Grande fratello

E’ solo, ma non è solo. Quando e come i giovani adulti, perennemente controllati, potranno imparare a sbagliare da soli?

Insegnante – “… Che poi suo figlio in classe ascolta, anche se non è che intervenga o faccia domande, e i risultati non sono malaccio, mi sembra che a casa studi...”
Genitore – “Sì guardi, che studi ne sono certo: anche se io e mia moglie siamo fuori tutto il giorno lo vediamo sempre sui libri
Insegnante – “… Scusi, in che senso?
Genitore – “Sa, con le telecamere: da lì lo vediamo davanti alla scrivania con la testa sui libri, tutto il pomeriggio!
Insegnante – “Ah, ecco”.
Il colloquio è cordiale, professore e padre si trovano d’accordo, il ragazzo zoppica un po’ ma ce la può fare.
Solo che quelle telecamere hanno gettato il prof in uno stato di ansia: lo immagina, il ragazzo, in una stanza, da solo, con questa presenza addosso, è solo ma non è solo, nemmeno le dita nel naso, un piccolo sgarro, una canzone con una finta chitarra, un’idiozia da adolescente che poi mette allegria, una merenda piena di zuccheri o troppo lenta (su, è ora di studiare, mamma e papà si preoccupano!).
Se lo vede davanti agli occhi questo ragazzino sedicenne: voglia di telefonare a un compagno, a un’amica solo per cazzeggiare ma no: ributta la testa sui libri, ‘ché è solo ma non è solo.
Entra in classe incupito il prof, si guarda intorno e chiede: “anche voi…?”.
Qualcuno accenna un timido sospiro (non è mai rabbia vera con mamma e papà) e “be’, sa, sono le stesse videocamere che usiamo contro i ladri”.
E certo – ribatte il tenero insegnante –, sì ma la fiducia, la responsabilità, la libertà, le cretinate, le decisioni prese o ribaltate, l’autonomia, le imprudenze, gli errori, le disobbedienze, la vita…?”.
Si figuri – aggiunge una splendida ragazzina – che mio nonno mi controlla con il GPS dal cellulare e quando faccio una piccola deviazione immediatamente mi chiama per chiedermi spiegazioni”.
Vien fuori che questa storia del localizzatore nel telefono ce l’hanno in molti.
Quando ero negli Stati Uniti – racconta lo studente reduce da un anno in Oregon – i miei amici raccontavano ai genitori che passavano il pomeriggio con me, poi arrivavano, mollavano il cellulare e andavano per i fatti loro” (Ah, la falla che restituisce il libero arbitrio! Non si può non tifare per la mossa scaltra della vittima che per un attimo frega il sistema).
E mentre prof e studenti sono lì a parlare, dal tascone portacellulari appeso al muro vibra uno smartphone che illumina un giovane volto di donna: “è mia madre prof, posso rispondere? se no si preoccupa”. Il professore, che pure è in modalità zen, rischia la gastrite ma con calma spiega che “tua madre sa che a quest’ora sei in classe, non puoi permetterle di chiamare”. “Ma…” “E non ti preoccupare: le cattive notizie passano dalla segreteria, non pensarci più”.
La ragazza prestissimo se ne fa una ragione, la madre invece è destinata all’ansia: sarà proprio in classe mia figlia? E sarà di buon umore, contenta della vita? O no?
Eppure i genitori hanno già un sistema di controllo efficiente e immediato: nel momento in cui il docente della prima ora tra le 8 e le 8,10 fa l’appello, segna sul registro elettronico gli assenti ed ecco che il papà apprensivo, la mamma agitata, i nonni preoccupati sanno.
Accade allora che chiamino in portineria: “guardi che mio figlio arriva, è solo in ritardo”, oppure “come mai mia figlia è segnata assente, non è ancora arrivata? è sicuro?”.
Ci si chiederà allora quando questi giovani adulti possano disobbedire, tagliare da scuola (“balzare”, dicono loro, che però possono farlo solo con il consenso parentale, sai che pacchia!), uscire di casa senza meta, decidere d’emblée di prendere il treno per Torino, improvvisare una sortita a casa del compagno.
La risposta è mai
Mai, semplicemente: quello è il passato.
Come per tanti giovanissimi è il passato incontrarsi, parlare, essere d’accordo oppure no (“Prof, sono cose degli anni Ottanta”, con un sorrisino irridente un ragazzetto commentava il consiglio di darsi appuntamento per studiare, interrogarsi, rispondersi, capire insieme).
E comunque – tira corto durante l’ennesimo colloquio la madre di una ragazza in crisi – mia figlia studia SEMPRE con le compagne”.
Ah, ma davvero?, bene!” .
Sì, glie lo giuro, io la vedo: sta al telefono con loro tutto il pomeriggio!”.

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