono prolungate, come è accaduto recentemente a Ivrea, ecco tutti ad applaudire. Tutti pronti ad assecondare la domanda di “fare qualcosa” per ridurre la “percezione di insicurezza” (peraltro molto spesso distante dalla realtà dei fatti e dei dati).
Certo, violenze, abusi e vandalismo devono essere fermati, sempre, è ovvio. Ma, invece di lanciarsi tutti in una patetica corsa (o, peggio, rincorsa) a misure repressive (e ad alzare sbarre e muri sempre più alti con i quali si allontanano “gli altri”, ma ci si rinchiude dentro) non sarebbe meglio non aver paura di coniugare la parola sicurezza nel senso più pieno e concreto di sicurezza sociale per tutti? Senza contare poi che una qualche ricaduta positiva l’avrebbe anche nella riduzione degli episodi di devianza sociale.

Andrea Bertolino e ƒz