L’8 e il 9 giugno gli elettori saranno chiamati a rinnovare tre differenti organi istituzionali: il sindaco e il consiglio comunale del proprio comune di appartenenza (si parla di 204 comuni della provincia di Torino), i rappresentanti del Consiglio e della Giunta Regionale del Piemonte, nonché i parlamentari che andranno i comporre il Parlamento Europeo da qui al 2029. In lista con Piemonte Popolare troviamo Cadigia Perini, già candidata alle scorse elezioni amministrative alla carica di sindaca con Unione Popolare, nonché segretaria del circolo PRC eporediese.
Cadigia Perini, molti lettori di Varieventuali già ti conoscono in qualità di redattrice, ma puoi ugualmente raccontarci qualcosa di te?
Sono nata a Ivrea, 65 anni fa. Oggi pensionata, ho lavorato in Olivetti per quasi 30 anni occupandomi di documentazione e comunicazione. Poi con lo spezzatino Olivetti sono finita fra le vittime della bancarotta fraudolenta di Agile ex-Eutelia che ha lasciato senza lavoro 2000 persone in tutt’Italia. Una vicenda che a Ivrea è ben conosciuta perché coinvolse tutta la città. Delegata Fiom, in quell’esperienza di lotta ho maturato l’esigenza di dare maggiore voce alle crisi aziendali e alle rivendicazioni dei lavoratori. Ho così iniziato a scrivere per il blog L’Isola dei cassintegrati e, appunto, su varieventuali. Ma non mi bastava ancora, ho deciso quindi di impegnarmi anche in politica, dentro un partito. Per i miei valori e la mia idea di società, ho scelto di iscrivermi a Rifondazione Comunista, oggi sono la segretaria del circolo cittadino. Antifascista, iscritta all’Anpi di Ivrea.
La lista in cui sei candidata, ovvero Piemonte Popolare, è animata principalmente da Rifondazione Comunista, Potere al Popolo, ManifestA e Sinistra Anticapitalista e candida alla presidenza della Regione la consigliera uscente Francesca Frediani. Cosa ci puoi raccontare della lista? Puoi raccontarmi, in breve, l’obiettivo del vostro programma?
La nostra lista è evidentemente alternativa ai poli esistenti che hanno governato finora la regione e il capoluogo. Il nostro programma è fondato sulla promozione degli interessi delle classi popolari, del lavoro, dei soggetti e dei territori marginalizzati. Per punti posso dire che ci opponiamo allo smantellamento della sanità pubblica; all’industria bellica e quindi alla nascita di un polo bellico in Piemonte; al TAV e alle grandi opere inutili; alla distruzione dell’ambiente e lo sfruttamento degli animali; alle discriminazioni basate su orientamento sessuale e identità di genere. Ci battiamo perciò per valorizzare la diversità territoriale; per i diritti di cittadinanza; per lo sviluppo dell’occupazione, il lavoro sicuro e la giusta retribuzione (vogliamo proporre a livello regionale le campagne nazionali per il salario minimo legale e l’omicidio sul lavoro); per i diritti delle persone marginalizzate, detenuti, migranti, senza casa.
A causa di alcune ambiguità nell’interpretazione della legge elettorale piemontese avete dovuto raccogliere le firme per potervi presentare e la soglia di sbarramento al 3% rappresenta un percorso in salita. La legge elettorale piemontese disincentiva la candidatura delle liste singole?
Sì, una interpretazione restrittiva della legge elettorale ci ha costretto ad iniziare la raccolta firme, con discreto dispendio di energie umane ed economiche, mentre in parallelo presentavamo il ricorso. Ricorso che è poi stato accolto per manifesta ragione e quindi eccoci ammessi regolarmente. La strada per superare la soglia di sbarramento per le piccole forze come la nostra schiacciata dai poli maggiori è sempre in salita. Subiamo anche esclusioni mediatiche da parte dei principali organi di stampa che parlano solo dei grandi partiti e di alcune associazioni di categoria che invitano ai confronti solo i canditati delle forze più grandi. Va molto meglio con la stampa locale (come varieventuali!), sicuramente più disponibile a dar voce a tutte le forze politiche.
Quali sono stati, a tuo giudizio, gli aspetti più controversi dell’amministrazione di centrodestra in Piemonte?
Il giudizio sulla giunta Cirio è per me negativo, ha proseguito per certi versi alcune politiche portate avanti anche dalle precedenti giunte come il processo di aziendalizzazione e privatizzazione della sanità; il taglio del trasporto pubblico, a discapito dei tanti pendolari lavoratori e studenti; la cementificazione del suolo; l’imposizione della grande opera inutile del TAV, anche attraverso il ricatto delle compensazioni. La giunta Cirio si è poi distinta negativamente sui diritti civili, con gli attacchi ripetuti dell’assessore Marrone alla libertà di autodeterminazione delle donne nelle scelte che riguardano il loro corpo come l’interruzione di gravidanza (penso al fondo da 400 mila euro a favore delle associazioni pro-vita per scoraggiare le donne ad abortire). Parlando di politiche industriali, con Cirio il Piemonte ha intensificato la tendenza a rafforzare il settore dell’aerospazio per il militare. Nel 2023 la Regione ha stanziato 15 milioni per la “Cittadella dell’Aerospazio” che prevede nel 2025 l’apertura di DIANA (Defence Innovation Accelerator for North-Atlantic), un centro NATO che si propone di fungere da acceleratore per lo sviluppo di tecnologia anche per uso militare. In questa direzione bellicistica intrapresa dal Piemonte, non manca un accordo di collaborazione con Israele per lo sviluppo tecnologico a sfondo militare. Noi pensiamo che questo accordo vada rescisso, la crescita economica basata sull’economia di guerra va rifiutata, la tecnologia e la ricerca vanno messe a servizio del benessere delle comunità e delle persone.
