La decisione della giunta Chiantore mette un punto, ma resta da chiedersi se altre strade non sarebbero state possibili
Iniziata nel 2022 con i primi attacchi da parte della precedente giunta Sertoli, la questione sulla legittimità dell’esperienza Zac di Ivrea sembra essere giunta a un accomodamento, con l’annuncio di un bando previsto per i primi giorni di maggio.È quanto annunciato nel consiglio comunale del 25 marzo dall’attuale amministrazione Chiantore, che nel dibattito che ne è seguito ha sottolineato quanto la questione Zac sia stata dirimente nelle passate elezioni: «Nella passata amministrazione le opposizioni tutte si schierarono a favore di un rinnovo a favore del gestore di quegli spazi, dando un giudizio positivo sull’operato – spiega l’assessore al commercio Fabrizio Dulla –. La passata amministrazione ritenne diversamente, vi furono tensioni e discussioni per più di un anno, si andò a votare con due visioni differenti di quegli spazi. Allora la cittadinanza scelse una strada, che noi oggi riteniamo coerentemente di portare avanti». Dall’altra parte, le accuse della destra sono rimaste sostanzialmente invariate in questi anni, prima tra tutte la presunta ingiustizia verso le altre attività commerciali della zona, che verrebbero danneggiate in termini di entrate da parte di un ente i cui costi per l’energia gravano sul bilancio comunale. Peccato che, come sottolineato in consiglio dalla consigliera di Laboratorio Civico Erna Restivo «Le esperienze commerciali che in passato avevano tentato di insediarsi in quei luoghi si erano tutte rivelate fallimentari», e che nel calcolo della destra non venga conteggiato l’incalcolabile valore delle esperienze portate dallo Zac a Ivrea in termini di iniziative, sportelli, spazi per le associazioni e lavoro di educativa territoriale (di cui soprattutto negli ultimi tempi si sente un gran bisogno). L’altra principale accusa della destra locale riguarda prevedibilmente la connotazione politica dello Zac, spazio da sempre improntato al sociale e alla creazione di una comunità solidale e aperta. Un’accusa, quella di strumentalizzare lo spazio a scopo politico, che risulta quantomeno pretestuosa, dal momento che l’unico esempio portato dalla destra a riprova di questa teoria è tutt’ora il mancato concerto di Povia, poi tenutosi all’oratorio San Giuseppe, che più che la censura di stampo politico è indicativo di un livello di qualità minimo necessario per proporre un concerto allo Zac. Nonostante la consigliera di minoranza Elisabetta Piccoli, assessora al commercio della precedente amministrazione, sostenga che l’obbiettivo non sia mai stato quello di togliere gli spazi del Movicentro alla cooperativa Zac, è difficile non vedere accanimento e malafede da parte della destra eporediese. Il ricordo dell’ex consigliera Anna Bono appostata dietro le colonne della stazione come un paparazzo in cerca di fotografie compromettenti rallegra ancora i racconti di chi era presente quel giorno. L’annuncio del bando dovrebbe quindi segnare finalmente un punto su tutta la questione, togliendo fondamenta alle critiche della destra e conferendo maggiore legittimità giuridica all’attuale cooperativa. Non resta ora che chiedersi se questa scelta si rivelerà effettivamente vincente e se non sarebbe stato possibile per Ivrea seguire altre strade.
Da qualche mese a Torino sta accadendo qualcosa di mai visto. Il comune di Torino e il centro sociale Askatasuna, da sempre attore importante dell’antagonismo torinese che fino a poco tempo fa sembrava a un passo dallo sgombero, stanno cercando una soluzione “pacifica”, attraverso la trasformazione dell’edificio occupato in “Bene comune” e l’inizio di un progetto di coprogettazione degli spazi (su forte spinta di Sinistra Ecologista Torino). Processi del genere, più comuni al centro e sud Italia, sono stati fino ad oggi un tabù in Piemonte, anche a causa dell’atteggiamento ultra repressivo dimostrato da Prefettura e Questura in questi anni. Si tratta quindi di una scelta coraggiosa per entrambi gli attori del processo: Askatasuna e comune di Torino sicuramente non si piacciono né si fidano l’uno dell’altro, ma il primo ha visto una via d’uscita dallo sgombero quasi sicuro degli spazi, e il secondo un modo per evitare eventuali disordini e non perdere quanto di buono l’esperienza Askatasuna ha portato al quartiere e alla città. Non è facile ovviamente: tutt’ora sul processo grava una tensione paragonabile all’abbandono delle armi da parte delle Farc colombiane, e mentre la destra in Regione fa di tutto per ostacolare e mettere i bastoni fra le ruote alla collaborazione, anche Askatasuna si sta beccando la sua dose di accuse, meme e sberleffi di vario genere da parte del variegato mondo antagonista torinese, che non smette di chiedere quanto costerà la tessera Arci. Nonostante ciò il processo va avanti. Ivrea non è Torino, la giunta Lo Russo non è quella Chiantore, e sicuramente lo Zac non è l’Askatasuna. Rimane però da chiedersi se un processo simile non sarebbe stato possibile, con notevoli tensioni in meno, anche in questo caso. La scelta di procedere con un bando lascia sicuramente meno spazio ad attacchi da parte della destra cittadina, ma con un’opposizione così inconsistente e divisa al suo interno rimane da chiedersi se non sarebbe stato possibile optare per una scelta più coraggiosa. Non resta che restare a guardare.
Lorenzo Zaccagnini