La luce che filtra tra gli alberi
Mi piaceva inoltrarmi nei boschi, perdermi e ritrovare, non senza impegno, la direzione orientandomi con cartina, bussola e la luce del sole che filtrava luccicando tra il fogliame.
A proposito; dopo aver visto lo stupefacente film di Wim Wenders “Perfect days” abbiamo appreso che in giapponese esiste un preciso termine per definire il fenomeno: “komorebi”, cioè “luce che filtra tra gli alberi”.
Allora non esistevano smartphone, il gps non era disponibile, l’unica cartografia utilizzabile era quella obsoleta dell’IGM (Istituto Geografico Militare) o l’approssimativa IGC (Istituto Geografico Centrale), ma il senso di libertà e avventura erano impagabili mi sentivo un esploratore separato dalla civiltà alla scoperta di specie animali e vegetali sconosciute.
Negli anni ‘80-90 (si lo so, si tratta dell’altro secolo!) uno dei miei luoghi preferiti era l’area dei cinque laghi allora poco frequentata, oltre ai boschi dell’amata Valchiusella.
Poi è iniziato! Prima sono apparsi cartelloni esplicativi e paline con indicazione dei percorsi, l’editore MU ha prodotto bellissime e precise mappe con cui destreggiarsi tra l’intrico di tracce, sentieri e carrarecce. E fin qua tutto bene, un po’ d’indicazioni e un’ottima cartografia aiutano. Inoltre mi sento anche parzialmente colpevole per aver confezionato alcuni dei primi tabelloni descrittivi delle peculiarità ambientali, ma non avrei immaginato le conseguenze di tale incipit.
Un’esplosione esponenziale, direi quasi un’infestazione, di segnalazioni di ogni tipo: intrico di informazioni su paline, tracce di vernice, nuovi cartelli illustrativi, fettucce di plastica appese agli alberi, che dovrebbero essere temporanee per indicare percorsi di gare sportive, ma restano lì per anni. Il peggio, però, e mi riferisco alla zona dei cinque laghi, è stata la proliferazione di nuove tracce sentieristiche che tagliano inopinatamente aree sensibili per biodiversità a cui consegue una aumentata pressione antropica su ambienti delicati e protetti dalle normative europee, con relativo transito di mezzi motorizzati sulle strade sterrate e di mountanbike e biciclette elettriche che compattano sempre di più i suoli e schiacciano indiscriminatamente flora e fauna, per non parlare dei rifiuti sparsi.
Non sono contrario alla frequentazione delle aree naturali. Lo svago, il turismo e le attività sportive in ambiti sensibili dovrebbero, però, essere esercitati con rispetto e cognizione dei luoghi, ma l’educazione pare essere privilegio di pochi. Ci sono, poi, alcuni aspetti curiosi. Mi riferisco ad alcuni cartelli che vorrebbero essere educativi e illustrare la valenza naturalistica dei luoghi che, a volte, risultano errati se non francamente comici. Vi riferisco l’esempio che più mi colpisce.
Si tratta di un tabellone affisso nel bel paese di Maglione applicato ad un muro fronte municipio per informare sulla presenza di un SIC (sito di interesse comunitario) nella perimetrazione del comune. Già il titolo contiene un errore alquanto comico, poiché riporta (sic): Lago di Maglione (Biotipo Comunitario). Suppongo si volesse scrivere correttamente “biotopo”, non “biotipo” che secondo la definizione dell’enciclopedia Treccani significa: “termine usato nei primordî della genetica per indicare un aggruppamento di individui di rango inferiore alla specie, che si supponeva fossero geneticamente omogenei; nella genetica contemporanea il concetto corrispondente è indicato con l’espressione «linea pura»”.
E si prosegue con altre inesattezze nomenclaturali delle specie presenti: Lingernia procumbens anziché Lindernia procumbens e Marsilea quadrifoglia anziché Marsilea quadrifolia; per poi proseguire con un reiterato uso del termine “biotipi”. Fatta salva la possibilità di refusi, che mi pare improbabile, mi domando chi abbia scritto tali corbellerie, sicuramente non un naturalista, ma neppure un conoscitore della lingua latina. Orbene definirei tali obbrobri: cartellacci.
Mi calo in abiti arbitrali ed estraggo il cartellino giallo (a beneficio dei non filocalcistici: significa
ammonizione) poiché il cartellino rosso (espulsione) mi pare esagerato per gli autori della proliferazione segnaletica e dei cartellacci. È troppo pensare di rimediare?
Diego Marra