Sabato 30 marzo saranno 110 i presidi per la Pace a Ivrea. Nato allo scoppio della guerra in Ucraina con l’impegno di portarlo avanti fino al termine dei combattimenti, anziché vedere la fine si trova oggi con il peso di più di 32.000 morti palestinesi nella striscia di Gaza. Quasi la metà bambini. Ad oggi a Gaza sono stati uccisi tanti bambini quanto il numero totale di bambini uccisi nei conflitti armati a livello globale nel 2021 e nel 2022 messi insieme, ci dice l’Onu.
Mentre è in corso il massacro totale del popolo palestinese di Gaza, fra atroci sofferenze, come testimoniano i medici che lì provano ad operare, si moltiplicano i presidi e le manifestazioni di denuncia e dissenso e forte è la richiesta per il “cessate il fuoco” in tutto il mondo. In tantissime città italiane vengono approvate dai consigli comunali mozioni per il cessate il fuoco. Come a Milano dove il 4 marzo è stato approvato l’Ordine del giorno “Attivarsi per un cessate il fuoco umanitario immediato a Gaza e per la pace nei territori” nel quale vi è l’invito all’Amministrazione ad “attivarsi in tutte le sedi opportune, anche esercitando la propria influenza di comune leader in Italia e in Europa, affinché venga dichiarato un cessate il fuoco umanitario immediato a Gaza e la liberazione degli ostaggi”. Come a Bari dove la mozione “condanna fermamente ogni guerra, ogni occupazione, ogni uccisione e uso della forza ai danni della popolazione e civili inermi palestinesi, unitamente alla perdurante detenzione di ostaggi civili israeliani, impegnando formalmente l’amministrazione comunale a richiedere e promuovere innanzi alle Organizzazioni nazionali e internazionali un immediato cessate il fuoco” e impegna “la civica amministrazione a dar seguito ad azioni concrete come raccolte umanitarie, sostegni per l’accoglienza dei parenti delle vittime ed ogni altra iniziativa valida ai fini della piena osservanza degli obblighi internazionali assunti dalla Repubblica Italiana con la Costituzione, con l’adesione alla Carta delle Nazioni Unite e con la ratifica della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”. Mozione approvata all’unanimità anche nel consiglio comunale di Siracusa con la richiesta all’amministrazione di “farsi portavoce presso il Governo Nazionale affinché si intensifichino gli sforzi diplomatici per l’immediato cessate il fuoco e presso l’Anci per sottoscrivere un appello dei sindaci italiani, indirizzato alla Presidenza di turno dell’Unione europea e all’alto rappresentante degli affari esteri dell’Unione europea”. Oltre al cessate il fuoco, la mozione chiede il ripristino degli aiuti umanitari alla popolazione civile e il ritiro dell’esercito israeliano dalla Striscia per “favorire gli sforzi internazionali per il rilancio del processo di pace”. Come a Faenza dove simile mozione è stata votata all’unanimità condividendo l’appello “L’Italia deve dire basta!” lanciato dalla “Fondazione PerugiAssisi per la cultura della Pace”. Lo stesso a Capannori (Lucca) dove la mozione approvata all’unanimità impegna il sindaco e la giunta a “farsi portavoce presso il Governo italiano, facendosi interprete del comune sentire della cittadinanza, anche attraverso l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, affinché venga chiesto l’immediato “cessate il fuoco” in Palestina ed il rilascio senza condizioni di tutti gli ostaggi, e contestualmente venga consentito l’ingresso nella Striscia di Gaza di ingenti aiuti umanitari” e inoltre, “a mettere in atto, con ancora più intraprendenza, nella comunità locale, ogni azione e attività utile alla promozione della ‘cultura della pace e della convivenza’ rispettosa delle diverse appartenenze culturali e religiose, anche attraverso le realtà già operanti sul territorio.”
E a Ivrea? Praticamente dopo le prime reazioni immediate, la mozione del 26 ottobre della destra concentrata solo sulle vittime israeliane e poi ritirata e l’Odg della maggioranza del 28 novembre, non vi è stato altro intervento del Consiglio Comunale eporediese per farsi parte attiva verso le istituzioni superiori per chiedere l’immediato cessate il fuoco e lo sblocco degli aiuti umanitari a Gaza come priorità e quindi l’istituzione di un tavolo permanente di Pace in collaborazione con le realtà già attive nel territorio.
Paradossalmente, infatti, nella città dove da più di due anni tutti sabati cittadine e cittadini si ritrovano per chiedere Pace e che cessino le armi, che si smetta di uccidere bambini, bombardare ospedali, distruggere i popoli, la massima istituzione civica si limita ad esporre la bandiera della Pace, come un cartellino da timbrare per sentirsi a posto.
“Se potessi portare qui una persona che ha dubbi, e metterla qui, e farle sentire l’odore della carne in decomposizione, vedere i vermi che strisciano dalle ferite di una persona che ha la carne necrotica e sentire le urla dei bambini perché non ci sono abbastanza antidolorifici, e vogliono la loro mamma, che non c’è perché è morta – credo che le persone potrebbero pensarla un po’ diversamente.” (Tom Potokar, chirurgo della Croce Rossa Internazionale, dall’European Gaza Hospital di Khan Younis, da intervista di P. Cecconi per L’antidiplomatico, 23/3/2024)
No, non siamo a posto.
Cadigia Perini