Giovedì 30 gennaio nel primo pomeriggio è arrivata la notizia dell’arresto in Cisgiordania dell’attivista italiana per la Pace, presidente di AssoPacePalestina, Luisa Morgantini. Fortunatamente poche ore dopo la notizia della scarcerazione. Morgantini fu ospite a Ivrea nel 2003 in un evento organizzato dal Centro Documentazione Pace insiema a Alì Rashid, vice-ambasciatore Anp, Paola Canarutto e Ornella Terracini della Rete Ebrei contro l’occupazione.
Luisa Morgantini 84 anni, ex-vicepresidente del Parlamento europeo e nota attivista e pacifista italiana, già candidata al premio Nobel per la Pace e oggi presidente di AssoPacePalestina ODV, si trovava sulla strada per il villaggio palestinese di Tuba, nei pressi di Hebron nella Cisgiordania occupata insieme al giornalista del Sole 24 Ore Roberto Bongiorni con il quale stava lavorando a un reportage sulla situazione nei Territori occupati. Con loro anche l’attivista palestinese Sami Huraini dell’organizzazione non violenta conto l’occupazione Youth of Sumud e l’autista Mohammed Barakat. Il pretesto per l’arresto è stata l’accusa di essere entrati in zona militare, in realtà non vi era nessuna segnalazione di zona vietata. Fortunatamente dopo poche ore è arrivata la notizia della scarcerazione di Morgantini, del giornalista del Sole e dell’attivista palestinese. Il fatto resta però grave e indicativo dello situazione di intimidazione e aggressività verso chi denuncia le violazioni dei diritti umani dei palestinesi.
Il fermo comunicato di AssoPacePalestina
Il fermo di Luisa Morgantini e delle altre tre persone, con il sequestro dei loro effetti personali, è un fatto grave e inaccettabile, per il quale AssoPacePalestina esprime la più sentita condanna. Tale gravissimo fatto è esemplificativo della politica e della pratica di oppressione e impedimento al libero movimento e alla libera informazione messe in atto, in maniera sempre più pesante, dal governo israeliano, che ha incrementato la militarizzazione dei territori palestinesi occupati specie dopo il 7 ottobre 2023.
L’arbitrario fermo della Presidente Luisa Morgantini, e delle tre persone con lei, esprime l’arroganza dell’esercito di occupazione nella feroce repressione del dissenso e nelle pratiche intimidatorie, in un contesto di continua repressione e violazione dei diritti fondamentali dei palestinesi nei Territori Occupati e nell’intimidazione verso chi si oppone alle ingiustizie subite dal popolo palestinese – osservatori per i diritti umani e attivisti pacifisti – e verso chi tenta di documentarle come i rappresentanti della stampa più volte colpiti.
Sollevati dalla liberazione dei nostri connazionali e della guida palestinese di cittadinanza israeliana, chiediamo l’immediato rilascio della quarta persona tuttora in detenzione, diversa dagli altri solo perché palestinese nato e cresciuto nella sua terra sotto occupazione militare.
Chiediamo, inoltre, che il governo italiano chiarisca con quello israeliano le modalità e le condizioni del fermo, e acquisisca informazioni su eventuali procedimenti legali a carico dei fermati.
Chiediamo alle autorità italiane di intraprendere tutte le azioni necessarie per garantire l’agibilità nei territori palestinesi occupati per gli attivisti dei diritti umani e della stampa internazionale.
Chiediamo infine che venga garantito alla nostra Presidente Luisa Morgantini e agli attivisti di tutte le associazioni, le ONG e l’UNRWA di operare in libertà, nel rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale nei luoghi dove lo sguardo e la presenza di operatori e giornalisti è più importante e necessaria.
Attendiamo il ritorno di Luisa con trepidazione e affetto, pronti a riprendere con lei le azioni di AssoPacePalestina per la dignità, la libertà e i diritti del popolo palestinese e la pace in quei territori.
Notizie da Ramallah, di Luisa Morgantini
C’è una guerra israeliana fatta di posti di blocco in Cisgiordania.
Luisa era già da qualche settimana in Cisgiordania e dai territori occupati aveva mandato un breve reportage che è stato letto sabato mattina al 154° presidio per la Pace di Ivrea
L’esercito israeliano sta attuando la punizione collettiva contro milioni di palestinesi in Cisgiordania. Ha aumentato il numero di posti di blocco militari in Cisgiordania a 898. Ogni checkpoint è progettato per essere un luogo di molestie, umiliazioni e ostruzione del movimento. Spesso diventa anche un luogo pericoloso in cui molti palestinesi vengono uccisi.
Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, i posti di blocco sono stati ordinati dal governo israeliano per ostacolare e impedire il movimento dei civili palestinesi in Cisgiordania durante il periodo del cessate il fuoco a Gaza. Secondo Haaretz, molti palestinesi passano lunghe ore ad aspettare ai posti di blocco, a volte per 5-8 ore.
Secondo i rapporti che ho ricevuto, molti palestinesi hanno dovuto trascorrere diverse notti in altre città o villaggi che stavano visitando per lavoro, affari o cure mediche perché non potevano tornare alle loro case poiché l’esercito israeliano ha chiuso i cancelli o i posti di blocco delle loro città o villaggi. Molti dei posti di blocco sono infatti cancelli che l’esercito può chiudere in qualsiasi momento e per tutto il tempo che lo desiderano.
Un viaggio da Ramallah a Gerico, che di solito dura 45 minuti, ora può richiedere 5 ore o alcuni giorni. La maggior parte del movimento dal sud e dal nord della Cisgiordania è paralizzato mentre i coloni israeliani illegali si muovono liberamente e continuano ad attaccare le auto palestinesi sulle strade. Mohammed di Attuwani si trovava a Ramallah, ci siamo incontrati alle 8, è partito in auto alle 8.30 è riuscito ad arrivare ad Atuwani alle 23, e per fortuna ce l’ha fatta, la Sorella di Naila vive a Beithanina Vicino a Jerusalemme, è partita da Ramallah alle 16.30 è arrivata a casa alle 2.30 del mattino, da Ramallah a Beithanina ci sono 16 km. Siamo chiusi in Celle, ogni villaggio isolato. Oggi dovrei essere a Gerusalemme ma non oso affrontare il viaggio e i taxi si rifiutano di venire a Ramallah. A Jenin continua l’aggressione e lo sfollamento degli abitanti del Campo profughi, stesso metodo usato a Gaza.
In Italia dobbiamo continuare a manifestare contro i nostri governi complici attivi del genocidio e della politica razzista e criminale di Israele.
I cancelli e i posti di blocco non sono solo un sistema di punizione collettiva, ma stanno anche consolidando l’apartheid israeliano contro i palestinesi e l’annessione coloniale. Le dichiarazioni del ministro israeliano delle Finanze di estrema destra Smotrich, sono terribili [“eccellente idea Trump di svuotare Gaza”, ndr], dopo che Trump ha tolto le sanzioni ai coloni, questi procedono con la pulizia etnica dei campi profughi. Dobbiamo fare campagna per disarmare i centomila coloni armati e togliergli le divise militari, il tutto distribuito subito dopo il 7 ottobre da Ben Gvir, ex ministro e deputato di ultradestra. Dobbiamo continuare a chiedere sanzioni contro Israele e rispettare la sentenza della Corte Penale Internazionale per l’arresto di Netanyahu.