A inizio aprile si è tenuto un grande sciopero unitario di lavoratori e lavoratrici dell’automotive di Torino; nel maggio 2023 circa 12mila persone sono scese in piazza a fianco della CGIL, dei medici e degli infermieri piemontesi. Sanità e lavoro rappresentano i due principali fronti critici piemontesi? O ce ne sono altri?
Sì, fra i settori critici nella nostra regione la sanità pubblica è al primo posto. Di anno in anno è stata depauperata a favore di quella privata con il risultato che migliaia di persone non riescono a ricevere le cure di cui necessitano. Accanto alla ripresa della sanità pubblica, occorre sviluppare politiche per la tutela della salute, la medicina territoriale, di famiglia, di prevenzione, totalmente assenti dai pensieri della giunta uscente, ma dobbiamo dire carenti anche nelle giunte precedenti. Un altro tema di pertinenza regionale fortemente in crisi è quello del trasporto pubblico costantemente depotenziato. Occorre una inversione di tendenza per ridurre l’uso dell’auto privata, ma per fare questo occorrono trasporti pubblici efficienti, oggi pendolari, lavoratori e studenti, sono invece privati del diritto ad una mobilità sicura, economica e sostenibile. E poi certo il lavoro e le politiche industriali. Direi che questo tema la Regione sia assente, penso alla vicenda Stellantis dove la proprietà continua tranquillamente a considerare Torino un polo minore, sacrificabile, senza che venga chiamata alla responsabilità verso il territorio. Abbiamo visto che le politiche industriali si stanno buttando verso il militare come ho detto prima, ma anche riproponendo il nucleare al quale ci opponiamo.
Da un lato assistiamo ad una politica istituzionale sempre più autoreferenziale e sempre meno legittimata dal voto popolare (siamo arrivati al 50% di astensionismo), mentre le esperienze di piazza a Torino di questi anni (a cui si è recentemente aggiunta “l’intifada studentesca”) esprimono l’esigenza di ricominciare ad affrontare i bisogni e i diritti sociali da fuori le istituzioni. Cosa ne pensi a riguardo?
Concordo sulla politica mediamente autoreferenziale e protesa a conservare interessi di privilegio. Questo non vuol dire che di debba rinunciare a far valere diritti e bisogni anche dentro le istituzioni, e comunque anche con il miglior governo nazionale o regionale non deve mai mancare il conflitto sociale. Le lotte per i diritti e le grandi cause sono necessarie per lo sviluppo democratico del paese. Ci vorrebbe una classe politica veramente in grado di rappresentare le istanze della popolazione ed una popolazione attenta e reattiva alle politiche “sbagliate” in grado di organizzare la protesta in senso collettivo. Accade invece che con il sistema elettorale maggioritario non tutti i cittadini riescono ad essere rappresentati nelle istituzioni con i propri valori ed esigenze, cosa invece garantita con i sistemi proporzionali con sbarramenti bassi. Il taglio del numero di parlamentari poi ha aggravato questa condizione. Il maggioritario ha fatto sì che nelle istituzioni entrino politici scelti dai partiti e solo i grandi partiti. Inevitabilmente questi perdono il contatto con i loro elettori che scivolano sempre più nell’astensionismo perché la politica è sempre più lontana. Dall’altro la permanenza garantita in certi ruoli politici, come le cronache giudiziarie dimostrano, fa sì che sviluppino centri di potere che nulla hanno a che fare con la pratica istituzionale al servizio della popolazione. Il conflitto sociale è quindi sempre necessario per cercare di contare nelle scelte politiche da quelle locali a quelle nazionali. Con la “pace sociale” che ha caratterizzato gli ultimi diciamo 20 anni, si sono lasciate passare leggi ingiuste e scelte anche contrarie alla nostra Costituzione, penso all’aumento costante della spesa militare e gli interventi militar. Quindi ben vengano le lotte dal basso, da quelle per il lavoro a quelle attuali degli universitari, da quelle per la pace a quelle per l’ambiente.
E tornando alle istituzioni, voglio ricordare che il Consiglio regionale è eletto con sistema proporzionale, con lo sbarramento al 3%, e prevede l’indicazione di due preferenze (due generi diversi), quindi – a prescindere da quale presidente vincerà – si può provare a portare in consiglio regionale qualcuno che veramente rappresenti i nostri valori, ideali e bisogni.
a cura di Andrea Bertolino